Al Vittoriano l’ex stazione d’Orsay con i suoi capolavori

ROMA – Una ex stazione ferroviaria parigina all’interno di un illustre spazio espositivo romano, o per meglio dire la ricostruzione, benché decontestualizzata, di uno dei più importanti musei francesi – tra l’illustrazione della storia architettonica delle sue trasformazioni ed una selezione dei migliori capolavori pittorici che contiene – in una Nazione che di Arte può scrivere intere enciclopedie. Discutibile o meno, questa scelta – compiuta da Alessandro Nicosia (Comunicare Organizzando) e proiettata negli spazi del Vittoriano fino all’8 giugno – è ora una realtà che ha coinvolto in primis il presidente dei Musées d’Orsay et de l’Orangerie, Guy Cogeval, curatore insieme a Xavier Rey , direttore delle collezioni e conservatore del dipartimento di pittura del Musée d’Orsay, delle quasi settanta straordinarie opere presenti in mostra. 

 

L’esposizione procede lungo un doppio binario: da una parte la storia architettonica ed ingegneristica del museo, attraverso la quale si possono ripercorrere le tappe della nascita, la costituzione delle collezioni, i progetti di utilizzo degli spazi e le varie tipologie di allestimento – grande merito va alla compianta Gae Aulenti ed al suo innovativo progetto di recupero del 1980, unico al mondo; sull’altra sponda, invece, la “crème de la crème” dei quadri presenti al D’Orsay. Ciò che colpisce maggiormente in questo ambito non è solo l’azzeccatissima scelta dei migliori quadri, che vanno dall’arte dei Salon e dei primi esperimenti antirealisti alle ricerche atmosferiche più coinvolgenti del periodo impressionista, ma la fedele illuminazione e coloratura degli ambienti che li ospitano, riproducendo in toto un analogo effetto visivo e subliminale nell’impatto con questi capolavori assoluti. E così, dagli “emergenti” Cabanel, Bouguereau ed Henner, che ottennero grande successo nel decennio 1860-1870, si passa con meraviglia alla Scuola paesaggistica e poetica di Barbizon per cedere il passo ai fautori della pennellata frammentata che vedrà l’impressionismo trionfare grazie a nomi come Sisley, Monet, Pissarro, Seurat, Renoir e decine di altri pittori dall’istinto emozionale sviluppatissimo. 

 

Il confronto con il pensiero e la tecnica nella ricerca di un adeguamento al progresso e all’industrializzazione della capitale francese, è poi ben espresso  formalmente dal gruppo dei cosiddetti nabis in un nuovo registro di forme sempre e comunque intriso da un particolare contenuto emotivo. L’esposizione si conclude trionfalmente nel grande spazio al pianterreno del Vittoriano con imponenti soggetti figurativi che denotano sia l’eredità filtrata dall’impressionismo, come i pontillinisti che portano le macchie di colore all’esasperazione o lo stesso Monet che aggiunge colori “altri” all’amata Natura ritratta, sia la fuga da questo nel riavvicinamento ai valori classici, evocati dall’abbandono della prospettiva a favore di una pura dimensione decorativa. La mostra va visitata per tre motivi. Il primo è estetico e dunque emozionale: ci si immerge nella sconfinata Bellezza di opere immortali ed uniche che segnarono la storia e l’evoluzione della pittura francese alla fine del XIX secolo. Il secondo è socio-didattico: ripercorrere visualmente le tappe che segnarono la rinascita di uno spazio proveniente da destinazioni e identità, diverse finalizzandolo all’Arte, dimostra la volontà emozionale e l’apertura mentale di un gruppo di persone il cui lavoro fisico e mentale ha spalancato i portoni di tutto il mondo consentendo a milioni di turisti ignari di scoprire ogni giorno gli incredibili capolavori del Musée d’Orsay. Il terzo è la necessità di un confronto-critico che – pervaso dalla perplessità iniziale di una simile operazione – deve portare alla riflessione che Italia e Francia vivono continuamente un fecondo scambio culturale, integrando i rispettivi e gloriosi passati artistici con un dialogo in fermento: portare l’impressionismo francese e la sua maggiore struttura di appartenenza di fronte al Foro Romano non vuole essere una “sfida”, ma una conversazione estetica di qualità protesa a stuzzicare e nutrire i nostri occhi all’infinito.

Unica pecca della mostra? Forse l’immagine simbolo: “Le repas” di Paul Gauguin: non era meglio affidarsi a più note raffigurazioni impressionistiche?

 

 

MUSÉE D’ORSAY. Capolavori

Roma, Complesso del Vittoriano

22 febbraio – 8 giugno 2014

a cura di Guy Cogeval e Xavier Rey

coordinamento generale Alessandro Nicosia

dal lunedì al giovedì 9.30 –19.30; venerdì e sabato 9.30 – 23.00; domenica 9.30 – 20.30
La biglietteria chiude un’ora prima
Costo del Biglietto: € 12,00 intero; € 9,00 ridotto
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