Arte e libri, accoppiate dialettiche a Roma

Fabio Pizzicannella ci racconta l’incontro di oggi, e non solo

ROMA – Che succede se metti insieme l’arte ironica e dissacrante di Giovanni Albanese e la parola di Papa Francesco mediata dalla riflessione di chi ha imparato a conoscerlo bene, la giornalista Tiziana Lupi?

Che succede se a moderare l’incontro è uno studioso di filosofia?

Succedono gli Accoppiamenti giudiziosi, serie di talk che riuniscono artisti e scrittori, giornalisti, intellettuali con l’obiettivo di dissertare su tematiche ampie e attuali, di volta in volta prese a prestito dalla mostra in corso nella libreria ARION Montecitorio, negli spazi della inARS Art Gallery, progetto galleristico dell’imprenditore Ovidio Jacorossi che nella libreria romana propone al pubblico le opere della sua collezione.

Stasera intorno al tema della luce e sul concetto di scarto si confrontano proprio l’artista visivo e regista Giovanni Albanese e la giornalista Tiziana Lupi, curatrice del libro “La mia idea di arte” di Papa Francesco (Edizioni Musei Vaticani – Mondadori, Città del Vaticano – Milano 2015).

Il libro, l’opera di Albanese e la mostra LUMINE|VISIO sono i punti di partenza, il resto è tutto da scoprire. 

Abbiamo incontrato il curatore e moderatore degli incontri, Fabio Pizzicannella, a cui abbiamo fatto qualche domanda per capire di più del suo progetto e dell’appuntamento odierno.

Accoppiamenti giudiziosi. Un titolo che ricorda Gadda ma che tu hai traslato. Ci vuoi raccontare di più del tuo progetto?

Nel racconto di Gadda, il dissipato Giuseppe Venarvaghi è costretto, per garantirsi l’eredità dello zio Beniamino, a sposare la virtuosa e stitica Adelaide Carpioni, vedova Golliati. È questo l’accoppiamento giudizioso, un matrimonio d’interesse, il cui esito non è affatto scontato. Così come non era scontato un anno fa che la InARS Art Gallery e la libreria Arion Montecitorio, non solo convivessero civilmente nel medesimo spazio, ma “concepissero” insieme qualcosa di nuovo. Nessuna garanzia. Per questo – lo dico strizzando l’occhio ad Albanese – doveva “scattare la scintilla”. Bisognava immaginare occasioni d’accoppiamento vero, e dunque fecondo, tra il mondo intemperante e libero dell’arte contemporanea e il regno paludato e talora malinconico dei libri. Eravamo convinti che il corto circuito tra dissipazione e conservazione, guizzo e riflessione, apertura e radicamento avrebbe giovato a entrambi. Più spunti per tutti, sia per le discipline che parlano attraverso i libri (le scienze umane, sociali, naturali), sia per la produzione artistica, ché la contaminazione, non lo specialismo, si chiama, a pensarci bene, semplicemente “cultura”… 

Come scegli gli artisti, i giornalisti o gli scrittori da accoppiare nelle conversazioni? E come individui  il tema degli incontri? Seppure si parta sempre dal tema della mostra che ospita i talk, mi pare di capire che ogni volta vi sia un piccolo spostamento di attenzione, un focus diverso…

Finora è andata più o meno così: chiacchieriamo intorno al tema della mostra, e a qualcuno di noi (parlo del gruppo inARS, animato da Ovidio Jacorossi) viene in mente un artista o un’opera, e a qualcun altro un libro o un autore. Quindi la palla passa a me. Il mio compito è valutare se l’“accoppiamento” è congruo e soprattutto efficace ai nostri fini. Insomma, se oltre a essere culturalmente stimolante, è in grado di offrire a chiunque, anche a chi sia pregiudizialmente lontano dall’arte contemporanea, una ragione seria per metterci il naso. E la ragione è sempre la stessa, io credo. Uno si avvicina, se ha capito almeno una cosa, che nell’arte contemporanea nessuno, neppure l’artista, è detentore della verità dell’opera, e anzi che essa vive solo grazie all’occhio e alla mente di chi la interpreta. Togli quelli, pure lei sparisce, e non c’è critico, gallerista e collezionista che tenga. Se hai notato un cambiamento di focus, è proprio in questa direzione. Sempre più siamo andati verso un’arte fatta di “nulla”, com’è la luce in fondo, opere che da sole, senza la complicità e la compiacenza dell’interprete, non farebbero un passo. 

Il talk odierno vede come ospiti l’artista visivo e regista Giovanni Albanese e la giornalista Tiziana Lupi, curatrice del libro “La mia idea di arte” di Papa Francesco. Mettere insieme (seppur non fisicamente intorno a un tavolo)  l’ironico Albanese, che della lampadina votiva ha fatto la sua cifra stilistica, e Papa Francesco trovo sia una idea particolarmente interessante. Che cosa ti aspetti dall’incontro? Immagino che per quanto tu possa guidare la conversazione, vi sia sempre un margine di sorpresa anche  per te… 

È forse l’accoppiamento più azzeccato dell’anno. Dopo tutto Albanese pratica una forma d’arte che Papa Bergoglio conosce e apprezza, è l’arte del riciclo, del rifiuto, come fa anche Alejandro Marmo, molto apprezzato dal Papa e che è metafora di una Chiesa “che non scarta niente e nessuno”, e mai perde di vista gli ultimi, i dimenticati. Fin qui tutto bene, una conversazione su questo punto è più che plausibile, anzi “politicamente corretta”. Però l’accoppiamento è pure azzardato, ché nel mondo dell’arte contemporanea ogni commistione con la Chiesa di Roma desta sospetto. Non ti sto a dire perché, lo sai meglio di me. Noto solo che anche Giuseppe Venarvaghi aveva qualche “recalcitrante perplessità o sofistica presa di posizione” allorché si trattava di prendere in coniugio Adelaide Carpioni…

Insomma l’accoppiamento è azzardato e al contempo “giudizioso”. In fondo Giovanni (Albanese) e (Papa) Francesco (permettimi la licenza) si fanno la stessa domanda. Sia l’uno che l’altro si pongono su una linea di confine e di un insieme si chiedono, se non è “tutto”, chi o cosa manchi all’appello, e perché. Nel lavoro di Albanese, per quanto mi riesce di capire, ciò che manca all’appello è sempre l’ombra, e l’ombra di una cosa, la sua anima, è il “meccanismo” che la mette in moto. Il quale si rivela, in quanto meccanismo, nel momento in cui la cosa, ad esempio una macchina calcolatrice, non funziona più. Per questo, lui la fa rivivere… Ebbene, al di là dell’ironia e dei lumi votivi, gli chiederò quanto ci sia di “cristiano” nel suo stesso “meccanismo narrativo”. E al contempo chiederò a Tiziana Lupi, quanto ci sia di un linguaggio semplice e popolare dell’arte, pop, in un papa come Francesco, che si presenta in  pubblico vestito della sua semplice umanità, a dispetto di ogni apparato e consuetudine liturgica…  È questa la “scintilla” che m’aspetto…

Il  progetto dialettico ha oramai fatto un poco di strada, è cambiato il tuo approccio nel corso del tempo? E prevedi degli sviluppi ulteriori?

Sì, è cambiato. Ho capito che finché si parla di cose, si tratti di libri o di opere d’arte, il “gioco del mettersi in gioco” non comincia, e se non comincia, non scatta neppure la scintilla. Credo sia meglio rinunciare al rito del sedersi in trepido ascolto dinanzi al tavolo di qualcuno che discetta. Meglio stare in piedi e sorseggiare qualcosa mentre qualcuno ti mostra, chiacchierando, le faccende che più gli stanno a cuore. Ho capito che soprattutto gli artisti, non i critici, devono raccontare il modo in cui operano. Solo se si consente alle persone di entrare nel vivo di un laboratorio creativo, possono convincersi che il gioco, come io credo, vale la candela. Sicché quest’oretta di “ri-creazione” io comincio a immaginarla come una sorta di happy-hour, “l’ora felice degli accoppiamenti giudiziosi”. Dodici in tutto, il prossimo anno, uno al mese…    

Tu più di ogni altro di sei fatto interprete della visione di Ovidio Jacorossi che intende proporre al pubblico la sua collezione sondando le connessioni con altre discipline, in particolare con i libri quale “strumento contenitore”. D’altronde  i tuoi “Accoppiamenti giudiziosi” rispondono appieno a questo criterio e nei tuoi testi nei cataloghi delle mostre della inARS Art Gallery davvero dai una lettura interessante del suo pensiero e agire. Ce ne vuoi parlare? Come è nata la vostra collaborazione?

Io non sono un critico d’arte, sono un cultore della filosofia, che per me è diventata, e non so come, una sorta di pratica dell’ascolto attivo. È questo che faccio con lui. E poiché siamo amici, posso permettermi di fargli le domande più scomode, e ogni volta, per la stessa ragione, se la risposta non mi soddisfa, posso cercarla io stesso, e se la trovo, sottoporgliela e discuterne con lui fino allo sfinimento. Mi sono fatto un punto d’onore di non avere mai con lui peli sulla lingua, ma neppure la presunzione di saperla lunga. La nostra collaborazione dipende interamente dalla nostra amicizia, e sai come mi convinco che qualcuno mi è amico? Quando capita questo, che benché non dica quello che direi, continuo dargli credito. Così è con Ovidio, e finora, sui miei dubbi, sulle mie diffidenze, l’ha spuntata. Io vengo da una cultura diversa dalla sua, sono uno che non ama le facili suggestioni, e pratica ogni giorno la “fatica del concetto”. Mi fido tuttavia delle sua intuizione che questo gioco talora scanzonato dell’arte contemporanea sia quello che serve a tutti, non solo a un’élite, per riconoscere i riflessi condizionati, i meccanismi, ciò che, non visto, tende a ripetersi. Serve a “staccare l’ombra”, come farebbe Giovanni Albanese.

Accoppiamenti giudiziosi

Talk con Giovanni Albanese e Tiziana Lupi | curatore e moderatore: Fabio Pizzicannella

9 dicembre ore 18

Inars Art Gallery – Libreria Arion Montecitorio 

Piazza Montecitorio, 59 Roma | infoline: tel +39 06 6781103 

Ingresso libero 

e-mail:   [email protected] / web:   www.inars.it

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