ROMA – Il titolo originale de “L’importanza di chiamarsi Ernesto”, racchiude un gioco di parole impossibile nella nostra lingua: l’aggettivo “earnest” in inglese vuol dire onesto, sincero, e ha la stessa pronuncia del nome proprio “Ernest”, Ernesto.
Sull’assonanza tra earnest e Ernest risiede il paradosso fondamentale della commedia di Oscar Wilde, che, con questo sottile espediente linguistico, tende a mettere in luce l’ostentazione dell’apparenza e della forma dell’alta società vittoriana, ipocrisia e superficialità che conosciamo bene ai giorni nostri.
Algernoon e Jack sono due aristocratici, molto intimi, che vivono nella menzogna: Algernoon si è inventato l’esistenza di Bunbury, un amico molto malato che gli permette di sfuggire ad eventi indesiderati con la scusa di andare ad accudirlo. Jack finge a sua volta di avere uno scapestrato fratello di nome Earnest e, quando si annoia nella sua tenuta in campagna , si allontana col pretesto di andare a rimediare a una bravata dell’immaginario consanguineo. Jack, conosciuto col nome di Earnest, ama Gwendolyn, la cui madre lo rifiuta come pretendente, in quanto orfano senza passato. Algernoon, fingendosi lo sbandato fratello di Jack, piomba nella sua villa e si innamora di Cecily, ragazza che ha sempre desiderato fidanzarsi con un uomo che si chiamasse Earnest. Da qui partono una serie di esilaranti equivoci, scambi di personalità, incastri, paradossi, che rendono la commedia di Wilde – ricca di nonsense e giochi di parole – avvincente fino alla sua ironica conclusione.
“The importance of Being Earnest” debuttò a Londra nel 1895. Alla prima ebbe un successo strepitoso, ma fu smontata dopo appena 6 repliche, come conseguenza dello scandalo in cui Wilde era andato a cacciarsi querelando per diffamazione Lord Queensberry che lo aveva pubblicamente tacciato di sodomia. Fu l’ultimo suo lavoro teatrale, diversissimo dai precedenti. Suona dolente la necessità di Wilde di sorridere sull’ipocrisia e la superficialità della società del suo tempo, se pensiamo che pagò salatamente la sua impossibilità di essere “normale”.
Geppy Gleijeses , regista e interprete afferma: <Reinterpretare Wilde e la sua “Importanza” tredici anni dopo ti consente di leggere in modo più articolato quella che passa per essere la “commedia perfetta”. Il nostro compito era quello di continuare a giocare e far funzionare la macchina, ma, in tralice… nella casa di Algernon campeggia un martirio di San Sebastiano di Guido Reni, un meraviglioso esempio di estetica trafitta dai dardi del destino. Come un destino crudele trafisse Oscar Wilde>.
Teatro Quirino
repliche fino al 16 marzo
Teatro Quirino Vittorio Gassman
Geppy Gleijeses Marianella Bargilli Lucia Poli
L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ERNESTO
di Oscar Wilde
traduzione Masolino D’Amico
proiezione scenica Teresa Emanuele
costumi Adele Bargilli
musiche Matteo D’Amico
luci Luigi Ascione
spazio scenico e regia Geppy Gleijeses
personaggi e interpreti
in ordine di apparizione
Algernon |
|
Marianella Bargilli |
Lane |
|
Orazio Stracuzzi |
Jack |
|
Geppy Gleijeses |
Lady Bracknell |
|
Lucia Poli |
Gwendolen |
|
Valeria Contadino |
Miss Prism |
|
Renata Zamengo |
Cecily |
|
Giordana Morandini |
Ghasuble |
|
Luciano D’Amico |
Merriman |
|
Orazio Stracuzzi |