Mastroianni, una vita per il cinema

Il 19 dicembre del 1996 moriva a Parigi l’attore italiano più famoso e amato di sempre

“Un attore fa di tutto per diventare celebre e poi, 

quando ci riesce, si mette un paio di occhiali scuri 

per non farsi riconoscere”

(Marcello Mastroianni)

 

MILANO – E’ considerato l’attore italiano più celebre e apprezzato al mondo. Per molti decenni è stato il simbolo vivente del “latin lover”. Il suo Marcello in “La dolce vita” rappresenta il significato profondo dell’essere italiano. Il suo status di attore celebre non ha mai cambiato la sua personalità e il suo carattere: era un uomo sensibile, colto, raffinato e profondamente umano. La sua recitazione, il suo “metodo” era fondato sul realismo e sulla rappresentazione dei sentimenti umani. Nel corso della sua lunghissima carriera ha interpretato personaggi complessi, fragili, contradditori sempre molto legati alla realtà italiana. Rispetto ai suoi colleghi più illustri, non aveva quell’impostazione rigorosa come Vittorio Gassman e Gian Maria Volontè; il suo lato comico era più leggero e spontaneo se paragonato ad Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Nino Manfredi. Il suo stile era unico. Per Marcello Mastroianni contava molto anche il suo aspetto, il suo volto, la sua profonda espressività. La sua arte sembrava qualcosa di semplice, facile. In realtà il suo stile recitativo era frutto di molto lavoro, sforzi, studio e profonda osservazione delle persone. I vertici artistici della sua carriera sono rappresentati da capolavori come “La dolce vita” e “Otto e mezzo” di Federico Fellini, “I soliti ignoti” di Mario Monicelli, “Il bell’Antonio” di Mauro Bolognini, “Divorzio all’italiana” di Pietro Germi, “Ieri, oggi e domani” di Vittorio De Sica, “La grande abbuffata” di Marco Ferreri, “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola. Per ultimo citiamo “Una giornata particolare” sempre di Ettore Scola, forse la sua interpretazione più intensa e straordinaria della sua carriera. Ambientato durante la visita di Hitler a Roma nel 1938, il film narra in maniera realistica un breve incontro e una passione tra un giornalista licenziato perché omosessuale e una tipica casalinga frustrata e affettivamente sola. Il tutto ambientato in un condominio popolare della Roma fascista. E’ un capolavoro che racconta il doloroso universo dei sentimenti umani. Accanto a Mastroianni, un’immensa Sophia Loren: due artisti profondamente italiani al massimo della loro creatività.

Marcello Mastroianni nasce a Fontana Liri, in provincia di Frosinone), il 28 settembre del 1924, figlio di Ottone Mastroianni e di Ida Irolle, originari entrambi del vicino paese di Arpino. Il padre era il fratello dello scultore Umberto Mastroianni.

Poco tempo dopo si trasferisce con i genitori dapprima a Torino, ove, nel 1929, nasce il fratello Ruggero, e successivamente, nel 1933, definitivamente a Roma. Da giovanissimo riesce a lavorare come comparsa in Marionette di Carmine Gallone, in “La corona di ferro” di Alessandro Blasetti, in “Una storia d’amore” di Mario Camerini, e ne” I bambini ci guardano” di Vittorio De Sica. Nel 1945, terminata la guerra, comincia a prendere le prime lezioni di recitazione e a bussare nuovamente alle porte del cinema. È in questo periodo che condivide le sue aspirazioni di attore con una giovane sconosciuta, Silvana Mangano, e i due vivono una breve storia d’amore. Il vero e proprio debutto nel cinema avviene nel 1948 con “I miserabili”, film di Riccardo Freda tratto dall’omonimo romanzo di Victor Hugo. Nello stesso periodo comincia ad ottenere piccole parti in teatro, dapprima in compagnie di dilettanti. Viene notato da Luchino Visconti, che gli offre il suo primo ruolo da professionista, in “Rosalinda o Come vi piace” da Shakespeare (1948, Teatro Eliseo – Roma) e poi in “Un tram che si chiama Desiderio” di Tennessee Williams (1949, Teatro Eliseo – Roma), in cui interpreta Mitch (Kowalsky è invece interpretato da Vittorio Gassman). In questa occasione conosce Flora Carabella, sua futura moglie, anch’essa impegnata in un piccolo ruolo. I due si sposeranno nel 1950 e avranno una figlia, Barbara. Il matrimonio con la Carabella terminò nel 1970 anche se però i due non divorzieranno mai ufficialmente. Dopo aver interpretato sotto la regia di Luciano Emmer diversi ruoli da attor giovane in commedie neorealistiche (“Domenica d’agosto”, “Parigi è sempre Parigi”, “Le ragazze di Piazza di Spagna”), arrivano anche al cinema i primi ruoli drammatici in “Febbre di vivere” di Claudio Gora, “Cronache di poveri amanti” di Carlo Lizzani, “Le notti bianche” di Luchino Visconti; recita inoltre in “Peccato che sia una canaglia”, film del 1954, diretto dal regista Alessandro Blasetti. L’affermazione definitiva arriva nel 1958 con “I soliti” ignoti, cui segue “Adua e le compagne” (1960). “Con Divorzio all’italiana” (1961) ottiene il Nastro d’argento, il premio della British Film Academy e la nomination all’Oscar come miglior attore protagonista.

I due capolavori di Federico Fellini: “La Dolce Vita” (1960) e “8½” (1963) gli conferiranno il successo internazionale e la fama di “latin lover”, dalla quale cercherà, più o meno inutilmente, di difendersi fino all’età più matura. Questa è la ragione per cui, subito dopo il successo de “La dolce vita”, cerca di sfatare il proprio mito di sex symbol accettando di interpretare il ruolo di un impotente nel film “Il bell’Antonio” (1961), tratto dall’omonimo romanzo di Vitaliano Brancati.

Nel 1962 il settimanale americano “Time” gli dedica un servizio, come divo straniero più ammirato negli Stati Uniti. Il suo fascino di attore gli derivava, oltre che dalla sua bellezza e da interpretazioni sempre di altissimo livello, anche da un tratto distaccato, a tratti sornione, dal quale sembrava trasparire talvolta una velata malinconia e persino una certa timidezza. Nel 1963 interpreta in “I compagni” di Mario Monicelli, il ruolo di un intellettuale socialista che fomenta le rivolte di fabbrica e poi sotto la direzione di Vittorio De Sica, con Sophia Loren come protagonista femminile: “Ieri, oggi, domani” (1963), “Matrimonio all’italiana” (1964), “I girasoli” (1970). La coppia che ha formato con Sophia Loren è stato un sodalizio artistico tra i più riusciti del cinema italiano, che si è snodato con episodi memorabili lungo l’intera carriera di entrambi. Nel 1966 debutta anche nella commedia musicale, interpretando per circa tre mesi il ruolo di Rodolfo Valentino in “Ciao Rudy” di Garinei e Giovannini, cantando e ballando tutte le sere e cercando di sfatare un’altra fama che si era creato, quella di eterno pigro. La critica non sarà tenera con lui, e anche se le repliche sono costantemente gremite fino al “tutto esaurito”, Mastroianni abbandona le scene pagando una penale di 100 milioni di lire per girare “Il viaggio di G. Mastorna” di Federico Fellini, progetto che però il maestro riminese non riuscirà mai a realizzare, così interpreta per racimolare i soldi “Il papavero è anche un fiore” di Terence Young. Nel 1968 gira “Amanti” sotto la regia di Vittorio De Sica. Protagonista femminile è Faye Dunaway, con la quale avrà una breve ma chiacchieratissima storia sentimentale. Nello stesso periodo gira alcuni film in lingua inglese, manifestando una notevole capacità di dizione anche in questa lingua, a differenza della Sophia Loren, che anche parlando un buon inglese non riuscirà mai a liberarsi del suo accento dialettale. Nel 1971 lavora con Marco Ferreri in “La cagna” e sul set conosce Catherine Deneuve, con la quale intreccerà una lunghissima relazione, da cui nascerà Chiara. L’anno successivo si trasferisce a Parigi e avrà l’opportunità, tra il 1972 e il 1974, di lavorare in numerose pellicole francesi. Tornato in Italia, riprende a interpretare ruoli in commedie leggere (“Culastrisce nobile veneziano”, “La pupa del gangster”), film d’autore (“Todo modo”, “Una giornata particolare”), drammi a tinte forti (“Mogliamante”, “Per le antiche scale”), film grotteschi (“Ciao maschio”, “Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova, si sospettano moventi politici”).

Nel 1978 debutta in uno sceneggiato televisivo: “Le mani sporche”, che Elio Petri trae da Sartre. Prima d’allora Mastroianni non ha mai lavorato in TV, eccezion fatta per alcune celebri apparizioni come ospite in “Studio Uno” (accanto a Mina e a Sandra Milo). Nel 1980 viene richiamato da Federico Fellini, che a diciotto anni da 8 ½ lo rivuole protagonista ne “La città delle donne”. Lavorerà con lui ancora nel 1985 in “Ginger e Fred”, al fianco di Giulietta Masina, e nel 1987 in “Intervista”. Nel giugno del 1984 prende parte al picchetto d’onore ai funerali del segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer, insieme ad altri esponenti del cinema italiano come Federico Fellini e Monica Vitti. Nel 1988 è protagonista insieme a Massimo Troisi di “Splendor” e “Che ora è?”, entrambi diretti da Ettore Scola. Per quest’ultimo film i due protagonisti riceveranno la coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia. Negli anni novanta, Marcello Mastroianni gira soprattutto all’estero, con grandi autori del cinema internazionale. Colpito da un tumore del pancreas, poco prima della sua scomparsa, realizza durante la lavorazione del suo ultimo film (“Viaggio all’inizio del mondo” di Manoel de Oliveira) una lunga auto-confessione (“Mi ricordo, sì… mi ricordo”, curata da Annamaria Tatò, la sua ultima compagna) che è considerata da molti il suo testamento spirituale.

L’ultimo impegno fu la commedia (“Le ultime lune”) nei teatri italiani. Faceva tre flebo al giorno, e recitava quasi sempre seduto. Molte date previste non furono realizzate a causa dell’aggravarsi dello stato di salute. Dopo un malore, fu l’attore stesso a chiedere di non andare avanti con la tournée. Fece l’ultima recita a Napoli, poi tornò a Parigi. Si spegne nel suo appartamento di Parigi il 19 dicembre 1996, stroncato dalla malattia ed assistito dalla figlia minore, Chiara. Le sue spoglie riposano nel cimitero del Verano, a Roma.

Condividi sui social

Articoli correlati