ROMA – “Il giardino dei ciliegi”, tragicommedia di Anton Cechov, narra di un’aristocratica russa (interpretata dalla brava Gaia Aprea) che, tornata dalla Francia nella sua proprietà, comprendente un grande giardino dei ciliegi, per riuscire a pagare i debiti dovrebbe mettere all’asta i suoi possedimenti, cosa alla quale inizialmente si oppongono lei e famiglia. Tuttavia, nonostante il dolore della perdita, gli sforzi per mantenere la tenuta, intrapresi dal fatuo e nobile casato, si rivelano inconcludenti e non faranno altro che passare il testimone a un ricco commerciante (l’altrettanto bravo Claudio di Palma) figlio di contadini al servizio in quella casa.
La riduzione andata in scena al teatro Quirino si apre su un’ambientazione bianca. Luca De Fusco, il regista, spiega così la scenografia: “Il biancore della scena di Maurizio Balò sta tra le case a calce tipiche del paesaggio mediterraneo e una casa di marzapane delle fiabe”. Agli occhi dello spettatore ignaro, tuttavia, essa ricorda anche i gelidi paesaggi russi, se non altro perché presto gli attori toccano l’argomento delle condizioni meteorologiche. Echi della cultura mediterranea risaltano anche tra le righe dell’adattamento: “Ho sempre pensato – dichiara il regista – che Il giardino dei ciliegi fosse una storia ‘nostra’: questi nobili decaduti che vivono nell’inerzia, incapaci di reagire ai problemi della vita, questi dandy che ‘si sono mangiati il patrimonio in caramelle’ o sono ‘morti di champagne’, somigliano a tanti racconti dell’aristocrazia napoletana incapace di entrare nella modernità”. De Fusco rende visiva l’universalità del tema: il declino di una classe privilegiata, a causa dell’incapacità di trasformarsi e far fronte alle sfide della vita, storico rovesciamento che ha visto affermarsi sull’aristocrazia una borghesia imprenditrice. Riflessione sul destino dell’uomo, che assurge in Cechov a toni lirici.
Tuttavia, ancora prima e più a fondo, indagine psicologica della temeraria fatuità di un certo tipo umano: l’eterno Peter Pan, chi rifiuta l’assunzione di responsabilità, al punto da restare in una dimensione giocosa anche davanti alla rovina. L’adattamento di De Fusco smorza i toni dei caratteri riducendo il conflitto, che è anche di classe, a una dimensione più attuale. L’affresco è reso plastico da attori d’impeccabile professionalità, si muove tra naturalismo e simbolismo: una governante, che tocca il cuore degli spettatori parlando loro da un palco, racconta una vita senza identità. Personaggi vestiti di bianco, dialogano tenendo in mano candidi palloncini che salgono verso un cielo deflagrante in tuoni e lampi: evocazione del sogno e della dimensione infantile che può avere eccessi rovinosi. La scena finale è per metà oscurata da simbolici massi e lascia intravedere all’interno personaggi che evocano “memorie dal sottosuolo”: la loro (e nostra) “ombra” in bianco e nero si proietta cinematograficamente su fondali in primo piano, ci parla di situazioni che c’erano una volta e che ci sono ancora, e non solo a est, se sappiamo guardare, come suggerisce De Fusco, oltre la superficie delle cose.
Teatro Quirino di Roma
Il giradino dei ciliegi
Di Anton Cechov
Traduzione Gianni Garrera
Con Gaia Aprea Paolo Cresta Claudio Di Palma
Serena Marziale Alessandra Pacifico Griffini
Giacinto Palmarini Alfonso Postiglione Federica Sandrini
Gabriele Saurio Sabrina Scuccimarra Paolo Serra Enzo Turrin
Scene Maurizio Balò
Costumi Maurizio Millenotti
Luci Gigi Saccomandi
Coreografie Noa Wertheim
Musiche originali Ran Bagno
Regia Luca De Fusco
personaggi e interpreti
Ljuba Gaia Aprea
Jaša Paolo Cresta
Lopachin Claudio Di Palma
Dunjaša Serena Marziale
Anja Alessandra Pacifico Griffini
Trofimov Giacinto Palmarini
Pišcik Alfonso Postiglione
Varja Federica Sandrini
Epichodov Gabriele Saurio
Šarlotta Sabrina Scuccimarra
Gaev Paolo Serra
Firs Enzo Turrin
Orari repliche
ven06/11/201521.00
sab07/11/201521.00
dom08/11/201517.00
mar10/11/201521.00
mer11/11/201517.00
gio12/11/201521.00
ven13/11/201521.00
sab14/11/201517.00
sab14/11/201521.00
dom15/11/201517.00
lunedì 09/11/2015 RIPOSO