Teatro Quirino: Gabriele Lavia riporta “Il Padre” in scena

“Un padre è la figura più importante e sottovalutata”. A dirlo è Gabriele Lavia dietro le quinte del teatro Quirino commentando l’opera di Strindberg “Il padre” di cui è regista e interprete.

“Sono molto affezionato a quest’opera di Strindberg, bisognerebbe parlare molto più spesso del ruolo paterno, d’altronde Dio è padre e creatore e l’uomo sua emanazione diretta: c’è voluto un Papa per ammetterlo ed è stato anche ammazzato per questo”. 

Una vis polemica giustificata dall’importanza del tema: la paternità, un concetto sempre in evoluzione sin dalla fine dell’Ottocento quando il drammaturgo scrisse questa pièce autobiografica definendola “scritta con un’ascia non con la penna”. In discussione è anche l’istituzione del matrimonio borghese che nel secolo scorso negava la potestà genitoriale alle madri affidandola al marito, responsabile per legge di ogni decisione sui figli, in cambio del mantenimento della famiglia e dei discendenti. 

In questa pièce, il comandante Adolf, astronomo e fisico, si trova in disaccordo con sua moglie Laura sull’educazione da impartire alla figlia Berta. Per la moglie e la suocera, la figlia dovrebbe rimanere a casa a studiare, ricevendo una formazione religiosa e culturale minima, mentre il padre, scienziato agnostico, auspica, per la figlia un’istruzione moderna e completa in città. Una scelta difficile che scatena un putiferio in un ambiente familiare dominato da donne: la figlia, la madre, la suocera e la vecchia nutrice. Un terremoto emotivo che spinge le donne a coalizzarsi contro il pater familias, sempre più isolato, per costringerlo a rinunciare alle sue intenzioni sulla figlia. E per convincerlo, la moglie Laura abile stratega, instilla il dubbio nel consorte sulla paternità della figlia, in modo da rimanere lei sola, unica tutrice legale. 

Un dubbio che annienta la coscienza dell’uomo, indebolita da anni di conflitti coniugali e raggiri da parte della donna, da lui però sempre amata. La mente del comandante vacillerà sul peso delle pesanti supposizioni, vista l’impossibilità di testare il DNA scientificamente, abbandonandosi alla follia e consentendo così alla moglie di internarlo e coronare il suo sogni di indipendenza e di tutela unica sulla figlia.

Un’interpretazione da standing ovation per Gabriele Lavia, regista e protagonista, che riesce alla perfezione a dare forma al dramma di un uomo, la cui personalità viene completamente soggiogata dalle mire della moglie, compreso l’amore incondizionato per sua figlia.

Sentimento minato dalle manipolazioni della donna, che in un climax di ansia e disillusione mina la sanità mentale del marito, che passa dal dubbio all’intontimento irreversibile. L’accento dell’autore si sofferma sul tema della certezza della paternità, impossibile all’epoca da verificarsi per l’uomo, cui non resta che affidarsi alla parola di sua moglie. Altro tema scottante è la riflessione sul ruolo del padre ritenuto per convenzione un autorevole capofamiglia, al contrario il comandante Adolf è rappresentato come un uomo insicuro e studioso, che si affida alla moglie come a una madre, a volte compassionevole a volte matrigna. Si assiste dunque in quest’opera un’affermazione dell’“io femminile” anche nell’uomo, anticipando lucidamente i tempi.  “Un uomo non soffre il freddo, un uomo non soffre la fame, perché un uomo non può allora piangere?” domanda il protagonista. 

Riuscita è anche l’interpretazione della co-protagonista Federica De Martino – nel ruolo della moglie Laura – che dotata di grande capacità espressiva riesce tramite il linguaggio del corpo a comunicare la sua determinazione e la sua volontà da donna moderna ante-litteram.

C’è tanto di autobiografico in questa pièce di Strindberg, sposato con una donna volitiva e determinata, spesso accusato di misoginia, per il suo voler squarciare il velo d’ipocrisia nei rapporti matrimoniali fine-ottocenteschi minati dalle convenzioni sociali e dagli obblighi legali, spesso limitanti sia per l’uomo che per la donna, deprivata di diritti fondamentali quale la potestà genitoriale e di ogni autonomia.

Uno spettacolo profondo, commuovente, illuminante, che getta luce sull’importanza della figura paterna, sul suo valore e sulla necessità, non subalterno ma di pari livello col ruolo materno: una questione rilevante oggi come ieri. 

Grande è il consenso del pubblico, che annoverava tra gli altri anche il giornalista e politico Gianni Letta e la sua consorte, sempre in prima linea per il teatro di qualità.

Al Teatro Quirino Vittorio Gassman sino al 4 febbraio 2018

Il padre

di August Strindberg

regia Gabriele Lavia

con Federica Di Martino
 e con Giusi Merli  Gianni De Lellis  Michele Demaria
Anna Chiara Colombo  Ghennadi Gidari  Luca Pedron

scene Alessandro Camera

costumi Andrea Viotti

musiche Giordano Corapi

luci Michelangelo Vitullo

regista assistente Simone Faloppa

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