Piccolo Eliseo: in scena “Novantadue. Falcone e Borsellino 20 anni dopo” tra domande insolute e mezze verità

“In Sicilia si muore generalmente perché si è soli: la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere”. A dirlo è Giovanni Falcone, il magistrato ucciso dalla mafia passato alla storia per il pool antimafia e il maxiprocesso che ha messo sotto scacco “cosa nostra”.

Qui in “Novantadue. Falcone e Borsellino 20 anni dopo” interpretato da uno strepitoso Filippo Dini, che in uno sforzo mimetico sia fisico che idiomatico, ridà vita sul palco del Piccolo Eliseo al magistrato palermitano, dal carattere burbero e dal cuore onesto. Non è da meno Giovanni Moschella nei panni di Paolo Borsellino, dall’aria da “sbirro” e l’attaccamento alla sua famiglia, diviso da Falcone, solo dai diversi colori politici.

Ed è sulla loro permanenza nel carcere bunker dell’Asinara che si apre il sipario, quando i due magistrati reclusi insieme alle loro famiglie, preparano l’istruttoria del maxi processo di Palermo, lontano da sguardi indiscreti. E tra l’ironia per il conto-spese da saldare al carcere e lo spettro della morte addosso, con coraggio istituiscono l’istruttoria per il maxi processo passato alla storia per le 360 condanne e i 2665 anni di carcere comminati come pene complessive. “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una sola volta” afferma Paolo Borsellino, un meritevole Giovanni Moschella, che esorcizza così la paura durante i mesi di preparazione del processo, dopo che tanti erano stati gli attentati contro gli uomini di Stato, tra cui quello contro il magistrato Rocco Chinnici, collega ideatore e propositore del pool antimafia.

Non si tratta di uno spettacolo storico-biografico, ma di una pièce che ricostruisce la temperie socio-politica di un’epoca, dominata da grandi contrasti, che segna la caduta della DC, accelerata dal fenomeno Mani Pulite, che decapita i vertici del partito con “Tangentopoli”, l’assedio di Sarajevo, la firma del trattato di Maastricht che sancisce la nascita dell’Unione europea e l’anno della morte dei due magistrati, paladini della lotta contro la mafia. Giovanni Falcone il 23 maggio del ‘92 ucciso nella strage di Capaci, dove insieme a lui muoiono anche la moglie Francesca Morvillo e la sua scorta, sotto chili di tritolo e pochi mesi dopo, il 19 luglio la stessa sorte tocca a Paolo Borsellino in via d’Amelio.

Uno sguardo lucido e allo stesso tempo emotivo che scava nella storia di un Paese, alla ricerca dei colpevoli, dei veri mandanti di un delitto che non sono solo gli esecutori materiali, ma gli stessi vertici del potere politico-militare-economico collusi con la mafia a vari livelli che richiedevano a gran voce l’eliminazione dei fautori della giustizia, colpevoli di averli riconosciuti e individuati. Per questo stesso motivo, come ricostruito nella pièce, fu ucciso Paolo Borsellino, contrario all’inizio della nota “trattativa Stato – Mafia” per richiedere la fine delle stragi, in cambio di alcune concessioni sul “carcere duro” del 41 bis agli ergastolani mafiosi. E per questo motivo, che Falcone fu colpito perché venne lasciato solo, inerme di fronte ai corleonesi, emarginato anche dallo stesso Csm, che al suo posto a capo del pool antimafia nominò Meli, inesperto di mafia ma più conciliante verso i poteri forti.

“Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”. E’ con questa speranza, tanti dubbi e altrettante domande senza risposta che si chiude la pièce, che ha il merito di gettare luce sulle vite di due grandi paladini dell’antimafia e delle loro gesta, affinché non si dimentichi e i più giovani possano apprendere, da una pagina oscura della storia del nostro paese, il valore dell’onestà e della giustizia e il suo prezzo.

Dal 2 al 6 maggio al Piccolo Eliseo

Novantadue. Falcone e Borsellino, 20 anni dopo

di Claudio Fava

Allestimento e regia Marcello Cotugno

Con Filippo Dini | Giovanni Falcone

Giovanni Moschella | Paolo Borsellino

Pierluigi CoralloConsigliere istruttore, Mafioso

Luci Stefano Valentini

Suono Gianfranco Pedetti

Produzione BAM Teatro in collaborazione con

XXXVII Cantiere internazionale d’arte di Montepulciano e festival l’opera galleggiante 

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