Teatro Brancaccio. “La Divina Commedia Opera Musical”, il valore sacro della meraviglia

ROMA – Esiste un viaggio in letteratura che trascina l’uomo fin dentro le profondità dell’abisso, ad affrontare dèmoni e paure, per poi liberarlo, passo dopo passo, fino a spalancargli il cuore al Cielo e all’Amore.

Quel viaggio è il “poema” per eccellenza: studiato, imparato a memoria per secoli, a volte odiato. Eppure il regista Andrea Ortis – che ritroviamo nei panni di un nobile Virgilio – porta in scenaal Teatro Brancaccio fino al 7 aprile   muovendosi perfettamente a suo agio tra versi, terzine, allegorie e parafrasi. La poesia ha da sempre il valore universale di sviscerare la commedia umana soffocata da selve oscure o tesa di speranze e di salvezza; ma riscoprire i versi adornati degnamente di musica e canto ha il valore sacro della meraviglia.

La Divina Commedia Opera Musical è uno spettacolo che ha visto la sua nascita già nel 2007 e oggi torna in una veste rinnovata e tecnologica. Sul palco le scenografie di Lara Carissimi e i piani sovrapposti creano quell’illusione di incubo e sogno tipica dei versi danteschi e le proiezioni in 3D contribuiscono ad esaltare la potenza immaginifica di un viaggio irripetibile dentro l’Inferno. Le musiche di Marco Frisina sono garanzia di bellezza, dove l’armonia diviene il luogo nel quale raccontare tutta la complessità delle anime, che siano dannate, purganti o beate, ma pur sempre anime umane. La voce narrante di Giancarlo Giannini ci racconta il Dante scrittore piegato sulle sue carte, a trovare sollievo e grazia nella dignità della scrittura nel bel mezzo dell’esilio.

Nel primo atto l’Inferno si dispiega in tutta la sua inevitabile discesa: Dante (Antonello Angiolillo), stretto dentro le tenebre della selva, è un uomo in trappola, immobilizzato dal dolore e dalla solitudine. Il Regno dei morti apre le sue fauci gridando con Caronte (Francesco Iaia): “non vedrete mai il Cielo”. Il corpo di ballo disegna dèmoni terrificanti e le percussioni scandiscono il volto della paura. Ma questo Inferno è tutto tranne che irreale: ciò che riesce alla regia di Ortis è mostrare tra effetti speciali e incubi velati come l’angoscia sveli paradossalmente il suo volto più vero. L’Inferno è la disperazione del Cielo: l’uomo che soffocato di paure   perde la speranza di esso. Così ci si commuove ad ascoltare il dolce canto di Francesca (Manuela Zanier) e del suo sfortunato amore, mentre, sullo sfondo, la danza e le immagini ci restituiscono un racconto che abbiamo solo osato immaginare tra i banchi di scuola. Insieme a Dante ci pieghiamo di dolore di fronte al tormento di Pier delle Vigne (Daniele Venturini) e alla follia disumana del Conte Ugolino. Anime così umane da essere riconoscibili, raccontate in piccoli quadri distinti: emergono dal buio in un alito di luce per poi esserne di nuovo inghiottite.

E l’amore che muove il viaggio e i passi di Dante svela, tra i gironi, la sua veste “terrena” che  condanna le anime e le imprigiona.

Il secondo atto ci restituisce alla luce azzurra del Purgatorio, dove Pia dei Tolomei (Mariacarmen Iafigliola) rivela la via della salvezza per le anime purganti: il loro ricordo nei vivi, quella “corrispondenza d’amorosi sensi” che dona eternità e redenzione. E la danza nervosa dell’inferno si trasfigura di luce e armonia man mano che prende corpo, sulla scena, la speranza. Virgilio, guida e padre, che Andrea Ortis coglie in tutto la sua umanità di rimpianti, racchiude, viva, la scintilla che lega maestro e allievo quando consegna nelle mani di Dante l’unica certezza del viaggio: è quello il tempo di lasciarsi guidare verso l’Amore da chi invece tempo non ne ha più.

Il Paradiso si spalanca sul volto di Beatrice (Myriam Somma), colei che coglie le lacrime di pentimento di Dante e le sublima nella luce. I beati circondano il pubblico in sala e l’armonia della voci avvolge il tempo del reale: la beatitudine è viva, la speranza resta possibile. Così si innalza l’Inno “Vergine madre, figlia del tuo figlio” e la musica e la poesia esplodono sul finale rompendo definitivamente il velo d’illusione del teatro. C’è un punto preciso che restituisce il valore di uno spettacolo: quella bellezza che sale dal cuore come una preghiera.

Fino al 7 aprile al teatro Brancaccio di Roma

CAST

Antonello Angiolillo nel ruolo di Dante

Andrea Ortis nel ruolo di Virgilio

Myriam Somma nel ruolo di Beatrice

Manuela Zanier nel ruolo di Francesca / Matelda

Angelo Minoli nel ruolo di Ulisse / Guido Guinizzelli

Francesco Iaia nel ruolo di Caronte / Ugolino / Cesare / San Bernardo

Mariacarmen Iafigliola nel ruolo di Pia dei Tolomei / La Donna

Brian Boccuni nel ruolo di Catone / L’Uomo (1° Atto) / San Tommaso

Daniele Venturini nel ruolo di Pier delle Vigne / Arnaut Daniel / L’Uomo (2° atto)

Noemi Bordi nel ruolo di Maria

CORPO DI BALLO

Mariacaterina Mambretti, Danilo Calabrese, Raffaele Iorio, Alessandro Trazzera, Mirko Aiello, Marina Barbone, Michela Tiero, Federica Montemurro, Raffaele Rizzo, Giovanna Pagone, Matilde Cortivo, Nicola Simonetti

LA DIVINA COMMEDIA OPERA MUSICAL

di Gianmario Pagano e Andrea Ortis 

regia Andrea Ortis 

Musiche Marco Frisina 

Scenografie Lara Carissimi 

Proiezioni Roberto Fazio e Virginio Levrio 

Coreografie Massimiliano Volpini 

voce narrante Giancarlo Giannini

TEATRO BRANCACCIO di Roma

VIA MERULANA 244, 00185 ROMA · TEL 06 80687231/2 · TEATROBRANCACCIO

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