Festival del Balletto di Siena. Fellini, la dolce vita di Federico

Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita (W. Shakespeare) 

SIENA – Al Teatro dei Rinnovati è recentemente andata in scena “Danza Excelsior”, la tre giorni del Festival Internazionale del Balletto di Siena G. A. Ateneo della Danza con la direzione artistica del ballerino e coreografo Marco Batti . Con il Patrocinio dcl Comune di Siena, della Fondazione Toscana Spettacolo, della Regione Toscana, da Unicoop Firenze, del Balletto di Siena, di Certamen Internacional de Coreografia Burgos New York e con la progettazione e l’allestimento tecnico di Claudia Tabbi, il supporto di Ateneo della Danza, l’organizzazione e la promozione di Alessia Murgia, l’aiuto sartoriale di Cecilia Bonomo Tae Onodera e la partecipazione de le Maitre de ballet Luisella Cappa Verzone e Laura Ricci, l’evento ci ha permesso di vivere la magia della danza e il sogno trasportato nella fisicità di figure che si sono mosse nello spazio, unendo anima e corpo per esprimere la dimensione reale di un tempo indefinito che oltrepassa quello artificiale della quotidianità divisa a scomparti. 

La prima coreografia del Festival è stata di Amedeo Amodio, un intramontabile della danza, con la Carmen interpretata da Letizia Giuliani e Amilcar Moret G. su musiche di G. Bizet e coreografie. Dopo di loro Don Quixote con Virna Toppi e Nicola Del Freo su musiche di L. Minkus e coreografie di Rudolf Nureyev, genio ribelle della danza. E ancora L’altro Casanova, North, Donne, Cinzas, Simbiosi, Vertigo Maze, Viaggio nella speranza e L’ultimo vestito è senza tasche. La danza per comprendere l’umano e raccontare le emozioni attraverso simmetrie geometriche in continuo dinamismo. 

A chiusura di questa edizione 2019 ricca di arte, incanto e bellezza,  il Balletto di Siena ha reso omaggio ad un cineasta riminese dall’indiscusso estro artistico dedicandogli: Fellini, la dolcevita di Federico. Nello spazio di un sogno, come recita Shakespeare, abbiamo attraversato tutta l’opera di Fellini, che il coreografo Marco Batti ha saputo collocare fuori dagli stereotipi trasportandoci nel mondo esotico incantato e disincanto, carnale e spirituale del grande cineasta riminese Federico Fellini, di cui verranno celebrati a breve i cento anni dalla nascita, e con le suggestioni delle musiche indimenticabili di Nino Rota nel quarantesimo anno dalla sua morte, di Nicola Piovani e di Max Richter. La poesia dei corpi e una espressività pura senza forzature ma capace di costruire affreschi delicati delle opere immortali del regista romagnolo, mettendo in scena la fisicità sanguigna della Tabaccaia di Amarcord interpretata per il balletto da Matilde Campesi, quella invitante morbida, sinuosa de La Gradisca interpretata da Chiara Gagliardo, e quella avvenente e carnale di Sylvia de La dolce vita, unita alla tenera poetica di Gelsomina, alias Elena Iannotta e di Giulietta degli spiriti alias Eleonora Satta. Figure giunoniche e formose accanto a quella esile e delicata della moglie. “Io sono nato il giorno in cui ho visto Giulietta” soleva dire il cineasta. Ogni coppia di ballerini ha dato vita a queste magiche figure facendocele incontrare nella dimensione di un tempo non tempo e dando prova delle proprie capacità espressiva offrendoci  evocazioni sensuali, eleganti, magiche, tenere, fra scarpette a punta, architettura di luci e costumi dai colori indimenticabili. Tutti i dodici ballerini fra la forza espressiva delle coreografie, sono stati capaci di ricostruire momenti indimenticabili trasportandoci nel mondo dei personaggi felliniani con eleganza realizzando un continuo dialogo creativo attraverso il filo invisibile che ha unito tutte le opere del regista. Quando Federico conobbe la Masina nei corridoi della RAI nel 1942 provò emozioni contrastanti rispetto a ciò che provò l’attrice. Lei affermò: “Sembra un fachiro, somiglia a Gandhi. É tutt’occhi, occhi profondi, inquieti, indagatori”. Per lui fu il classico colpo di fulmine: “É un peperino piccolo, piccolo, mi piace tanto. Mi fa tanto ridere”. Da quel momento divennero una delle coppie più unite della cinematografia e Giulia divenne Giulietta, mentre lo sconosciuto uno dei registi più acclamati nel mondo. 

Questo ci ha restituito Marco Batti coadiuvato dalle interpretazioni dei ballerini e delle ballerine: Filippo Del Sal nei panni del grande Federico, Elena Iannotta nei panni della tenera Gelsomina interpretata nel film La strada da Giulietta Masina, Giuseppe Giacalone nei panni di Zampanò, Koh Yoshitake nelle vesti de Il Matto, e accanto a loro La gradisca di Amarcord, Sylvia de La dolce vita, la tabaccaia sempre di Amarcord, Maddalena de La dolce vita, Fernando de Lo sceicco bianco interpretato da Carlo di Lorenzo. Come ha spiegato il coreografo Marco Batti, il primo atto si apre sulla vita reale di Fellini, artista disincantato, osservatore delle particolarità di un genere umano reale, non idealizzato. Oniricamente ci ritroviamo nella “galleria” delle figure che hanno popolato le opere più importanti di Fellini, ognuno con le proprie caratteristiche, gli indimenticabili costumi e la loro fisicità, a partire dalla struggente Gelsomina con la quale il regista rivive le emozioni dell’adolescenza e della gioventù rappresentata dai ragazzini innamorati di Amarcord. Accanto a loro il Matto, ironico e allegro, colui che spiegò il senso delle cose alla spaurita ragazza che immolò la propria vita per cambiare lo spirito rozzo e irrequieto di Zampanò che apre il secondo atto, intanto si attraversano i toni glamour e amari de La dolce vita con Marcello e Sylvia interpretati da Chiara Gagliardo e Giuseppe Giacalone, una coppia affiatata con eccellenti capacità tecniche ed espressive. 

“…forse ti vuole bene” recita il Matto a Gelsomina mentre si chiude l’opera con un Federico ormai anziano e le tre proiezioni del suo essere, caricaturali quanto i personaggi delle sue pellicole neorealiste. Un lenzuolo bianco sul quale ci passano davanti i fotogrammi che lasciano per  ultimo Zampanò, caricatura del cineasta allo specchio. Magia, ricordi, amore, disillusione sembrano essersi materializzate nei corpi dei ballerini mentre l”opera si chiude con una frase malinconica: “Ma finisce tutto così? Senza un raggio di luce?”  E poi…la musica indimenticabile di Nino Rota e affiora di nuovo lo spirito burlone del grande Federico a cui Ettore Scola, suo grande amico e collega ha dedicato nel 2013 l’ultimo lungometraggio della sua vita intitolato: Che strano chiamarsi Federico. É in questo momento melanconico, dove esplode di nuovo la vita con la musica di 8 e mezzo, che Il balletto di Siena ci regala qualcosa di meraviglioso, sintetizzando lo spirito unico e indimenticabile di Federico: “Felliniano …. Avevo sempre sognato da grande, di fare l’aggettivo!”

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