Teatro Quirino. “L’anima buona di Sezuan”, racconto senza tempo visivamente bellissimo

ROMA – “L’anima buona di Sezuan” di Berthold Brecht è un apologo che racconta come nella provincia immaginaria del Sezuan, in una simbolica Cina, tre Dei scendano sulla terra alla ricerca di un’anima buona.

E la trovano solo in Shen-Te, una ragazza povera che di mestiere fa la prostituta ed è l’unica disposta a ospitarli. Gli Dei vogliono ricompensare il suo atto generoso con mille dollari d’argento, a patto però che essa continui a praticare il bene. Shen Te accetta e apre una tabaccheria. Shen Te è buona fino allo sfinimento e questa sua “debolezza” attira come api sul miele una serie di parassiti, veri e falsi bisognosi, che la divorerebbero se non trovasse la difesa di eclissarsi e ricomparire travestita da maschio sotto le false spoglie del cugino Shui-Ta, uomo d’affari venale e cinico. Shen Te non aveva però calcolato d’ innamorarsi …

Ispirandosi alla direzione del 1981 di Giorgio Strehler, Monica Guerritore rende omaggio con onore al suo maestro con la triplice funzione di regista e interprete dei due protagonisti Shen Te e il cugino Shui-Ta. Allo spettatore ignaro, sarà sulle prime difficile riconoscere la Guerritore nel ruolo maschile, tanto è profonda la trasformazione: inconfondibile la voce serica dell’attrice sotto le spoglie della prostituta redenta, baritonale quando assume la parte del cugino e si muove con un’affascinante mimica da marionetta. Tutto il cast, professionalmente di altissimo livello, recita a tratti con la cadenza metaforica del fantoccio e strappa nel dramma anche il sorriso. Bellissima la colonna sonora, bellissima la scenografia essenziale e nitida, cangiante in maniera poetica con un gioco sapiente di luci che trasmette gli stati d’animo dell’inconscio collettivo, quello che esprime una barbarie sempre latente in noi, oggi più evidente a causa della crisi economica.

E’ una realtà attuale quella rappresentata da “L’anima buona di Sezuan “, sul palcoscenico si muove il nostro mondo e attraverso le maschere psicologiche riconosciamo i comportamenti odierni.  Come accade nel teatro epico, gli interpreti scendono in platea e coinvolgono lo spettatore a riflettere.  Questa riduzione de “L’anima buona di Sezuan” è una metafora senza tempo che assolve una precisa funzione maieutica, oltre che dilettevole per l’intrigo fiabesco. Afferma Monica Guerritore: “In questi anni durissimi solo il teatro può raccontarci dal di dentro, rendendoci consapevoli delle maschere ringhianti che stiamo diventando.  Mettere in scena la meravigliosa parabola di Brecht risponde alla missione civile e politica del mio mestiere. Teatro civile, politico, di poesia”. 

Al teatro Quirino di Roma fino al  10 novembre

La Contrada Teatro Stabile di Trieste / ABC Produzioni   

presentano

MONICA GUERRITORE

omaggio a Giorgio Strehler

L’ANIMA BUONA DI SEZUAN

di Bertolt Brecht

traduzione di Roberto Menin

personaggi e interpreti

(in ordine alfabetico)

MATTEO CIRILLO  Yang Sun, un aviatore senza lavoro/ il falegname LinTo

  ALESSANDRO DI SOMMA  Secondo Dio/ il bambino/la vedova Li 

VINCENZO GAMBINO Wang, un venditore d’acqua/  il fratello zoppo

 NICOLO’ GIACALONE il barbiere Shu Fu/  il marito

FRANCESCO GODINA il poliziotto/il nipote gagà/ Primo Dio

MONICA GUERRITORE  Shen Te alias Shui Ta

  DIEGO MIGENI Terzo Dio/la Signora Mi Tzu LUCILLA MININNO Signora Yang/ la moglie

scene da un’idea di Luciano Damiani 

disegno luci Pietro Sperduti 

costumi Valter Azzini 

direttore dell’allestimento Andrea Sorbera

collaborazione musicale Paolo Danieli

assistente alla regia Ludovica Nievo

regista assistente Leonardo Buttaroni

regia MONICA GUERRITORE

ispirata all’edizione di Giorgio Strehler (Milano 1981)

29 ottobre 10 novembreMonica Guerritore,  ispirandosi alla regia di Giorgio Strehler del 1981, rende omaggio al suo maestro dirigendo questa piéce, considerata uno dei capolavori del teatro epico, e interpretandola nel doppio principale ruolo della prostituta Shen Te e del cugino Shui-Ta. La trasformazione è fatta così bene che, allo spettatore ignaro, può riuscire sulle prime difficile riconoscere l’attrice nel ruolo sia femminile che maschile: serica e inconfondibile la voce della Guerritore, diviene baritonale quando indossa cappello e pantaloni e si muove, in maniera affascinante, come una marionetta. L’intero bravissimo cast ha la mimica delle marionette, stagliate in una scenografia essenziale e bellissima, trasformata da luci sapienti, cullata da una impareggiabile colonna sonora: sul palcoscenico c’è il mondo in forma allegorica e ciascuna maschera umana è una condizione di vita. 

La barbarie tra individui  prende forma  ricordando la realtà del nostro inconscio, sempre latente e risvegliato oggi in forma palese dalla crisi economica. Il  “teatro epico” è particolarmente efficace nell’andare dritto al coinvolgimento dello spettatore perché si rivolge direttamente a lui: così vediamo gli attori  in platea, apostrofarci tra le file, farci riflettere sui questi che pone oggi la società  e assolvere una funzione maieutico. Afferma Monica Guerritore: “ In questi anni durissimi solo il teatro può raccontarci dal di dentro, rendendoci consapevoli delle maschere ringhianti che stiamo diventando. Mettere in scena la meravigliosa parabola di Brecht risponde alla missione civile e politica del mio mestiere. Teatro civile, politico, di poesia”. 

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