Lo schermo dell’arte. “Hartung, la fureur de peindre”, un documentario utile a capire l’astrattismo

Hans Hartung – grande pittore astrattista – a sei anni, una notte, fu particolarmente spaventato da un temporale e, per placare l’angoscia, volle andare alla finestra per guardare in faccia la minaccia: un’attrazione istintiva verso i tratti deflagranti dei lampi lo indusse a disegnarli sulla carta più e più volte.

Più tardi spiegò che per lui bambino era una sorta di rituale magico: più era veloce a riprodurli, più avrebbe opposto una difesa al pericolo. Da qui il suo bisogno di esprimersi attraverso la pittura astratta, la predilezione delle linee fulminee e dirompenti. E’ calzante dire che si trattò di una “folgorazione”. 

In “Hartung, la fureur de peindre”, Hartung la furia di dipingere, documentario chiaro e affascinante di Roman Goupil, scrittore e regista di film e docufilm per il cinema e la televisione, siamo subito messi in contatto con le ragioni più profonde della sua pittura. Quella per la pittura astratta era una vocazione e per evitare le persecuzioni naziste nei confronti della cosiddetta “arte degenerata”, lasciò la Germania e si trasferì a Parigi. Della scuola di Parigi faceva parte Anna Eva – Bergman, pittrice espressionista astratta norvegese, che sposò nel 1929.  Insieme iniziarono a viaggiare e si stabilirono a Minorca, in riva al mare, dove per la loro eccentricità furono scambiati dagli autoctoni per spie al servizio di una potenza straniera.

 A causa delle grandi ristrettezze i due divorziarono. Nel 1939 Hartung entrò nella legione straniera. Nel 1942 fu arrestato in Spagna. Poi di nuovo nella legione straniera. Sbarcò in Francia nel 1944. Gravemente ferito nei combattimenti di Belfort, gli fu amputata la gamba destra. Di sé Hans Hartung affermò di aver trascorso la giovinezza nella perdita: della patria, del passaporto, della moglie, della gamba. Fu naturalizzato francese nel 1946. Incontrò nuovamente Anna Eva Bergman nel 1952 e i due si risposarono. Dopo la guerra la sua vita migliorò.

Il documentario di Goupil non è solo un ritratto umano dell’insigne esponente della pittura informale europea, il film segue con attenzione il suo percorso creativo: dai primi esprimenti di pittura astratta, studiando Goya e Rembrandt, alla creazione di quel personale segno che distinguerà l’intera sua produzione. Riconosciuto quale artista del suo tempo, il film mostra anche spezzoni di un cortometraggio a lui dedicato da un giovane Alain Resnais. 

Ma la vera consacrazione, della quale andrà orgoglioso, arriverà nel 1960 con il Gran Premio della Pittura assegnatogli dalla Biennale di Venezia. Passerà l’ultimo tratto dell’esistenza con la moglie nella bella villa di Antibes, sull’artistica e mondana Costa Azzurra, in una casa elegante e spaziosa, dalle pareti bianche, senza neppure un quadro perché, diceva, se avesse appeso i suoi, avrebbe finito con il “tornarci sopra”.

Réalisation : Romain Goupil
Auteur(s) : Romain Goupil et Thomas Schlesser
Durée : 52’
Coproduction : ARTE
En partenariat avec la Fondation Hartung-Bergman

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