Casa del Cinema. Il SalinaDocFest chiude nel segno della solidarietà

ROMA – Chiude nel segno dell’impegno e della solidarietà la XV edizione del SalinaDocFest alla Casa del Cinema di Roma, con Milo Rau e le testimonianze di Zarifa Ghafari e Yolande Mukagasana, le voci delle protagoniste dal genocidio del Rwanda all’Afghanistan, unite contro la guerra.

Milo Rau uno dei maggiori autori teatrali contemporanei, dalla platea romana del festival, fondato e diretto da Giovanna Taviani, esprime solidarietà a Mimmo  Lucano che il Tribunale di Locri ha condannato a 13 anni e 2 mesi di carcere, raddoppiando la richiesta dei pubblici ministeri. Una sentenza pesantissima che ha sollevato e sta sollevando l’opinione pubblica e che ha visto la mobilitazione del mondo della cultura a cui si associa il SalinaDocFest con Giovanna Taviani che he già nel 2019 aveva sostenuto con fermezza piena solidarietà a Mimmo Lucano ribadendo la necessità  dell’importanza dell’educazione contro l’odio.

In occasione del suo incontro romano con il pubblico del festival Milo Rau, moderato da Cristina Piccino, ha dichiarato: “esprimo totale solidarietà a Mimmo Lucano e  sono felice di essere qui alla Casa del Cinema con il SalinaDocFest e ribadire con forza il mio pieno sostegno”
È importante per me usare il cinema come strumento per cambiare le cose e contribuire a modificare l’esistente. L’arte – ha ribadito Milo Rau durante l’incontro – e’ un modo per “hackerare” il sistema produttivo e intervenire sulla realtà. “La rivolta della dignità” è diventato il nostro obiettivo. È importante per me usare il cinema come strumento per cambiare le cose e contribuire a modificare l’esistente. Quello che cerco di fare è contribuire a proporre un messaggio di solidarietà anche se utopico. La lotta futura deve essere una lotta costruttiva. Io cerco di non limitarmi alla rappresentazione ma cerco di attuare una lotta catartica perchè quando l’ingiustizia diventa legge la lotta diventa dovere. Cerco di stabilire un legame che possa lavorare a posteriore creando coscienza e consapevolezza nei sistemi produttivi. Avere coscienza e produrla negli altri è l’obiettivo che mi pongo. Uno degli aspetti di intendere l’arte è quello di creare trasversalità non previste. La lotta è parcellizzata e deve essere operata. Bisogna coltivare un paesaggio umano di solidarietà. Nel mio lavoro cerco di metterla in atto, almeno per coloro che prendono parte al progetto a cui lavoro. Dopo le riprese de “Il Nuovo Vangelo” per esempio siamo riusciti con il protagonista  – l’attivista camerunense per i diritti degli agricoltori, Yvan Sagnet, il primo Gesù nero nella storia del cinema europeo –  a regolarizzare 720 lavoratori con l’utopia e l’obiettivo di arrivare a 2000 per l’anno successivo. Lavoriamo alla “scuola della resistenza” con attivisti di varia provenienza in una logica trasversale. Improntata alla dignità e alla costruzione di una lotta catartica. Il nostro obiettivo è cambiare le politiche migratorie e abbiamo la possibilità di incidere ma il livello successivo è attuare il cambiamento”.
Questo è quello che è avvenuto durante la realizzazione del suo Il nuovo Vangelo che Milo Rau ha girato a Matera e che è stato presentato al SalinaDocFest a Roma e che aveva avuto la sua prima mondiale alle Giornate degli Autori di Venezia nel 2020. Per realizzare questo lavoro Milo Rau si è recato nei più grandi campi di rifugiati del Sud Italia, i cosiddetti “Ghetti”, e ha ritrovato i “nuovi Gesù” vicino a Matera, nei luoghi dove Pasolini girò il suo capolavoro.

 
Nel segno dell’impegno, e delle donne contro la guerra, anche le testimonianze di Zarifa Ghafari sindaca e attivista afghana e di Yolande Mukagasana, scrittrice e sopravvissuta al genocidio in Rwanda contro i tutsi in cui perse i tre figli, il marito e il fratello. Con loro Françoise Kankindi, Presidente dell’Associazione Bene Rwanda. A condurre l’incontro, Lidia Tilotta, co-direttrice per la sezione Letteratura del SalinaDocFest.

Per Françoise Kankindi “Il genocidio dei Tutsi era evitabile ma la comunità internazionale ha ignorato le numerose avvisaglie che arrivavano già nel 1993, un anno prima. Il genocidio non è stato fermato ma tutti hanno assistito impassibili”.

Yolande Mukagasana, che in Rwanda ha creato a gennaio 2021 la fondazione che porta il suo nome, da sempre impegnata per la ricerca e la salvaguardia della memoria sul genocidio contro i Tutsi, è in prima linea per l’educazione dei giovani e la promozione della pace. Parlando del suo rientro in Rwanda ha detto: “per me vuol dire vivere e tornare alle mie radici in un paese che mi ha visto nascere e dove sono stata felice e infelice. Questo ritorno a casa è la mia espressione di resilienza. Qui hanno più bisogno di me rispetto all’Europa. Mi sento molto più utile in Rwanda che in Europa”.

In collegamento dal Brasile Zarifa Ghafari, rappresentante delle donne afghane esprime il coraggio e la volontà di creare dei ponti per stabilire delle alleanze tra le donne del suo paese e, in modo trasversale, con le donne del resto del mondo, ma esprime anche la difficoltà nel superare la sofferenza di aver lasciato L’Afghanistan in un momento in cui negoziare con i talebani è il vero problema.
 
All’insegna del dialogo, delle interconnessioni culturali e di quei ponti ideali che la cultura è capace di creare, chiude la XV edizione del SalinaDocFest con l’auspicio che il confronto che ne è nato sia l’inizio di un proficuo dibattito culturale.

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