“I fiori di Kirkuk”, nell’Iraq insanguinato della strage dei Curdi

I fiori di Kirkuk. Un altro film che squarcia il velo di mistero sul mondo arabo. L’Iraq ai tempi della guerra con l’Iran raccontata attraverso una grande storia d’amore

Siamo nel 1988 nell’Iraq impegnato in una guerra senza esclusione di colpi con l’odiato Iran. Saddam Hussein è saldamente al comando del suo paese. L’Iraq, agli occhi degli occidentali è addirittura un paese avanzato rispetto al mondo arabo, la maggior parte delle donne non portano il velo (sunnite emancipate) e una parvenza di benessere aleggia sul popolo iracheno.

Ma così non è, nel silenzio dei media e della stampa internazionale si sta consumando la tragedia  del popolo curdo, quello che abita il nord dell’Iraq. Najla, giovane donna irachena, studente in medicina, formatasi in Italia, fa ritorno in Iraq per ricongiungersi al suo amato, Sherko, giovane medico curdo, rientrato in patria (per definire il Kurdistan iracheno) per aiutare i combattenti curdi assediati dalle truppe del rais che sta perpetrando un vero e proprio genocidio nei confronti di quel popolo.

Il regista Fariborz Kamkari apre il film sulle immagini di repertorio dello storico abbattimento della statua del rais che viene giù nell’esaltazione generale vissuta come una liberazione e un nuova epifania. Era l’aprile 2003, ma la guerra non era affatto vinta, come la prosopopea americana aveva fatto credere con la messinscena del capo supremo, George Bush, a bordo della portaerei Lincoln, che dichiarò con tronfia sicumera: “missione compiuta!”. Ma de che? Verrebbe da dire, con schietta impertinenza, solo rielaborando ciò che è successo in questi sette anni.

Il film si dipana sulla falsariga di questa grande storia d’amore, stile Montecchi e Capuleti, donna sunnita e spasimante curdo, questo matrimonio non s’ha da fare! Con l’aggravante che questo rapporto già difficile, fra Najla e Sherko, assume i contorni del triangolo con l’entrata in scena di un generale fedelissimo al rais, Mokhtar, innamoratissimo della giovane donna medico.

Se un appunto si può muovere è proprio questo. I fiori di Kirkuk è, due film in uno, la storia di un genocidio e il dramma di un popolo, intrecciato con una grande storia d’amore. A volte l’amalgama riesce, in certi frangenti si avverte lo scollamento fra i due diversi piani narrativi.

Su tutto svetta la figura di Najla (Moriana Alaoui) grande eroina moderna, in lotta con i conflitti fra le diverse fazioni (sunniti e curdi) e con le credenze delle famiglie irachene che ritengono di poter ipotecare a piacere il futuro dei propri figli.

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