Teatro Vascello. “Don Giovanni” di Moliére, da non perdere. Recensione

ROMA  –  “Caro signor padrone… la vita che menate è da briccone!” Con tale ardire temerario, in un vortice di lirismo ed irresistibile ironia, il servitore Sganarello – Leporello nella versione dapontiana –, al termine della sua cavatina si rivolgeva al padrone, Don Giovanni, nella versione operistica di Wolfgang Amadè Mozart.

Il tema del contrasto tra Don Giovanni e Sganarello, in cui quest’ultimo bacchetta il proprio padrone in merito alla di lui condotta di vita, al pari del libretto del Da Ponte funge da trave portante pressoché in tutte le versioni in cui il personaggio creato da Tirso da Molina è stato ripreso tanto nel repertorio teatrale – da Goldoni a G.B. Shaw passando per Puskin – quanto in quello musicale ed operistico – da Gluck a Strauss passando per il già citato Mozart – .

Non fa eccezione questa versione di Molière, di cui Manuela Kustermann ha offerto un succulento adattamento, unito ad una traduzione originale seppur rispettosa del testo, ben supportata dalla pregevole regia di Alberto di Stasio e dalla scenografia di Stefano Di Stasio – di questi fratello –celebre quanto apprezzato pittore.

La scena si apre con la consueta tavola imbandita – elemento immancabile e sinistro presagio di “convitati” e spettrali presenze – sullo sfondo delle immagini visionarie di Di Stasio, spazio in cui prende vita il conflitto tra servitore e padrone, giocato dalla riverenza di Sganarello qua e là accesa da punte di zelante ardire, e dai severi, padronali accenti di Don Giovanni, magistralmente interpretati da Manuela Kustermann e Fabio Sartor. Da questo iniziale “dove” si passa quindi a remoti, suggestivi “altrove”, attraverso le avventure, per mari e per terra, in cui i due caratteri si trovano coinvolti. Prezioso davvero, in tal senso, l’adattamento della Kustermann, che offre grazia e levità ad un testo denso e complesso, agevole solo in apparenza. Ed è con questa levità che vengono rivelati i numerosi, grandi temi giocati in questo testo; vita e morte, amore e passione, lealtà e ipocrisia (proprio a questa ed al suo ruolo sociale viene dedicata, in una sorta di intermezzo in cui il pubblico viene coinvolto al riaccendersi delle luci, una sorta di “orazione civile” affidata alle parole di Don Giovanni; quasi una riflessione sul nostro tempo), ed infine il rapporto tra padrone servitore, e la devozione totale, assoluta, di Sganarello, per il truffaldino, impenitente donnaiolo. Trionfa la parola, e con essa la danza, l’ambiguità scenica del maschile-femminile, affidata alla stessa Kustermann ed alla brava Gloria Pomardi nei panni del Commendatore e del di lui spettro. Le musiche, tratte dal melodramma mozartiano, aggiungono grazia, laddove richiesta, e presenza drammatica. In questo insieme, lo spettacolo si rivela pregevole, riuscito, prezioso nella sua accezione più profonda. Godibile alquanto a da non mancare.

Su tutti, emergono le interpretazioni di Manuela Kustermann e Massimo Fedele; menzione speciale che ha intento di aggiungere, vogliamo precisare, non certo di togliere agli altri interpreti, tutti davvero bravissimi nel cimento di quest’opera che non possiamo che segnalare e – vivamente, fortemente – consigliare a tutti.

Al Teatro Vascello di Roma fino al 25 marzo
“Don Giovanni” di Molière
Traduzione ed adattamento – Manuela Kustermann
Regia – Alberto Di Stasio
Dipinti – Stefano Di Stasio
Personaggi e interpreti
Don Giovanni – Fabio Sartor
Sganarello – Manuela Kustermann
Gusman, Petruccio. Dimanche – Alberto Caramel
Don Luigi, Povero – Massimo Fedele
Carlotta – Laura Romani
Commendatore, Spettro – Gloria Pomardi

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe