Cannes 75. “Mariupolis 2”, l’inferno in cui è morto Mantas Kvedaravičius

CANNES (nostro inviato) A Cannes Hanna Bilobrova – la fidanzata e ora vedova di Mantas Kvedaravičius, il regista lituano andato a Mariupol per testimoniare l’aggressione russa e poi arrestato e fucilato dall’esercito di Putin, come ha raccontato la stessa Bilobrova, il 2 aprile durante l’assedio dell’ ormai tristemente famosa città martire– ha consegnato il girato, di cui è co-regista, del compagno Mantas.

Il film ora prende il nome di “Mariupolis 2”perché era stato concepito come il seguito di un primo lavoro cinematografico eseguito da Kvedaravičius nel 2016. 

La Bilobrova ha detto di non essere riuscita a spiegarsi perché mai sia stato ucciso il fidanzato, dal momento che era un civile ed era andato solo per fare delle riprese. Lo shock della tragedia subita è stato forte al punto che quando, per la promozione di Top Gun il film interpretato da Tom Cruise, sono passati sopra il cielo del Palais du Festival i jet dell’aeronautica francese, Hanna ha avuto un moto di sgomento e lacrime agli occhi perché le ricordavano i bombardieri di Mariupol.

Nel film non c’è musica, non c’è voce fuori campo, non ci sono titoli iniziali né di codama solo ammassi desolati di macerie, tra le quali girano esseri umani e i loro animali – un cane, dei piccioni – alla ricerca di  qualcosa che, nella miseria estrema, può venire utile. Rimbombano gli attacchi missilistici dei russi, i razzi si vedono chiaramente sulla zona di confine. Le persone tra loro commentano sconcertate la  follia umana. In chiesa, pregano e ringraziano Dio peraver permesso un giorno di vita in più. Si chiedono l’un l’altro: “Pensi che domani saremo morti?”.

Un’agonia sempre uguale, che comunica allo spettatore la tragedia, l’assurdità, la tortura di trovarsi in giorni interminabili, sotto assedio, nel continuo tuono delle bombe. Farsi da mangiare in paioli all’aperto, vagare tra i detriti per trovare i resti di quella che è stata la propria casa. Mantas e Hanna stavano insieme da cinque anni e vivevano a Kiev. Lei racconta di avere cercato lui inutilmente per cinque giorni quando non è rientrato da una spedizione dove era andato, senza timore, peaiutare delle persone. Ora si augura che il film che Mantas Kvedaravičius lascia in eredità dia la possibilità a ciascuno di riflettere.

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