I racconti di Versailles. Il mistero di Joséphine. Ventiduesimo

A letto, depressa per l’aborto che aveva avuto il 2 novembre 1783, giorno del suo ventottesimo compleanno, Maria Antonietta cercò di mettersi a sedere.

Madame Campan accorse a sistemarle i cuscini dietro la schiena e, sentendo di aver trovato la posizione, la regina disse:

Procuratemi qualcosa da leggere…

Avete un desiderio? – chiese Madame Campan

Una storia d’amore…

La dama di compagnia tornò con alcuni volumi. 

“Storia d’Enrichetta d’Inghilterra”… – lesse sua maestà e scosse la testa – non in questo momento…

La cameriera gliene porse un altro.

“Evelina” … di che parla? – Maria Antonietta la guardò dubbiosa

Delle traversie di una fanciulla che non può dimostrare la legittimità della sua nascita…

   La regina scrollò le spalle e Madame Campan le mostrò un romanzo con copertina in vitello marezzato, la sigla CT sul dorso che significava “Castello del Trianon”. 

Henry Fielding… “Amelia”… ? – s’incuriosì sua maestà.

Parla di un ufficiale che ha sposato Amelia contro la volontà della madre di lei… – spiegò la lettrice di corte – Amelia è una che ha coraggio… ed è anche bellissima…

Prendo questo – acconsentì la regina.

La pioggia batteva monotona, il fuoco acceso confortava, se una finestra veniva aperta si sentiva l’alito del bosco. Maria Antonietta non amava i libri ma da quando si era innamorata di Fersen cercava nei sentimenti dei personaggi un chiarimento ai suoi. Così aveva scelto come argomento quello di un amore al di fuori delle convenzioni. Indagava quelle storie per sognare, captare soluzioni e profezie. Osservando la fiamma delle candele esorcizzava: “Se si inclinano a destra Axel mi scriverà, a sinistra non lo farà”. Quando la magia non assecondava le sue aspirazioni, ricominciava. L’assenza dell’amato era un dolore simile al lutto per la madre: pensava spesso a Maria Teresa malgrado fossero passati tre anni. Le mancavano le sue lettere, la sua guida: quel vuoto silenzioso le toglieva il respiro.

***

Veniva a farle compagnia ogni giorno Yolande de Polastron, duchessa di Polignac, governante dei figli di Francia, preoccupata per i continui e misteriosi malesseri del piccolo Luigi Giuseppe, il delfino che ora aveva due anni.

   – La febbre sembra passata.

Se dovesse avere un altro attacco chiamatemi – si raccomandava la regina.

 Pensate a voi…

Maria Antonietta scuoteva il capo, per niente convinta delle rassicurazioni dell’amica. Luigi Giuseppe era talmente cagionevole di salute che il re non vedeva l’ora di mettere al mondo un altro erede.

Dopo la sua lettera – disse Yolande alludendo a Fersen – sembrate rinata… 

Ce ne ha messo a scrivermi però… mi chiama Joséphine, non è un nome segreto bellissimo? – mentre Yolande annuiva sua maestà continuò – Avete trovato una bambina che mangi con Madame Royale?

Sì, una figlia di contadini…

Madame Royale, o Maria Teresa Carlotta, primogenita di Maria Antonietta e Luigi, cresceva scontrosa e superba circondata da cortigiani deferenti che, per puro calcolo, la domavano con la lusinga: sua madre, preoccupata, per educarla alla sobrietà aveva chiesto di farla pranzare accanto a un’amichetta povera.

Portatemi mia figlia – comandò la regina.

Yolande obbedì scomparendo. Tornò tenendo per mano una bimbetta di circa cinque anni, il labbro superiore sporgente e imbronciato, l’aria permalosa. Guardava sua madre dritta senza mostrare soggezione.

Datemi un bacio… – Maria Antonietta sorrise.

La piccola si avvicinò esibendo la guancia, le labbra della regina vi si deposero.

E voi a me?

Madame Royale eseguì. Sua maestà si fece seria:

 – Vi ho fatto chiamare per dirvi che l’altro giorno sono entrata nella vostra stanza e i giocattoli erano talmente tanti che ingombravano il pavimento… ho pensato che la cosa migliore sarebbe regalarli ai bambini poveri.

I miei giocattoli? – protestò la piccola

Ne avrete altri…

Ma…

Sarebbe un atto di grande carità… non volete essere una bambina buona?

Madame Royale non rispose. Rivolta a Yolande, la regina ordinò:

Donateli in beneficenza, deve imparare… 

Gli occhi della figlia lampeggiarono di odio e, come spesso accadeva, desiderò la sua morte.

***

 Yolande de Polignac aveva su Maria Antonietta un forte ascendente: la regina pendeva dalle sue labbra. Era la confidente, la guida, la madre che non c’era più, e poiché non era una donna potente salvo per quello che l’era concesso, l’ingenua sovrana si affidava all’amica più che al consorte, delegandole non solo le preoccupazioni affettive ma anche le scelte culturali e politiche.

   Nel boudoir di sua maestà, al Trianon, le due trascorrevano pomeriggi complici.

Ho scritto a Fersen di tornare prima di re Gustavo… dice che è impossibile…

Mia cara Josephine – l’apostrofò scherzosa la Polignac – la fedeltà al monarca è fondamentale…

Maria Antonietta sorrise:

Lo vorrei vicino… soprattutto ora che mio figlio mi da pensiero.

Il Delfino guarirà…

Sono preoccupata anche per Madame Royale… l’abate Vermond mi ha raccontato che mia figlia, quando ha saputo della mia caduta da cavallo, ha detto che non le importava se fossi morta…

E’ piccola, non sa quel che dice…

Preferisce suo padre…

Come tutte le bambine… – poi Yolande deviò il discorso per distrarre sua maestà – sapete che Vaudreuil ha rappresentato Le nozze di Figaro nel suo teatro?

Nonostante la proibizione del re?

Intercedete per Beaumarchais… provate…

L’ostilità del monarca alla messa in scena dell’opera di Pierre Augustin Caron De Beaumarchais era dovuta al fatto che aveva per protagonisti un domestico e una cameriera che trionfavano sul padrone nobile.  “Ironizzare così sulle differenze di rango è pericoloso!” – pensava Luigi XVI – “ Di questo passo arriveremo alla rivoluzione!”. 

Dietro consiglio di Yolande, per fargli cambiare idea, Maria Antonietta gli mandò Madame Campan che raggiunse ogni notte il sovrano per leggergli l’opera.

Mostruoso! – commentava Luigi XVI – Terribile…

Le rappresentazioni di Figaro sono diventate una moda… – osava la lettrice – tutti la conoscono…

Non avranno mai il mio consenso!

Ma, alla fine, chiedendo venissero apportate modifiche che poi non controllò, il re di Francia cedette. Il volume trovò posto nella biblioteca del Trianon e la Commedie-Française  decise di mandare in scena “Le nozze di Figaro” il 27 aprile 1784.

***

Il 7 giugno di quello stesso anno, nella foresta di Rambouillet dove il re, eccitato e fiero, cavalcava per andare a caccia, il sole attraversando alberi secolari illuminò il terreno. Luigi guardò in alto ma, distratto da uno scalpitare di zoccoli, si volse e vide arrivare un messaggero.

Maestà, Gustavo III è a Versailles.

Contrariato dalla visita inaspettata del re di Svezia, il monarca comandò di rientrare al galoppo. Una volta a casa, essendo i domestici in libertà, si cambiò malamente perché non trovava le chiavi del guardaroba.

Una vera seccatura… – confidò alla moglie

Vi siete vestito per un ballo in maschera? – rise Maria Antonietta

Abbassando gli occhi lui notò le scarpe di diverso colore: “Oddio…” – sussultò – “per fortuna, mia moglie la sta prendendo bene”.

Luigi non poteva sospettare per quali motivi lei era così raggiante. La sovrana non vedeva Fersen da otto mesi e mezzo, aveva contato ogni ora, ogni minuto, pregato per rivederlo, e il bel ufficiale svedese era ricomparso prima di quanto sperasse. Il giorno dopo, a palazzo con il re di Svezia, Fersen fu ricevuto secondo etichetta e con onore.

 Il cuore della regina batteva, sembrava persino confusa: alto, snello, vestito di bianco, se avesse potuto gli sarebbe saltata addosso! 

Perché non alloggiate al castello con il vostro signore? – gli chiese emozionata

    La verità era che Gustavo III voleva risparmiare i cinquantamila luigi che, soggiornando a Versailles, avrebbe dovuto spendere in regali.

Il mio sovrano preferisce la semplicità – mentì il giovane – anche se ama tutto quello che è francese, la letteratura, i filosofi… come sapete ha abolito la tortura… è un re moderno…

– Non esagerate con la modernità… il marchese di Bombelles consiglia di indirizzarlo almeno all’hotel degli Ambasciatori.

Seguì un silenzio pieno di attese. Per allontanarsi dai cortigiani Maria Antonietta andò alla finestra, Fersen la seguì.

Josephine… – sussurrò tremante

Ho ricevuto ventisette lettere… – disse lei abbassando la voce – sono tutte quelle che mi avete scritto?

Sì, avevo giurato di non farlo ma è stato più forte di me.

***

Con l’arrivo del re di Svezia la salute del delfino Luigi Giuseppe migliorò. Felice e libera da impegni Yolande de Polignac decise di dare in onore di Gustavo III una cena nei suoi appartamenti. Si era preoccupata che la regina sedesse di fronte a Fersen ma quella sera sua maestà tardava. Passò un’ora. Lo svedese sembrava non interessarsi alle conversazioni, contrariato dal fatto che in quel periodo non erano mai riusciti a stare soli. Finalmente furono annunciati il re e la regina di Francia.

 Maria Antonietta entrando si scusò:

 – Non siamo riuaciti a liberarci prima…

La guardarono interrogativi.

Siamo stati alla Commedie-Française per “Le nozze di Figaro” – spiegò lei – era fissato da tempo…

Ne ho sentito parlare come di un’opera sovversiva… – Gustavo III meravigliato sedette a tavola.

Lo é – convenne Luigi – una commedia squallida, grossolana e immorale… ma qui tutti ne vanno pazzi.

Maria Antonietta sorrise bonaria:

Le francesi portano ventagli con versi di Beaumarchais…

O cappellini alla Susanna – la spalleggiò Yolande.

Cioè? – domandò re Gustavo

Con ghirlande di fiori come la sposa di Figaro…

La moda passa – commentò Fersen

Ma certe sono pericolose!  – Luigi XVI, accalorato, emise un colpo di tosse – a teatro le duchesse sono costrette a farsi largo tra comuni cittadine… per un nobile applaudire significa prendersi a schiaffi da solo!

***

La sera del 27 giugno 1784 il giardino inglese del Piccolo Trianon fu illuminato a giorno, i padiglioni risuonarono di musiche di Gretry, nel teatro della regina andò in scena “Il dormiente risvegliato” di Marmontel e a rappresentazione finita gli ospiti furono invitati a un banchetto con decine di portate: ammessi solo coloro che vestivano in bianco, come Fersen. Maria Antonietta, ansiosa di essere moderna agli occhi dell’aristocrazia svedese, si divertì a intrattenere i commensali conversando ai tavoli. 

Alle spalle di Gustavo III e dell’amante, con aria civettuola, alzò un calice:

Brindo per rivedervi al più presto…

Potete contarci – il re di Svezia toccò il suo bicchiere – Mai visto un ricevimento così! Ricorda la danza degli spiriti…

       Fersen si alzò deferente:

 Maestà, il re mi ha appena detto dell’appannaggio concessomi… vi sono molto grato… 

        – Non aggiungete altro – lo bloccò Maria Antonietta – voglio che viviate alla corte di Francia all’altezza del vostro rango.

Il giovane le sfiorò la mano con un bacio. 

Domani notte… – bisbigliò

 La regina fece un cenno d’assenso.

***

Arrivò al Trianon alle tre del mattino, accompagnato dalla sinfonia delle cicale, assaporando il profumo dei campi e dell’ acqua.  Nascosto il cavallo, Fersen entrò senza rumore. Pochi giorni alla partenza e finalmente, miracolosamente, soli.  Non dormirono.  

Anche dopo l’amore continuarono a parlare. Maria Antonietta, allacciata a lui, pensò che sapeva di latte come un bambino. La sua vicinanza le dava sicurezza.  Cullata da quella voce serica e virile, il capo sulla sua spalla, avrebbe fermato il tempo.

– Non amo essere il favorito di Gustavo III – raccontava Axel – E’ uno statista colto e raffinato… ma impone al suo entourage ritmi sovrumani, vuole vedere tutto, provare ogni piacere… 

– Voi no?  Ho saputo di una certa Emily che ha dato ricevimenti meravigliosi… una signorina che avete apprezzato molto…

Lui capì l’insinuazione, pensò che era vero ma chi segretamente contava era solo “Josephine”.

– Ve lo ha detto il re?

La regina annuì. 

Sciocchezze… – Fersen deviò il discorso – sono stato felice di incontrare le vostre sorelle Amalia e Carolina…

E mio fratello?

L’imperatore è una persona squisita…

 – Luigi XVI e Giuseppe II – si infervorò Maria Antonietta – litigano per la foce dello Schelda. Giuseppe vorrebbe riaprirlo per avere uno sbocco, gli olandesi si oppongono e Luigi sta dalla loro parte! Una disgrazia trovarsi tra due fuochi… alle persone care io vorrei fare solo regali … 

Come il mio appannaggio? Vi servirò per meritarlo… anch’io voglio farvi un dono…  un cagnolino…

– Magnifico! Ma non deve essere piccolo…

Ne troverò uno in Svezia, identico al mio Odin…

***

Il 20 luglio 1784 Axel Von Fersen riparti.  La regina cadde in uno stato di rassegnata apatia: le ore non passavano, un giorno sembrò un anno. Quanto avrebbe aspettato? Tornò dal marito a Versailles, si impegnò a difendere la causa austriaca per l’accesso al fiume Schelda. Finché, poco più di un mese dopo, un fatto nuovo, auspicato ma non in quel momento, la gettò in un dubbio angoscioso.

   Si confidò con la duchessa di Polignac. 

Sono incinta….

Perché quell’aria triste?

Maria Antonietta non rispose.

– Quando Luigi XVI lo saprà, sarà al settimo cielo – esclamò l’altra raggiante – questa volta non abortirete, state certa!

     La regina ricordò come, all’acme del piacere, avesse pensato a un figlio con Fersen, ma solo in teoria.

– Yolande, mi voglio confessare…

La Polignac, vedendola affranta, capì che se il sospetto era fondato, Luigi e Fersen, entrambi chiari di pelle e di capelli, avrebbero lasciato un marchio simile.

– Nemmeno io ero sicura del padre… ma solo Dio conosce la verità. Avete dormito con Luigi?

– Certamente! Più di prima… 

– E allora il problema non esiste: maestà benedite la vostra creatura!

Maria Antonietta e Fersen. Parlano gli storici. Video in francese

 

   

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