Libri. Stefan Zweig. “Balzac. Il romanzo della sua vita”. Recensione

PARIGI – Nato a Tours, nella provincia francese, nel 1799, con il cognome di Balssa e nessun titolo nobiliare – si appiccicò lui l’aristocratico “De” nel desiderio di elevarsi terrenamente – Honoré De Balzac ebbe una vita burrascosa e non troppo dissimile dai suoi personaggi.

In una biografia che si legge come un romanzo Stefan Zweig, grande scrittore, ci racconta l’avventura del collega senza sconti, senza divismi, mantenendolo in una grandezza umana, non scevra da elefantiaci difetti che lo rendono più vero e vicino.

Andato ventenne alla ricerca di fortuna a Parigi, dopo aver stipulato con la famiglia un contratto nel quale, si affermava, sarebbe stato mantenuto dai suoi per due anni per divenire autore di successo, Balzac non lo raggiunse e si ridusse a pennivendolo di bassa lega, a “negro”, sbarcando il lunario con la sotto-letteratura. Stava allo scrittoio sedici ore il giorno. “Neppure la congrega dei balzacomani riesce a dar conto di tutto ciò che Balzac scrisse in quella fase di schiavitù letteraria”, afferma Stefan Zweig. Di quel tempo, dove nulla di ciò che produsse è arte, c’è un vademecum su come pagare i debiti e soddisfare i creditori: sistema che Balzac, eterno bancarottiere, non imparò mai. La sua catastrofe iniziò in gioventù, quando tentò la strada dell’editore, riuscendo a smerciare dopo un anno solo venti esemplari di un’opera che era stata valutata “ di massa”. Dopo stravaganti iniziative ammontava a centomila franchi la somma dovuta ai creditori, a causa della quale cercò rifugio tra le braccia dell’amata.

La prima donna di cui s’innamorò Balzac all’età di ventidue anni ne aveva quarantacinque, la coniugata Laure De Berny, che fu sua amante per due lustri e cara tutta la vita. Lo scrittore aveva una predilezione per le donne molto più vecchie, influenzata dal terribile rapporto con la madre biologica, la quale, messo Honoré al mondo, lo rifiutò, lo fece allevare altrove, lo rinchiuse in collegio e, una volta uscito, lo tenne a distanza persino in casa. 

Inoltrandoci nella conoscenza di Honoré De Balzac scopriamo come la scrittura per lui non fu mai un fine, piuttosto un mezzo per raggiungere il successo e la stabilità economica, le sue opere più alte furono redatte sotto l’incalzare dei debiti. Malgrado avesse chiaro in mente la costruzione della “Commedia umana”, titolo ripreso da quello dantesco, la parabola balzachiana è un mortale colpo inferto all’arte quale offerta spirituale . 

Balzac fu capace di circondarsi di negri che redigessero per lui un’opera teatrale in una sola notte: follia che fece fiasco. Eppure, nonostante la cialtroneria, ci ha lasciato dei capolavori. Per dirla con Marcel Proust: “ L’arte se ne frega della moralità”, in altre parole dei nobili sentimenti. In Balzac era fatta di carne, sangue, piaceri e dolori. Umana e priva di clichés. Non a caso i grandi artisti difficilmente sono incasellabili. A trent’anni lo scrittore non era nessuno, ma aveva accumulato una tal esperienza tecnica che, dodici anni dopo, annoverava oltre un centinaio di libri, oltre duemila personaggi della “Commedia umana” – poveri, ricchi, aristocratici, candidi, sciagurati – colossale affresco della genesi psichica del capitalismo.

Del mondo che Balzac racconta ha molti tic lui stesso: adora l’arredamento pacchiano, i panciotti di broccato, le marsine azzurre con i bottoni d’oro, i bastoni stravaganti e costosi. Sul suo modo di agghindarsi sono giunte sino a noi molte caricature d’epoca. Perennemente alla ricerca di una moglie milionaria che gli risolvesse il problema economico, per dieci anni ebbe una storia con una principessa ucraina che fa invidia a un romanzo di appendice. Tralascio volutamente di dirvi se riuscì a sposarla.

Morì nella notte tra il 17 e il 18 agosto del 1850. Aveva vissuto fino all’ultimo respiro, tutto si può dire meno che non sia stata una straordinaria avventura. Il modo in cui la racconta Stefan Zweig è emozionante. 

Stefan Zweig

Balzac. Il romanzo della sua vita

Pag. 331

Elliot editore 2015

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