Libri. “IN C. Opera aperta”. Guida al capolavoro di Terry Riley

L’essenza del minimalismo nella celeberrima opera “aperta” IN C di Terry Riley.

Per la prima volta un saggio analitico sull’opera, il compositore, il contesto e i legami tra musica, storia e filosofia rende merito a quella che, prima ancora che una corrente, fu una predisposizione dell’animo. Interattiva, libera, emotiva, sociale, atonale, atemporale e polistrumentale, il capolavoro del “guru” Riley, tutt’ora in attività come musicista, autore e docente di musicologia nelle più prestigiose università americane, viene sviscerato in ogni dettaglio da un critico, saggista e appassionato che di musica contemporanea se ne intende non poco: Federico Capitoni. 

In questo prezioso saggio pubblicato da Arcana, lo studioso parte dalla preistoria del minimalismo musicale, emblema del ritorno all’elementarità perduta e di un nuovo concetto ontologico del tempo per scandagliare le caratteristiche dei più noti precursori della materia collegandoli – sulle nozioni di ripetizione, lunghe durate e mezzi minimi, addirittura ai canoni di Bach, ai divertissement di Rossini o ad operazioni mono-note di Scelsi (e perfino, osando, di Elio e le storie tese). Se La Monte Young influenza ampiamente Riley con la sua “drone music” giocata su cluster lunghissimi (i due peraltro si conobbero, frequentarono e collaborarono insieme a progetti innovativi), questi va oltre, cercando di amplificare il tempo sulla stimolazione percettiva sia dei musicisti, ognuno dei quali libero di improvvisare su una partitura predefinita, sia del pubblico, che ingloba cronologicamente la stessa ripetizione di una nota in forma e modo diverso, a seconda del suo istinto emotivo istantaneo e mnemonico. Dalle ispirazioni del jazz moderno alle coesioni con i raga e la musica sufi, tutto è lecito nel minimalismo – da Reich a Cage, da Nyman a Ravel, Capitoni ci istruisce – e lo fa con terminologie chiare e sintetiche – sul senso di un movimento spirituale colto sprigionatasi prevalentemente negli anni Cinquanta e Sessanta, e sulle emblematiche connessioni tra nozioni filosofiche (Locke in primis) ed empatie sociali. 

Prima ancora di arrivare all’happening di Cage, dove il rumore, il silenzio, l’assenza di partitura e il gioco improvvisato interattivo sono all’ordine del momento, l’opera IN C di Cage, concepita in un paio d’ore su un autobus nel 1964 e fatta conoscere al pubblico nel 1968, anticipa una grande rivoluzione nel percorso simmetrico fino allora portato avanti dai musicisti “classici”. E non è un caso che le sue successive composizioni, proprio a partire dalla sua tecnica di “time-leg accumulator” (sovraincisioni su un nastro a ritmo rallentato per generare un leggero ritardo) e di ripetizione di una nota in varie interpretazioni abbiano generato un vorace interesse per gruppi rock, psichedelici e progressive in particolare.

Proseguendo nella lettura, Capitoni analizza IN C a partire dalla sua genesi, fino alle oltre quaranta incisioni attentamente ascoltate dall’autore, nella loro diversificata produzione, realizzazione e sintesi di ascolto. Un lavoro da certosino che ci spiega, proprio come anticipa il suo autore, come il capolavoro di Riley non sia stato il primo pezzo del minimalismo ma il primo che ha spiegato alle persone come realizzarlo. La vera novità di questa opera scritta su un solo foglio e contenente 3 pattern con una sola nota, il do (C) appunto, sta nell’aver collegato diverse sperimentazioni messe in campo fino a quel momento, unendo insieme alcuni separati criteri: una strumentazione non stabilita in primis; l’assenza di indicazioni metriche (per quanto Riley decida, in fase di incisione, di affidarsi al pulse di una percussione di pianoforte su do alto per scandire il ritmo); la ripetizione di una stessa nota e la durata ad libitum (si potrebbe andare avanti per giorni…). Le cellule (pattern) scritte da Riley sono eseguibili a piacimento con ritardo ma sempre secondo sequenza e i musicisti (secondo il compositore almeno 35) possono essere illimitati. La contraddizione tra partitura di pattern precisi e improvvisazione soggettiva aperta è alla base di questa invenzione geniale che vuole mettere in rapporto gli stessi esecutori, che hanno il continuo obbligo di ascoltarsi pur improvvisando e dinamizzando il suono in crescendo e diminuendo, come anche gli ascoltatori, ispirati – a seconda dell’interpretazione momentanea – da nuovi stati d’animo. 

Il rapporto tra intelletto e passione, come anche l’esplorazione delle specifiche battute scritte nella fatidica pagina rileyana, sono gli elementi che, a nostro avviso, catturano maggiormente il lettore di questo saggio, costruito con amore e passione e con una rigorosità culturale tale da permettere anche ad un neofita di approcciarsi al minimalismo “democratico” di cui parla Capitoni e soprattutto a generare indubbiamente un’univoca curiosità all’ascolto – sia su disco che dal vivo (e per fortuna IN C è una delle opere contemporanee tutt’ora maggiormente eseguite) – di un capolavoro oltre ogni limite storico, geografico e di genere musicale.

Federico Capitoni

IN C, OPERA APERTA

Guida al capolavoro di Terry Riley

Arcana, 2016

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