Libri. “L’estate del mirto selvatico” di Gian Luca Campagna. Il Circeo si tinge di nero. Recensione

Federico Canestri è uno che sa vivere solo di emozioni forti. Il quotidiano lo spegne, glielo rimprovera sempre la sua ex moglie. Sarà perché è uno scrittore, sarà perché è un sognatore, ma Federico, spesso, vive una realtà tutta sua, lontana dagli altri. È proprio lui il protagonista di “L’estate del mirto selvatico”, l’ultimo romanzo di Gian Luca Campagna, edito da Fratelli Frilli Editori. 

Non è un bel periodo per Federco, intrappolato in un blocco creativo e in una crisi di valori e di identità che lo attanaglia. Almeno finché, per caso, non legge che in una cavità del monte Circeo è stato trovato il corpo di un adolescente ormai ridotto a uno scheletro. In un istante Federico torna con la memoria a un’estate di molti anni fa. Era il 1990, quando, adolescente, Federico, detto Barabba, capeggiava con coraggio la banda dei buoni che si fronteggiava periodicamente con quella dei bulli. Quella è stata l’estate che, almeno una volta nella vita, proprio tutti vivono. L’estate del passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Quando ancora non esistevano i mondi virtuali che oggi sembrano imprigionare soprattutto i cosiddetti nativi digitali. 

Quell’estate, apparentemente spensierata, per Federico è stata segnata da tanti avvenimenti. L’amore, l’amicizia, il difficile rapporto col padre e, infine, la scomparsa dell’amico timido e impacciato, detto Dracula. Potrebbe essere proprio il suo lo scheletro ritrovato al Circeo. In cerca di nuove motivazioni e nuovi stimoli, Federico si getterà a capofitto in un’indagine personale, alla ricerca di tutti gli amici di un tempo, per scoprire cosa può essere successo all’adolescente ritrovato morto e se è proprio l’amico scomparso che Federico sembrava aver dimenticato da molti anni. Tra rivelazioni, segreti e tradimenti, Federico sarà avvolto da una spirale di nuove terrificanti consapevolezze su se stesso, suo padre e gli amici di un tempo che ormai credeva lontani per sempre, ma che, proprio come lui, forse non sono mai cresciuti realmente dopo quel 3 luglio 1990.

Scritto attraverso la tecnica di un doppio piano narrativo e temporale, diviso tra passato e presente, questo nuovo romanzo di Gian Luca Campagna ha un’impronta così personale e originale, da riportare molti lettori alle estati della propria adolescenza. Il mistero irrisolto, che sbuca fuori dal passato, strizza l’occhio al miglior Stephen King di sempre, districandosi dalla matassa paranormale del maestro americano e dimostrando come l’orrore, quello vero, è insito nell’animo umano e può fare molta più paura del peggior mostro immaginario. Inoltre, la maggior capacità dell’autore sta nell’aver ripercorso cosa significava essere adolescenti negli anni Novanta, decisamente diverso da ciò che accade oggi e nell’aver inserito in quel contesto un intricato giallo dal risolvere. L’atmosfera di quegli anni è ricostruita con grande naturalezza. Quando i segreti non erano ripresi da nessun telefonino e non venivano condivisi su nessun social, ma, più grandi erano, e più restavano sepolti nei cuori dei protagonisti. Pulito, diretto e senza tempo, lo stile di Gian Luca Campagna è ammaliante e ipnotico proprio per la sua semplicità, anche di contenuti. Una storia normale, una storia di tutti che, improvvisamente, vira verso il nero più nero. E torna a bussare alla porta dei protagonisti di un tempo, oggi adulti, ma pur sempre irrisolti.

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