Libri. Il Principe delle Arene Candide. Recensione

In uscita il 27 agosto il nuovo libro di Massimo Granchi, scrittore di origini sarde, senese di adozione, fondatore nella città del Palio de Il gruppo degli Scrittori Senesi di cui è Presidente da molti anni e con il quale diffonde la cultura e le tradizioni senesi. 

Uscito per i tipi Arkadia, Il Principe delle arene candide ci trasposta in altri spazi e in un tempo sospeso dove ogni personaggio entra lentamente dentro di noi con caratteristiche ben definite e riflette archetipi presenti nella nostra memoria conducendoci ad una profonda conoscenza dell’altro.

Parlando della nonna, la nonna per eccellenza, la descrive con poche incisive parole che ce la mostrano prima nella fisicità, poi con altrettante efficaci parole ce ne offre una visione esaustiva interiore in maniera concreta e fluida:

“La pelle bianca tirata sui suoi lineamenti sembrava quella di una vecchia bambina. I capelli sciolti sul cuscino, disegnavano intrecci d’argento”. E: “Abbi fede. Andrà tutto bene. Qualsiasi cosa succeda, tu sarai sempre mio nipote”. 

Con questa immagine si dipana una storia che parla dell’amore, di cosa è fatto, di cosa si nutre, un viaggio dove i personaggi e i dettagli dei luoghi sono pennellate che emergono dalle pagine e si fissano nella mente del lettore mentre costruiscono la storia momento per momento.

Ogni personaggio respira e agisce in maniera indipendente ma tutti si trasmettono qualcosa e interagiscono attraverso le parole di chi li sta raccontando. Per ciascuno di loro abbiamo una immagine diretta e un riflesso bellissimo e tenero di chi li ha amati e li ama nell’interiorità, come accade per la nonna, una figura impressa nella mente come una fata creativa e positiva.

“Anche dopo la sua morte, ho avuto l’impressione che lei mantenesse la parola, dimorasse dentro le porte o le tende come le fate, si sedesse di notte sul mio materasso per assistermi”.

La scrittura di Granchi è immediata, semplice  eppure connotata di grande raffinatezza stilistica e di un senso del bello che emerge di parola in parola. Leggendo il suo libro si ha la sensazione di ascoltare i Notturni di Chopin, che evocano atmosfere sognanti che descrivono in modo appropriato situazioni e avvenimenti. Una prosa capace di trasformare la quotidianità in poesia.

“Quando ho compiuto nove anni e sono stato iscritto alla quarta elementare, ho avuto molte occasioni di rimanere in solitudine. Era emozionante e appagante. Molte esperienze assumevano le tinte variegate dei miei pensieri e non mi ha mai spaventato restare solo”.

Verità nascoste, sentimenti che emergono e fantasie magiche che accompagnano il passaggio dall’infanzia all’età adulta.

“Immaginavo che la mia bicicletta fosse un destriero di metallo lucido che cavalcavo con audacia”.

Fra le pagine oltre al tradimento, al lutto, all’amicizia emerge anche la violenza, perpetrata nei confronti di una donna che sopporta occhi neri e maltrattamenti in virtù di uno stereotipo che vuole gli uomini maledettamente maldestri.

L’autore non ha paura di sondare le parti più intime della psiche e affronta ogni argomento con intensità e profondità senza mai essere pesante o ridondante, anche quando intraprende un cammino di conoscenza della realtà attraverso le percezioni legate alla separazione dei genitori, già intuita precedentemente ma impossibile da realizzare fin quando non si è palesata.

Tutto il testo mostra una scrittura matura, con uno stile espressivo che denota grande padronanza del mezzo letterario dove l’architettura delle parole si fonde in perfetta armonia con i sentimenti  senza mai esasperare i fatti e la narrazione ma con una descrizione capace di suscitare la curiosità del lettore dalla prima all’ultima pagina e con il grande merito di rendere migliore chi legge illuminando la via alla scoperta delle fate, dei principi e dei molti personaggi che vivono in ciascuno di noi.

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