Libri. Storie vere di cani veri. “Dox, super commissario della Squadra Mobile”

Il pastore tedesco Rex protagonista dei telefilm polizieschi è ovviamente frutto della fantasia degli sceneggiatori e del regista della serie televisiva austriaca.

Ma non tutti sanno che un Rex autentico cane poliziotto, addirittura graduato, ha militato nei ranghi della nostra Polizia di Stato arrivando a conquistare il grado di commissario e con questo è andato legittimamente in pensione. Si chiamava Dox. Il cane poliziotto Dox, quello vero, non era meno bello di quello televisivo, che per quel ruolo da protagonista fu scelto fra decine di candidati, e non era meno bravo del suo omonimo che come attore fu scelto dopo decine di provini ad altrettanti cani adeguatamente addestrati. Dox era di proprietà della Polizia di Stato, che dispone di unità cinofile impiegate nella lotta alla delinquenza, nella caccia agli stupefacenti, nella ricerca di persone scomparse dopo un evento catastrofico. 

Viste le particolari doti da “investigatore”, Dox uno splendido esemplare di pastore tedesco con tanto di pedigree, era stato assegnato alla Squadra Mobile di Roma e affidato al brigadiere Maimone, un sardo di poche parole che sulla scena del crimine si rivolgeva più al suo cane che ai colleghi poliziotti che lo avevano fatto intervenire. E ogni volta Dox con il suo infallibile fiuto faceva ritrovare l’arma del delitto, oppure un oggetto importante per le indagini o seguiva la pista di un fuggiasco guidando le pattuglie sguinzagliate alla sua ricerca. La specialità di Dox era il naso: grosso come un tartufo, sempre umido per le continue linguate, quand’era in azione potevi scommettere che non avrebbe fallito nella caccia al colpevole. E Maimone sempre dietro a guidarlo ma pronto a seguire ogni indicazione venisse dal suo cane. 

Poi, c’erano i momenti di relax. Spesso nella sala stampa della Questura a tarda sera Dox dava spettacolo. Era un’iniziativa promozionale del suo conduttore: davanti ai reporter che per i giornali quotidiani seguivano la cronaca nera, Dox si produceva in una serie di giochetti che lasciavano tutti a bocca aperta. Maimone gli mostrava un oggetto qualsiasi, un mazzo di chiavi o un pacchetto di sigarette, e gli chiedeva: “Dox di chi sono queste chiavi?” Il cane le annusava poi faceva un giro fra i presenti e col muso indicava la persona giusta, senza sbagliare mai. 

Oppure il brigadiere andava a nascondere un oggetto personale di uno dei presenti nel cassetto aperto della scrivania di una stanza alla fine di un lungo corridoio nei meandri degli uffici di polizia, deserti data l’ora. Poi tornava da dove era partito e dava al cane l’ordine di andare a cercare quello che gli aveva fatto fiutare. Dox partiva deciso e dopo pochi minuti tornava dal suo padrone con l’oggetto fra i denti. Tutti applaudivano entusiasti e il cane mostrava chiaramente di apprezzare gli applausi. Non sarebbe mai andato in televisione ma si sentiva comunque un personaggio da spettacolo. 

In quegli anni di Dox parlavano spesso i giornali anche all’estero e si sprecavano le fotografie che lo mostravano “in azione”, naso a terra, orecchie dritte, coda tanto lunga che strusciava per terra. Quando per raggiunti limiti d’età Dox fu mandato in pensione, il suo brigadiere se lo fece assegnare, si dimise dalla Polizia e aprì una scuola privata di addestramento per cani-poliziotto. E quando Dox, carico di anni e di acciacchi, chiuse gli occhi ebbe l’onore di un monumento in bronzo che ancora si può vedere nel giardino della scuola che fu il suo ultimo “palcoscenico”, dove faceva da istruttore ai cuccioli in addestramento. Solo qualche anno dopo sarebbe arrivato il Dox televisivo, anzi Rex.

Da “20 storie vere di cani veri” di Sandro Marucci, La Quercia edizioni 2021 – 9

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