Libri. Storie vere di cani veri . “Hope, il labrador che voleva fare il vigile del fuoco”

Lo ha chiamato Hope, in italiano “speranza”, perché da bravo vigile del fuoco volontario aveva davvero sperato di far diventare quel suo delizioso cucciolo di labrador il componente di una delle tante unità cinofile, che vedeva spesso operare sul luogo degli interventi di soccorso fatti dagli uomini e dai cani del Corpo al quale era fiero di appartenere.

Il giorno in cui è arrivato a casa Hope era un batuffolino di pelo che a stento stava dritto sulle quattro “zampotte”. Dopo dieci giorni era un adorabile cucciolino con l’argento vivo addosso, di cui il giovane padrone conteneva a stento l’esuberanza. Dopo un mese, uscito definitivamente dalla fanciullezza, era diventato un “cagnottone” dal fisico tanto armonico che era una bellezza ammirarlo,  anche da lontano. 

Il vigile del fuoco, che per quel cane di belle speranze nutriva serissime ambizioni, aspettava solo il momento per tentare l’avventura. E un giorno Hope, che sembrava sapesse di avere un nome bene augurante, tanta allegria e gioia di vivere sprizzava da tutti i pori, fu chiamato alla grande prova. Per diventare un vigile del fuoco a tutti gli effetti, un cane che ne abbia il fisico, deve seguire un lungo addestramento e superare vari step a dimostrazione di possedere le qualità, fisiche e psicologiche, richieste dal ferreo regolamento del Corpo. Lo vedevi partire la mattina già bardato con un collare particolare, e avviarsi alla sua scuola con l’entusiasmo di un bambino delle elementari. Sono passati giorni, l’addestramento si faceva sempre più impegnativo. 

Fra le materie di studio di particolare importanza, è quella che fa di un cane vigile del fuoco un esperto nella ricerca e nel soccorso di persone scomparse nel crollo di un edificio, durante un terremoto, o una calamità che abbia colpito soggetti fragili come gli anziani o gli ammalati. Li vediamo spesso in televisione i cani che rovistano fra le macerie o sotto la neve guidando i soccorritori nella ricerca di sopravvissuti. Anche Hope sarebbe presto diventato uno di quei cani straordinari: il padrone già si vedeva intervistato al telegiornale avendo accanto il suo labrador, anche lui in divisa con la gualdrappa dei Vigili e la coccarda con la fiamma. 

Ma le cose non sono andate così. All’ennesima visita attitudinaria, al povero Hope il veterinario scopre una magagna: un problema ad una zampa che avrebbe col tempo pregiudicato il movimento, soprattutto in situazioni di emergenza. Quel giorno cane e padrone tornano a casa, è il caso di dirlo, tutte e due con la coda fra le gambe. Successivamente sono stati fatti altri controlli ma alla fine il responso è stato negativo: Hope non poteva entrare nel corpo dei Vigili del Fuoco, non aveva il fisico adatto. A dispetto del nome, il suo caso era senza speranza. 

Ma il cane non se l’è presa molto. Anzi sembrava contento di non dover affrontare ancora tutti quegli esercizi ai comandi dell’istruttore. Da aspirante vigile del fuoco è diventato effettivo del divano di casa, dove passa molto del suo tempo a guardare in televisione i cani da salvataggio, impegnati sulla scena dei disastri. Un vicino di casa ha, malignamente, insinuato che Hope ha fatto apposta a manifestare la sua presunta infermità, per farsi escludere dal corso: insomma che avrebbe “marcato visita” come il soldatino lavativo delle barzellette. Ma è, appunto, una malignità.

Da “20 storie vere di cani veri” di Sandro Marucci, edizioni La Quercia 2021 – 15

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