Assenza: Maurizio Gabbana presenta immagini foriere di libertà e spiritualità

Palazzo Merulana, sede della Fondazione Elena e Claudio Cerasi ha ospitato a Roma il 16 dicembre la presentazione di “Assenza”: un volume edito da Antiga, dove si illustra il nuovo progetto del milanese Maurizio Gabbana che propone un’innovativa “fotografia filosofica”.

Ha moderato abilmente l’incontro, la giornalista Annamaria Barbato Ricci, che ha introdotto gli ospiti: Annalisa Di Domenico, curatrice e professoressa di filosofia, Rosario Giuffrè, professore di architettura e Andrea Dusio, critico d’arte. Un percorso ideale collega questo stile al precedente studio – “Dynamiche infinite” – presentato, nel 2020 alla Triennale di Milano, basato su sovrapposizioni di luce e immagini analogiche, qui, al contrario, l’autore ha voluto sperimentare l’effetto dell’omissione formale attraverso la luce. Spiega Maurizio Gabbana: «L’assenza nasce da un’istanza interiore che vuole rispondere al vuoto valoriale ed esistenziale che accomuna le nostre vite prive di un substrato etico e spirituale. Mosso da questo anelito – racconta – approfittando della quiete del lockdown, ho scelto, tra il mio archivio personale, le immagini più rappresentative e le ho svuotate del movimento, dei colori, delle architetture, delle forme e figure umane, lasciando soltanto delle sagome: una ricerca del bianco e della luce dove la figura umana è ridotta a un contorno per enfatizzarne la mancanza di doti». Conferma questa interpretazione la professoressa Annalisa Di Domenico: «Questo lavoro trasmette il disagio dell’assenza e della mancanza non astratta ma fisica, che è possibile trasformare in un’opportunità di ricostruzione: l’uomo non rappresenta una figura, ma il senso stesso dell’esistenza».

Per il giornalista e critico d’arte Andrea Dusio: «Il lavoro di postproduzione operato da Gabbana rappresenta un’ibridazione della realtà che lo assimila al “pittoricismo fotografico” che ha come scopo di creare altro da sé; – aggiunge – mentre, qui, l’autore ha volutamente operato di sottrazione, producendo opere che riecheggiano “I paesaggi anemici” di Mario Schifano e si riducono al tratto: uno svuotamento che rivela, in realtà, una scelta valoriale compiuta dall’autore, che ha deciso cosa cancellare». Per l’architetto Rosario Giuffré, profondo conoscitore della produzione di Gabbana: «L’opera dell’autore ha una funzione “artistica artigianale”, che ci invoglia a guardare oltre le sue stesse immagini, dalle quali traspare una necessità di andare oltre la forma, alla ricerca di una spiritualità e fede cui siamo disabituati; -prosegue – sollecitando un “discorso sotteso”: un procedimento di lettura che richiama le due ipotesi del Ricouer di traduzione e trasduzione, come processi di richiamo e risignificazione dell’inattuale in attuale rimodellato, anche mediante l’effetto della luce». 

L’ultima parola spetta all’autore: «Questa produzione rappresenta una scelta provocatoria, sia dal punto di vista artistico, ma anche sentimentale, umano e religioso. Il decostruire, il sottrarre, consente a chi guarda di ritrovare ciò che gli manca e ricerca, in modo innovativo». Originale è anche la presentazione delle settanta immagini del volume, intervallate da pagine bianche e prive di titoli, per lasciare al fruitore, la libertà di pensare fuori dagli schemi. All’osservatore che ammira: la statua di Minerva, simbolo dell’Università “La Sapienza”, in un mare di bianco metafisico; il Duomo che svanisce in un bianco senza fondamenta, rimane un senso di meraviglia, in senso Aristotelico: uno stupore foriero di autentica libertà. E non resta che attendere marzo, mese in cui è prevista l’esposizione romana di “Assenza” per valutarne il favore del pubblico. 

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