Gianni Mattencini pubblica “Taceranno anche i passeri”

Un romanzo investigativo che rivoluziona i canoni del “giallo”

“Taceranno anche i passeri”: a che cosa allude il titolo? 

È tratto da un verso del poeta premio Nobel per la letteratura Juan Ramon Jimenez. Alcuni versi del poema sono riportati in esergo del libro. Il titolo allude al “Viaggio definitivo”, in questo caso il suicidio del protagonista d’apertura del romanzo, ma anche alle reticenze con le quali sono costretti a misurarsi gli investigatori del romanzo nel corso delle indagini.

A chi consiglierebbe il suo giallo?

A tutti. Spero di poter dire di contribuire anch’io a liberare il romanzo dall’impronta riduttiva che la definizione “giallo” ancora tradisce. Per questo, dovendo stringersi in una definizione, preferirei parlare di romanzo investigativo. In origine, il “giallo” indicava quel romanzo Mondadori dalla copertina gialla, appunto, acquistabile a poche lire anche in edicola, scritto in velocità, generalmente d’ambientazione poliziesca, povero di descrizionfoto mia.jpege ambientale, dai personaggi macchiettisticamente abbozzati. Un lavoro, insomma, poco curato nella forma e nel lessico, destinato, per lo più, a essere letto anche distrattamente e a singhiozzo. Pian piano, però, il genere s’è evoluto e oggi indica quei romanzi in cui si svolge una trama intricata che evolve verso una soluzione inattesa. Nel contempo, s’è arricchito d’un linguaggio strutturato; di personaggi presentati con spessore introspettivo; d’una ambientazione solidamente descritta e temporalmente ben orientata. Insomma, il giallo s’è fatto romanzo e contende spazio e attenzione agli altri generi letterari per definizione più blasonati.

Come mai ha scelto di ambientare il suo romanzo in piena epoca fascista?

Questo nuovo romanzo, ambientato in Bari nella primavera del 1926, dà continuità alla ricerca avviata col precedente, “L’onore e il silenzio”, ambientato, invece, in un remoto paesino calabro nell’autunno del 1924. Al centro di entrambe le vicende v’è un microcosmo: i componenti della Squadra ponti in ferro delle Ferrovie dello Stato, che si misura con eventi di passaggio epocale del regime politico del ventennio fascista. Da un canto l’aria nuova, le vantate “finestre e porte aperte”, dall’altra il coesistere di credenze ataviche – l’affidarsi alla magia per la soluzione dei groppi sentimentali – i risvolti delinquenziali dell’arte fotografica, il sopravvivere di forme di malaffare pubblico.

C’è un personaggio nel quale si identifica maggiormente e perché?

Tutti i personaggi sono figli di un’unica mente: la mia. A ciascuno di essi sono legato in ugual modo e la ragione è evidente: essendo tutti parte di me, in ognuno vi è una traccia della mia personalità. Al contempo, per uno strano fenomeno di partenogenesi, i personaggi di un romanzo (non soltanto i miei, voglio dire, ma quelli di tutti) acquisiscono una sorta di autonomia vitale che incuriosisce lo stesso autore chiamato a entrare in dialogo con essi. Dunque, rispetto alla ricerca di cui ho già detto, ho avvertito il bisogno di investigare maggiormente la conoscenza di Gennaro Loiacono, il caposquadra; Annina Percoco, la moglie di Giosuè, e la signora Giorgina, sua rivale. Ma, al contempo, di presentare due nuove figure probabilmente destinate a ulteriori futuri approfondimenti: Alcide Saponaro, sostituto procuratore del re, e Albino Casati, maresciallo dei regi Carabinieri. 

Il suo stile pulito e forbito, tradisce un’eco nostalgica. È così?

No. Lo stile letterario è sempre frutto specifico della cultura dell’autore, risente delle letture da lui fatte e delle esperienze sedimentate nel suo patrimonio di erudizione, del gusto e delle capacità espressive, delle emozioni e dell’ambiente che si deve descrivere.

C’è un autore o più autori dal quale ha tratto ispirazione?

Nessuno in particolare. Tanti invece sono gli scrittori che hanno lasciato un segno indelebile nelle mie esperienze di lettore…

Come si definirebbe con un aggettivo?

Credo d’avere una personalità complessa…

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