“La spia”, l’ultima volta di Philip Seymour Hoffman

Intensa e convincente interpretazione dell’attore statunitense morto per overdose il 2 febbraio scorso

“Io lavoro sempre, ma lavoro in molti ambiti diversi. Seguo una compagnia teatrale di New York, dirigo, compaio in alcune recite, in film, cerco di mantenermi eclettico. L’unica vera moneta in questo mondo in bancarotta è ciò che si condivide con gli altri quando si è in difficoltà”

(Philip Seymour Hoffman)

Un artista eclettico e poliedrico

La sua morte avvenuta a New York lo scorso 2 febbraio ha lasciato un vuoto nel panorama degli attori cinematografici. Philip Seymour Hoffman era un vero e proprio talento della recitazione. In 23 anni di carriera aveva girato ben 53 film in cui aveva dimostrato uno straordinario eclettismo, un’ espressività e un realismo non comune. Era estremamente convincente in un registro molto vasto della recitazione: dai ruoli drammatici, grotteschi e comici; era credibile anche negli action movie come “Mission Impossible”, così diversi dalla sua sensibilità di artista. Tra le sue migliori performance ricordiamo Boogie Nights”, “Magnolia”,

“La 25a Ora”, l’Oscar per “Truman Capote”, “La famiglia Savage”, “Onora il padre e la madre”, “Il dubbio” e “Una fragile armonia”. Attualmente è sugli schermi con il suo ultimo film “La spia” (A most wanted man”) diretto da Anton Corbijn.  Le principali peculiarità recitative di Philip Seymour Hoffman sono vaste, è un attore poliedrico con una personalità complessa, contraddittoria e con mille sfaccettature psicologiche. Nel corso della sua carriera si è cimentato con ruoli scomodi, difficili come quello in “Happines” o nel prete accusato di molestie in “Il Dubbio”. Il suo sguardo intenso e profondo, la sua fragilità emotiva e la straordinaria intensità in un ogni parte, anche in quelle secondarie, fanno del compianto Philip Seymour Hoffman uno dei migliori attori espressi dal cinema statunitense degli ultimi 25 anni.

“La spia”, spy-movie psicologico

Nel film di Anton Corbijn, un regista olandese che aveva deluso con “The American”, ambientato nell’Abruzzo post-terremoto con George Clooney; Philip Seymour Hoffman interpreta un agente segreto tedesco dell’antiterrorismo con base ad Amburgo. E’ una spia non convenzionale, beve, fuma molto e nonostante un cinismo sfrenato e una profonda diffidenza verso i colleghi statunitensi, è molto abile nell’individuare e agganciare potenziali terroristi islamici. L’agente deve indagare su un rispettato accademico musulmano che sta appoggiando segretamente delle attività terroristiche tramite donazioni ad una compagnia di navigazione con sede a Cipro. Con l’aiuto di una giovane e idealista avvocatessa (Rachel McAdams), di un’astuta agente della CIA (Robin Wright) e di un losco banchiere (Willem Dafoe), Hoffman organizza un contorto  e complesso piano per incastrare il suo obiettivo.

Pur essendo un film di spionaggio, se ne distacca decisamente nella realizzazione e nel plot narrativo. Il regista preferisce i dialoghi e i tormenti etici e morali del protagonista al posto di scontati e già visti inseguimenti tipici delle pellicole statunitensi del genere thriller. Girato con una buona perizia visiva in una città oscura come Amburgo, “La spia” risulta convincente per l’eccellente composizione del cast e per l’ottima sceneggiatura scritta da Andrew Bovell e tratta da un racconto del maestro John le Carré.

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