2. La chiamata (Prima parte)

Questa volta il fumo era di qualità eccellente, morbido come la gomma, e si scioglieva in mano con il solo calore umano. Quello che usciva dalla fumata bianca della bocca di Paco sembrava un pezzo di nuvola che si tratteneva all’interno il giovane pusher.

“Questo me lo porta mio zio dal Marocco, è una bomba!” – esclamò Paco con gli occhi già lucidi e rossi per l’effetto delle larghe boccate che dava al chilom. “Già questo proprio ti prende bene” – confermò Sil tutto contento dell’acquisto. I due, fumato il chilom della pace, si diedero la mano e un arrivederci seguito da un sorriso di lunga intesa. Paco era professionale nel suo lavoro. Naturalmente come per tutti i bravi spacciatori aveva anche un lavoro legale, per nascondere quello vero. Tutto stordito ed emozionato Sil decide di passare per il bar dove lo aspettavano alcuni suoi clienti per vedere che aria tirasse. Fatti i suoi soldini, bevute le sue birre tutto contento se ne torna a casa per mettere a salvo il sudato denaro. Suona il telefono; Sil risponde dopo un po’ e sente una voce dall’altra parte che gli chiede se fosse stato in giro quella notte. In realtà non aveva intenzione di uscire, ma essendo per lavoro, lo doveva fare. Non gli piaceva che sconosciuti avessero il suo numero di telefono. Purtroppo la gente che sapeva parlava e dava il numero di Sil a chi volesse qualcosa da fumare. Non era una cosa sicura da fare, erano soldi, ma anche una maniera per essere beccato. All’appuntamento si presentò una ragazza bionda, una studentessa a vederla, con gli occhi azzurro mare, e i capelli rasta tinti un po’ di rosa. Sil e Tebra furono felici di quell’incontro e approfittarono per tenersi il numero della misteriosa ragazza. “Chi ti ha dato il mio numero se posso chiedere? – chiese Sil un po’ imbarazzato, “René” – rispose la ragazza arrossendo.

“Quello stronzo è la volta buona che gli tiro un pugno” esclamò Sil. “Ho fatto qualcosa di sbagliato? No perché sennò ti restituisco il tutto” – disse la ragazza. “No, no non sei tu, è che.. cerca di capirmi, questo stronzo se ne va a dare in giro il mio numero e alle volte può andarmi bene ma per le altre non sarei così sicuro…. Bevi qualcosa? Hai tempo? Così posso dire che ti conosco adesso! – esclamò Sil, tutto felice di aver conosciuto quella ragazza che lo attraeva  da morire. “Certo, perché no! Io comunque sono Lucia!” – esclamò lei tutta nervosa. I due se ne andarono per le calli del centro e stettero fuori per ben tre ore dopodiché Sil e Tebra tornarono a casa perché Lucia il giorno dopo avrebbe dovuto fare un esame. Dato da mangiare alla sua infaticabile e fedele amica, Sil prende una piccola agenda che teneva nascosta tra i suoi libri e inizia a scrivere: “E’ proprio vero che se non avessi studiato sarei allo stesso livello di adesso. Ho perso il mio tempo in inutili corsi che non mi hanno dato niente in cambio. Ho assistito a delle lezioni che erano inventate da quei buffoni di professori, mi sono illuso di poter essere un intellettuale…. riconosciuto per lo meno. Mi sono umiliato, mi hanno usato quegli infami di professori; se ne stanno lì, seduti nel loro ufficio a predicare una valanga di cazzate, vogliono che compri i loro libri, vogliono che impari quello che si inventano, e infine vogliono farti sentire un idiota. Sono dei bambini viziati in preda alle loro passioni. Gente alla quale da piccoli veniva rubata la merenda a scuola di certo. Frustrati del cazzo che non insegnano un bel niente ma che però guadagnano un bello stipendio. Devi render loro grazie di un servizio per il quale sono pagati. Devi sperare che siano di buon umore per potergli chiedere qualcosa sull’esame. Persone inutili, feticisti dei libri che nemmeno loro capiscono..”. Questo era quello che Sil pensava degli anni buttati all’università e dei suoi difensori ma non sapeva a chi confidare i suoi pensieri. Sil aveva studiato Filosofia e da quando aveva finito il mondo gli si era rivoltato contro. Lucia stava studiando Filologia e Sil era certo che avrebbe ricevuto una gran delusione da quel tipo di scelta. Non sapeva come anticiparle il futuro, ma non stava a lui forse fare questo. L’esempio più lampante che aveva era il suo prezioso cliente-professore, un uomo che pensava a se stesso e a fumare inventandosi le sue teorie e criticando quelle degli altri. Da un lato Sil veniva umiliato se trovava un lavoro perché normalmente la gente che incontrava era frustrata, grezza ed ignorante e lo reputava un fallito e un figlio di papà per aver studiato. Dall’altra l’ambiente che lo aveva allevato, ricevuti i suoi soldi per cinque anni, lo aveva abbandonato, e non sembrava intenzionato ad aiutare le sue creature a crescere (per fortuna). A trentasei anni il nostro amico non aveva un posto fisso dove dormire, perché la casa-stanza dove viveva era in nero ed ogni mese non sapeva se avrebbe avuto i soldi per l’affitto, non aveva neppure sempre da mangiare, si nutriva male, di quello che trovava e se pronto ancora meglio, e non aveva nessun progetto per il suo futuro, inteso come tempo che va dalla settimana ai tre mesi successivi. Tutto era in mano al puro caso. A Sil sarebbe piaciuto scrivere, vivere di questa arte, essere come uno dei grandi e famosi saggisti che piacevano a lui. Invece dopo aver intrapreso un “giusto” cammino, lo stato, le istituzioni, la società che gli avevano, con i suoi studi, promesso per lo meno un’opportunità di guadagnarsi la vita, niente, lo avevano strizzato e lasciato in mezzo ad una strada. Il freddo nella stanza si vedeva perché dalla bocca di Sil usciva il fumo tipico della temperatura che oscilla dai 5 gradi in giù. Una piccola stufa e sei coperte di lana facevano superare le lunghe notti a Sil e a Tebra, che oramai dormivano insieme. La mattina come sempre prima di uscire dal letto aspettava mezz’ora; doveva prepararsi psicologicamente ad affrontare il cambio di temperatura. Messi i jeans e la giacca scende per far fare i suoi bisogni a Tebra e poi si dirige verso il bar per bere un caffè. Arrivato si siede come sempre vicino al calorifero e leggendo le stronzate del solito giornale prova a pensare qualcosa di interessante per passare un’altra inutile giornata. 

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