Ingranaggi (Seconda parte)

Ma nell’aria Sil e Lucia notavano l’inquinamento di un’invidia, di un’asprezza nei confronti dell’altro, che quelle cose che respirano hanno verso i loro compagni di falsa esistenza. Loro per esempio in confronto a questi oggetti erano liberi, non totalmente, ma liberi nel vero significato della parola. Il criticare quelle cose che camminavano tutti i giorni, il ricordarsi che quella non era vita, il disprezzare gli usi e costumi di quelle cose, il cercare non di essere fuori dal coro ma di evidenziare le cose del coro, li faceva sentire liberi.

Il non lavorare poi era il loro 50% di libertà. Il lavoro ti avrebbe reso proprio come quelle cose che camminano. Il dover stare in mezzo a nemici automi tutto il giorno per forza ti avrebbe contaminato. È per questo che Lucia e Sil avrebbero preferito lavorare con gli animali. Ma per fare questo devi essere o ricco o passare per la tossicodipendenza, infatti lo stato per aiutarti ad uscire da quella droga normalmente ti faceva rinchiudere in una comunità e ti faceva fare lavori a contatto con la natura. Questo medesimo che apparentemente allontanava la dimensione naturale dall’individuo sostituendola con la tecnologia e il cemento delle città, alla fine cosi facendo ammetteva che lo stare a contatto con la natura faceva bene. La contaminazione subdola che si trova per esempio in un ambiente dove si sta per obbligazione è una violenza continua che punta a farti diventare un feticcio, un ingranaggio della macchina che produce e che ti fa consumare. La violenza delle battute dettate da una società maschilista, in preda agli affanni dell’avere, aiuta nel poter sfruttare il piacere del tempo libero organizzato. Che tristezza ma che paura nello stesso tempo. Pensate quante persone ogni giorno se non fossero a lavoro potrebbero pensare su se stesse, riconoscersi, scoprirsi, apprezzarsi, criticarsi, esplorarsi… Ed invece tutte queste persone stanno pensando a numeri, codici, tempi, metodi, denaro, profitti, giorno libero, macchina, prodotti, riprodursi, apparire, cercare di essere. Questo è quello che vorrebbero conseguire dopo tutta questa azione di distacco da sé. Queste cose che camminano cercano con questo tipo di azioni di essere. Io sono perché ho un telefono con internet e non pago i messaggi. Io sono perché posso comprare la macchina nuova, io sono perché ho uno stipendio da favola…….. io sono perché mi piace il mio lavoro. Questa poi è proprio la frase che ci indica quanto un essere cosa si possa vendere, e vendere se stesso a se stesso, la cosa più perversa esistente al mondo.

Come fa a piacere, per esempio, il lavare le bocche alle vecchie o l’aspirare la merda che esce tra i denti di una persona? Come fa a piacerti lo stare sotto terra tutto il giorno respirando più monossido che ossigeno? Come fa a piacere lo stare in un solo posto tutti i giorni della tua vita? Essere la cosa che non sei in natura, scambiare il tuo io per un’azione, per una cosa che serve ad un altra cosa che cammina? Sil e Lucia non capivano tutto ciò e avevano paura di vivere in mezzo a questi esseri. Ma purtroppo erano costretti. Alle volte quando passava un automa nel parco Tebra abbaiava come per rincorrerlo e Sil pensava che anche lei a suo modo avesse capito come funzionassero le cose e che però essendo un cane non avesse l’obbligazione di pensare a questo mondo. I falsi saluti, i falsi auguri, le false strette di mano, quanto inquinamento morale ed umano stava permeando l’essere della gente. L’apparire e nascondere il proprio io, la propria idea, la propria opinione. Un artista è tale se ha studiato all’accademia? E chi non poteva permetterselo? Ma crea?

Mangia, dormi, alzati, vai a lavoro, consumati…. a questo si riduceva l’esistere? Sil quella notte non aveva più voglia di giocare con il mondo, non voleva accettare quella corruzione morale, quella falsa speranza che era nell’aria. Stappatosi una birra ghiacciata pensava e pensava, non riusciva a venirne a capo. Ogni tanto prendeva la sua agendina, rileggeva qualche suo scritto e pensava alla sua inutilità. Chi mai avrebbe letto quello che così accuratamente appuntava e perché poi a qualcuno avrebbe potuto interessare. In sua opinione non diceva niente di nuovo, erano le cose che viveva e che vedeva, era il suo di punto di vista. Come pagare quel mese? Come continuare a sopravvivere? Che ne sarà stato di lui da vecchio? Sarebbe stato solo tutta la sua vita? Non era nessuno, non rappresentava nessuno, non voleva pensare come gli altri, o meglio a Sil sarebbe piaciuto che qualcuno la pensasse come lui…. L’indifferenza, l’anonimato purtroppo gli impedivano di relazionarsi con gli altri esseri. Stava diventando sempre più misantropo, diffidente e critico. Non gli riusciva il fatto di accettare quel modo che tra gli umani era considerato il modo di vivere quotidiano, unico e insostituibile. La sua lotta per una via di uscita lo stava rendendo nevrotico. L’umidità di quella notte raffreddò le preoccupazioni di Sil che abbracciato a Tebra prendeva sonno con il suo romanzo ancora aperto sotto il braccio destro. 

Condividi sui social

Articoli correlati