Vertenza Ast di Terni. Sblocco stipendi, lo spettro dei licenziamenti rimane

ROMA – Non è chiarissimo quello che sia successo ieri al ministero dello Sviluppo economico tra le parti che discutevano il futuro dei lavoratori della Ast di Terni, visto che il nodo cruciale e fondamentale di questa vertenza, ovvero lo spettro dei licenziamenti, non sembra essere risolto. E se viene espressa soddisfazione per lo sblocco della trattativa in corso è bene farlo con cautela.

Di certo c’è che lo sciopero, che va avanti da più di due settimane, viene ora parzialmente sospeso, almeno in alcune aree (quella amministrativa) in cambio del pagamento degli stipendi di ottobre e di una disponibilità dell’azienda alla revisione del piano industriale. Nello specifico, relativamente a quest’ultimo aspetto però, non è dato sapere precisamente, al di la della promessa del mantenimento in attività dei forni per la produzione di un milione di tonnellate l’anno, in quali termini si concretizzeranno le varianti al piano. Il viceministro Claudio De Vincenti ha spiegato anche che “l’azienda si impegna a rafforzare la struttura commerciale e a portare gli investimenti fino a 200 milioni”. Piena soddisfazione del ministero per l’esisto dell’incontro, soddisfazione anche di Matteo Renzi che dice che “si sta aprendo positivamente uno spiraglio”. Meno soddisfatti i lavoratori.

Infatti, alla lettura del comunicato congiunto di Fim-Fiom-Uilm-Fismic-Uglm, gli operai in presidio sotto il ministero non erano per niente ‘soddisfatti’ e per questo hanno  risposto con insulti e urla, qualcuno  a dire il vero anche con il silenzio della rassegnazione. 

Il blocco dei cancelli della Thyssen è stato dunque parzialmente rimosso, 150 lavoratori del reparto amministrativo entreranno per effettuare i pagamenti, mentre rimarranno bloccate le spedizioni. Al momento garanzie rassicuranti e certe per il futuro dei lavoratori non ci sono e la strada sembra ancora lunga e in salita.  Le proteste hanno coinvolto lo stesso Maurizio Landini, che è intervenuto tentando di spiegare che la lotta continuerà “finché non sarà fatto un accordo che modifichi la situazione” e, soprattutto, perché rimane ancora aperto il problema stipendi futuri e licenziamenti.

E’ tuttavia difficile pensare a una lotta comune pienamente condivisa visto che lo sciopero da totale è diventato parziale e il fronte unitario è ormai stato spaccato. Ma in fondo è la solita storia e il modello “divide et impera” è sempre valido e appunto ‘imperante’, funziona in politica, funziona sul lavoro, funziona con i sindacati, insomma è il modello vincente insieme alla strategia dello sfiancamento e dell’esasperazione. 


 

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