Crisi e disoccupazione, pagano le famiglie

ROMA – Le statistiche ufficiali parlano di 7 milioni e 810 mila poveri, pari al 13,1% della popolazione.

Probabilmente sono molti di più. Chi ogni giorno lavora tra mense, ostelli e centri di ascolto, sa di certo che quei numeri sono famiglie. Madri, padri, figlie, anziani che faticano sempre di più a galleggiare. Il <+corsivo>X Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia, «In caduta libera»<+tondo>, curato da Caritas Italiana e Fondazione Zancan, focalizza l’emergenza con rigore scientifico. «La famiglia è la principale vittima della povertà e dell’impoverimento», dice diretto monsignor Giuseppe Pasini, presidente della Fondazione Zancan. Fuga dal matrimonio, culle vuote, aborti, tutte patologie accomunate spesso da un’unica causa: la povertà. Il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, sottoscrive: «È più che mai necessario, proprio per evitare l’effetto di una “caduta libera”, investire a tutto campo, a partire dal sostegno a quel soggetto essenziale del tessuto sociale che è la famiglia».

A presentare il dossier, 350 pagine, edizioni il Mulino, ci sono tra gli altri, per la Zancan il direttore Tiziano Vecchiato, per la Caritas il direttore monsignor Vittorio Nozza e il capo ufficio studi Walter Nanni. La crisi dunque ha esacerbato i problemi delle famiglie italiane. Non solo di quelle “tecnicamente povere”. L’analisi di monsignor Pasini è puntuale: se le famiglie agiate al riparo dalla crisi «sono circa il 45%», tutte le altre «in proporzioni diverse, hanno risentito dell’attuale congiuntura». C’è chi fatica ad arrivare a fine mese, chi non riesce a pagare i debiti, chi non riesce «ad assicurare ai figli un avvenire soddisfacente». L’effetto sociale più insidioso della povertà, però, è quello di minare alla base la nascita delle famiglie.

«Accompagnata dalla precarietà di lavoro – spiega monsignor Pasini – la povertà colpisce la famiglia in fase di progettazione, imponendo ritardi nella celebrazione del matrimonio». Gli uomini a 32 anni, le donne a 29. «Una delle cause della prolungata permanenza dei figli in famiglia – aggiunge – è costituita dalla precarietà lavorativa». Due milioni i giovani che non studiano e non lavorano. In più c’è «l’alto costo degli affitti e la difficoltà di accedere a un mutuo».
La precarietà ritarda i matrimoni e «le scelte procreative tendono a spostarsi verso la fase terminale della fecondità della donna». Età media del primo parto a 32 anni. «Un ritardo che rende più problematiche le eventuali maternità successive».

Figli rinviati. Ma anche figli rifiutati: «Le difficoltà economiche sono almeno in parte causa anche di tanti aborti», sottolinea la Zancan: «Gli aborti nell’Ue nel 2008 sono stati 2,9 milioni, cioè 7.400 al giorno. Una vera ecatombe, prima causa di mortalità in Europa. L’Italia occupa il 4° posto tra i 27 paesi dell’Unione, assieme a Francia, Inghilterra, Romania. Qualunque sia il giudizio etico attribuito al fenomeno, è certo che siamo di fronte a un fatto socialmente grave».

Fare due o più figli sta diventando una scelta eroica: «Diversamente da altri paesi – dice Tiziano Vecchiato – in Italia più è alto il numero di figli, maggiore è il rischio di povertà». Se in famiglia c’è solo un minore, l’incidenza della povertà relativa sale dal 10,8%, dato medio, al 12,1%. Se i figli sono tre o più, si arriva al 26,1%.

Monsignor Crociata non nasconde la preoccupazione della Cei: «In Italia la situazione resta sostanzialmente in stallo». E in queste condizioni «bisogna muoversi assumendo decisioni di indirizzo. Il fatto di conoscere i poveri e di servirli non da ora, ci legittima a prendere la parola sui nodi delle politiche pubbliche, nell’orizzonte dell’edificazione del bene comune». Per il segretario generale della Cei «la sfida del federalismo solidale, espressione nuova per la scommessa classica dell’applicazione del principio di sussidiarietà, può portare a nuovi e più efficaci assetti in un sistema assistenziale caratterizzato da troppi squilibri». Fra questi, «particolarmente gravi l’elusione e l’evasione fiscale: la sottrazione di risorse dovute alla comunità» sottrae «disponibilità di aiuti agli indigenti».

«Non è dunque semplicemente una questione di assistenza – dice ancora Crociata – piuttosto una questione di giustizia, di dignità, e di libertà. Chi ha a cuore il futuro del Paese non si limita a reclamare politiche pubbliche efficaci ed efficienti, ma persegue anche percorsi di giustizia, dignità, libertà e soprattutto di responsabilità, la parola chiave per guardare con realismo e fiducia a un futuro condiviso».

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