Arriva il “tax freedom day”, 3 giorni prima

VENEZIA – Dalla prossima settimana non lavoreremo più per il fisco. Dal 3 giugno, infatti, gli italiani festeggeranno il “tax freedom day”, ovvero il giorno di liberazione fiscale che, quest’anno, arriva dopo 154 giorni di lavoro: pari a poco più di 5 mesi lavorativi su 12. Questo appuntamento giunge in anticipo di 3 giorni rispetto all’anno scorso, quando  la tanto agognata scadenza era sopraggiunta il 7 giugno. 

Come è stato calcolato il cosiddetto “tax freedom day” ?  L’Ufficio studi della CGIA,  che da più di 15 anni misura questo indice,  ha preso  in esame il dato di previsione del Pil nazionale e lo ha suddiviso per i 365 giorni dell’anno, ottenendo così un dato medio giornaliero. Successivamente, il gettito di imposte, tasse e contributi che gli italiani versano allo  Stato è stato rapportato al Pil giornaliero, ottenendo il cosiddetto “giorno di liberazione fiscale” che, per l’anno in corso, “scoccherà” il prossimo 3  giugno. Sempre da un punto di vista metodologico, l’Ufficio studi precisa che in questa elaborazione la pressione fiscale del 2015 e del 2016 è stata calcolata al netto del cosiddetto “bonus Renzi” che nel nostro bilancio pubblico è conteggiato come un aumento di spesa e non  come una diminuzione del carico fiscale a vantaggio di quasi 11 milioni di lavoratori dipendenti con retribuzioni medio-basse.  

Per quale motivo il giorno di liberazione fiscale quest’anno arriva prima ?

“Rispetto al 2015 – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – il gettito complessivo del fisco è destinato a scendere di oltre 5 miliardi di euro. Quest’anno, infatti, le famiglie – ad eccezione di quelle proprietarie di ville, castelli e palazzi di pregio storico – non pagano la Tasi sulla prima casa, risparmiando circa 3,5 miliardi di euro. Le imprese, invece, non sono tenute al versamento dell’Imu sugli impianti imbullonati, da cui deriva una riduzione di gettito di 530 milioni di euro, mentre l’esenzione dell’Imu per i terreni agricoli vale 405 milioni.  Le novità in materia di Irap, invece, prevedono l’abolizione dell’imposta per le imprese agricole e le cooperative di piccola pesca, con un risparmio di 167 milioni di euro. Il super ammortamento delle spese per investimenti al 140 per cento e i nuovi crediti di imposta per le attività ubicate nelle aree svantaggiate del paese garantiscono un minor gettito pari a 787 milioni di euro”. 

Se rispetto al 2015 la situazione di quest’anno presenta un leggero miglioramento, la stessa cosa non si può dire se la comparazione  viene eseguita con il 1996 o il 2006. Rispetto a 20 anni fa, la situazione è peggiorata di 5 giorni, visto che allora ci si era liberati dal pagamento delle tasse il 29 maggio, 2 giorni dopo rispetto al risultato ottenuto  nel 1996 (anno bisestile).

“In questi ultimi anni – conclude il segretario della CGIA Renato Mason – le politiche di rigore e di austerità hanno incrementato la pressione fiscale nel nostro Paese, penalizzando soprattutto le famiglie monoreddito e i lavoratori autonomi. Speriamo che dopo l’introduzione degli 80 euro a beneficio delle retribuzioni medio-basse, il Governo adotti anche delle misure  a vantaggio delle partite Iva, abolendo l’Irap e riducendo le aliquote Irpef”.

Giorno di liberazione fiscale in Italia (serie storica)

Anni

Pressione fiscale
(in % del Pil)

Giorni di lavoro necessari per pagare le tasse

Giorno di liberazione fiscale

1996

40,7

149

29 maggio

2000

40,1

146

26 maggio

2006

40,2

147

28 maggio

2010

41,6

152

2 giugno

2015

42,9

157

7 giugno

2016

42,2

154

3 giugno

Elaborazione: Ufficio Studi CGIA su dati ISTAT e Ministero dell’Economia e delle Finanze

Nota: la pressione fiscale del 2015 e del 2016 è stata calcolata al netto del “bonus Renzi”. Il calcolo del giorno di liberazione fiscale per questi 2 anni tiene quindi conto degli “80 € in busta paga”. La pressione fiscale “ufficiale” era al 43,5% nel 2015 e al 42,8% per l’anno in corso.

Lavorare sino al 3 giugno per lo Stato  – concludono dalla CGIA – ci  dà l’idea di quanto eccessivo sia il nostro fisco. Ormai sui contribuenti onesti  grava una pressione fiscale “reale” che quest’anno tocca il 48,4 per cento; 6,2 punti in più rispetto a quella “ufficiale”.   

Nota: si ricorda che la pressione fiscale “ufficiale” è data dal rapporto tra il gettito di imposte, tasse, tributi e contributi (al numeratore) e il Pil (al denominatore). Quest’ultimo, però, include anche   la quota di prodotto interno lordo  riconducibile all’economia sommersa (nel 2016 pari a circa 215 miliardi di euro) che, per sua natura, non dà luogo ad alcun gettito fiscale. Pertanto, se dal Pil complessivo togliamo quest’ultimo  importo, nel 2016 la pressione fiscale “reale” (pari a 48,4%) sarà superiore di quella “ufficiale” (42,2%) di  oltre 6 punti percentuali. In entrambi i casi, le pressioni fiscali sono al netto del “bonus Renzi”. 

C’è un modo per far “indietreggiare” il giorno di liberazione fiscale ?

Con una spesa pubblica più contenuta potremmo ridurre anche le tasse – concludono gli artigiani mestrini – ma questo risultato sarà possibile solo con una seria riforma di federalismo fiscale. Grazie ai costi e ai fabbisogni standard e ad una maggiore responsabilizzazione dei centri di spesa periferici, i paesi federalisti presenti in Ue ci hanno dimostrato di avere una spesa pubblica più contenuta, un peso fiscale molto inferiore e una qualità e un livello di servizi offerti ai cittadini e alle imprese nettamente migliori dei nostri. 

 

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