Milano, in ebollizione il debito pubblico, ma si gela lo spread

TRIESTE – Mentre il caldo agostano abbraccia il Bel Paese e sotto l’ombrellone tiene banco la sorte dell’ex Cavaliere, l’ottava di Borsa conclusasi lo scorso venerdì ha sancito un importante record per Piazza Affari: la quarta settimana consecutiva di rialzo del FTSE Mib, il più significativo indice azionario del nostro paese, che con una performance del 2,43% ha consolidato il proprio rialzo da inizio anno ad un complessivo e beneaugurante 5,61%.

A spalleggiare questo dato ed a contribuire a mantenere spensierato il clima vacanziero e ferragostano la gradita tregua sul debito sovrano, con il famigerato spread in discesa: negli ultimi sei mesi una diminuzione di 50 punti, che diventano 200 se li rapportiamo all’agosto di un anno fa, ai livelli più bassi dal maggio scorso ma anche ad un soffio dai minimi della tragica estate 2011, subito prima che scoppiasse la tempesta finanziaria che portò alle dimissioni dell’allora governo Berlusconi.
Una precaria quiete alimentata dall’afa e dalle previsioni di una timida ripresa dell’Eurozona che, sebbene non ancora riscontrabile nell’economia reale, si può avvalere dell’incondizionato appoggio di una BCE (Banca Centrale Europea) «pronta a tutto per difendere l’euro» e determinata «a fare tutto il necessario per la moneta unica».
Se ora splende alto il sole, in futuro il cielo sembra però destinato a velarsi: che sia a causa del “tapering” (la riduzione del programma di aiuti a sostegno della crescita economica) previsto per settembre dalla Federal Reserve o per l’incerto esito delle elezioni in Germania, con lo spettro dell’avvicendamento della Cancelliera Merkel con un nuovo partito che sogna il ritorno al marco, lo sapremo soltanto al rientro dalle ferie. Che si tratti di semplice foschia oppure del preludio ad una tempesta perfetta, il rating dell’Italia sceso in prossimità del livello spazzatura offre un terreno fin troppo fertile agli speculatori che puntano sulla fine dell’euro, creando i presupposti per un tragico dejà vu.
Partendo da queste premesse non stupirebbe se la settimana di Ferragosto risultasse essere una delle meno liquide dell’estate, caratterizzata da improvvisi aumenti della volatilità o, all’opposto, dalla quasi assenza di movimenti, con tutto quel che ne può conseguire. In un simile contesto i dati macroeconomici potrebbero assumere il ruolo di market mover, in grado di spingere valute e Borse dei Paesi interessati nella stessa direzione, salendo di fronte a commenti positivi e scendendo in caso contrario: mercoledì prossimo il report sull’inflazione della Bank of England ed il discorso del suo governatore Carney, giovedì i dati sulla bilancia commerciale cinese ed il comunicato di politica monetaria della Bank of Japan, venerdì il rendiconto dell’inflazione nell’ex Celeste Impero.
A rendere rovente un’estate finanziariamente già calda le notizie che giungono dall’Argentina, dove agli anni di crescita a doppia cifra è succeduto il tempo di un’inflazione reale superiore al 25%, tale da produrre un aumento dei prezzi che ha soffocato le esportazioni ed una svalutazione della moneta che ha spinto gli Argentini a rifugiarsi nell’acquisto di dollari e nella fuga dei capitali, quasi le prove generali per l’ennesimo ed imminente default.
Da qui alla Grecia il passo è breve: secondo il settimanale tedesco Der Spiegel, al più tardi entro l’inizio del 2014 il paese necessiterà di un nuovo programma di aiuti dopo l’ulteriore tranche di 5,8 miliardi approvata lo scorso mese dalla Troika (BCE, Commissione Europea e Fondo Monetario internazionale), stanti le «considerevoli incertezze» sulle reali capacità di Atene di attuare le riforme per il proprio risanamento.
Inizio della nuova ottava negativo per la Borsa di Tokyo (-0,7%), che sconta il rallentamento della crescita nel secondo trimestre: incremento del PIL sotto le aspettative (+2,6% anziché un progresso del 3,7%) e calo della produzione industriale (-3,1% a giugno) hanno decretato il ribasso degli indici, nonostante il Ministero dell’Industria abbia comunque sottolineato che ci sono «segnali di una ripresa a ritmo moderato».
Seduta positiva invece per i mercati cinesi, dove Hong Kong e Shanghai hanno chiuso a +2% grazie ai guadagni realizzati dal comparto edile e da quello minerario: la risalita delle quotazioni delle materie prime e le speculazioni sulle future mosse del Governo di Pechino nella regolamentazione dell’edilizia stanno movimentando i listini, mentre gli operatori acquistano in ragione di quotazioni molto vantaggiose, ai minimi storici e ben al di sotto dei fondamentali.
Avvio positivo per le principali Borse europee, che a metà seduta virano in territorio negativo: scambi sottili e prevalenza di prese di beneficio dopo i massimi delle ultime settimane portano Londra a perdere lo 0,14% e Parigi lo 0,12%, mentre Francoforte (+0,25%) è positiva.
A Milano partenza contratta in attesa dell’asta dei Bot a 12 mesi, risoltasi poi positivamente grazie ad una buona domanda ed al collocamento di tutti i titoli messi in aggiudicazione (7,5 miliardi di euro); il rapporto di copertura (rapporto tra ammontare richiesto e quantitativo offerto) è stato pari a 1,49, in lieve contrazione rispetto all’1,56 dell’asta di metà luglio; anche il rendimento lordo (1,053%) è sceso dall’asta precedente, segnale che il mercato non crede nella crisi di Governo.
È stata la comunicazione di Bankitalia del raggiungimento di un nuovo record negativo del debito pubblico italiano, salito a 2.075,1 miliardi di euro, a penalizzare in mattinata Piazza Affari (FTSE Mib +0,44%,  FTSE Italia All Share +0,35%), ripresasi poi in chiusura sulla scia di Wall Street, che ha favorito il rilancio del comparto finanziario (Unicredit +1,74%, Montepaschi +1,46%); faticano gli energetici, con Eni in calo dello 0,12% sulla notizia di una possibile cessione di parte della quota del 25,7% posseduta dalla Cassa Depositi e Prestiti contestualmente a quella del 4% detenuta dal ministero del Tesoro.
Ottime notizie anche sul fronte del debito sovrano, dove continuano ad allentarsi le tensioni e lo spread, la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, è sceso a quota 245 Bp (Basis point, punti base), ai minimi dal 21 luglio 2011; la resa del titolo italiano (Btp maggio 2023) si è così portata al 4,15%.

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