Borse col fiato sospeso ed occhi puntati sulla Fed

TRIESTE – Dopo la definitiva soluzione dello psico-dramma sullo “shutdown” (paralisi degli uffici del governo federale) attuata mediante la posticipazione del confronto sul “debt ceiling” (l’innalzamento del tetto sul debito),  la ripresa del funzionamento a pieno regime della macchina amministrativa a stelle e strisce porterà alla pubblicazione dei dati relativi al mercato del lavoro, fondamentali per determinare aspettative attendibili circa il prosieguo della politica del QE (Quantitative Easing, la modalità con cui la Fed, la banca centrale americana, al ritmo di circa 85 miliardi di dollari al mese, inietta liquidità nel sistema finanziario ed economico). 

Secondo un’ indagine effettuata su scala mondiale nei confronti del rischio, denominata RiskMonitor e condotta da Allianz Global Investors su circa 400 tra i principali investitori istituzionali, la prima preoccupazione riguarda l’aumento dei tassi di interesse: a tal proposito la ricerca ha sottolineato che gli investitori sono favorevoli all’intervento delle banche centrali per combattere la crisi, pur prevedendo un aumento dei rischi a lungo termine.

Quasi a voler avvalorare l’attendibilità di questo studio, il recente andamento delle Borse mondiali sembra aver confermato un certo scetticismo riguardo a reali e concrete possibilità di un default degli Stati Uniti, così come i corsi obbligazionari dimostrano di non averci creduto per nulla; sul fronte valutario anche il dollaro, pur muovendosi moderatamente al ribasso, non si è deprezzato a tal punto da far innervosire i detentori del debito americano, Cina in primis (che detiene oltre tre trilioni di dollari di titoli di Stato Usa), fungendo anzi da utile sostegno ad esportazioni e pagamenti internazionali, che scontano maggiormente gli effetti della crisi ancora in atto.

Ciò premesso, sembra proprio che le future dinamiche dei mercati non saranno molto dissimili da quelle precedentemente registrate, incentrate sulla pubblicazione dei dati sul mercato del lavoro americano (domani la prima) che, qualora risultassero migliori delle attese, potrebbero preludere ad un inizio del “tapering”, una prima leggera limatura di 5 o 10 miliardi al QE.

Sempre in tema di dati macro economici, ci si svela oggi una Germania a due velocità: in settembre infatti l’indice dei prezzi alla produzione ha registrato un incremento dello 0,3% su base congiunturale (cioè rispetto al mese precedente) ed una contrazione dello 0,5% su base tendenziale (cioè rispetto allo stesso mese dell’anno precedente), con entrambe le misurazioni a migliorare le stime degli analisti. Allo stesso modo il Bollettino mensile della Bundesbank, la banca centrale tedesca, riscontra un calo della crescita dell’economia nel terzo trimestre, affermando che l’attività economica «appare in crescita nel trimestre estivo, sebbene non allo stesso livello del secondo trimestre».

Anche l’Istat oggi ha voluto fare la sua parte, comunicando i dati di agosto sul fatturato delle industrie italiane: al netto della stagionalità è risultato in aumento dell’1% rispetto a luglio (grazie ad un incremento del 3,1% sul mercato estero che ha compensato l’immobilità del mercato interno), segnando in termini tendenziali una diminuzione del 4,8% del fatturato totale (-7,4% sul mercato interno e +1% su quello estero); incremento congiunturale del 2,0% per gli ordinativi totali, la cui variazione rispetto ad agosto 2012 risulta invece essere negativa del 6,8%.

Infine, secondo l’Eurostat, l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea, nel 2012 il rapporto tra debito e PIL (Prodotto Interno Lordo) , il valore totale dei beni e servizi prodotti) del Bel Paese si è attestato al 127%, mentre il rapporto tra deficit e PIL è stato pari al 3%.

Di tutt’altro tenore le notizie che giungono dai mercati asiatici che, sull’onda dell’ottimismo fornita dal nuovo record di Wall Street dello scorso venerdì, sono reduci da una seduta positiva. Bene intonata sin dalle prime battute Tokyo (+0,91%), sostenuta dalla debolezza dello yen nei confronti del dollaro americano che ha trainato i titoli delle società maggiormente esposte al mercato statunitense. Restando in tema di valute, da segnalare che l’indebolimento dello yen nei confronti dell’euro ha prodotto il quindicesimo mese consecutivo di deficit (7 miliardi a settembre) per la bilancia commerciale del Giappone. 

Chiusura in rialzo anche per Borse cinesi, favorite dalle ottime trimestrali delle aziende di stato, con utili in crescita mediamente del 40% rispetto all’anno precedente: Shanghai ha guadagnato l’1,6%, Hong Kong lo 0,2%.

In assenza di dati macroeconomici rilevanti, partenza sofferta per i listini del Vecchio Continente, che hanno proseguito poi con il segno meno in attesa di conferme positive dalle trimestrali americane e della diffusione di domani dei dati sul mercato del lavoro; sono anche circolate voci su di un possibile allungamento del piano di sostegno all’economia Usa da parte della Federal Reserve, che hanno portato ad una chiusura contrastata delle principali piazze europee: Madrid (+0,45) e Londra (+0,48%) in rialzo si oppongono alla negatività di Parigi (-0,2%) e ad una Francoforte (+0,02%) poco mossa.

In questo contesto Piazza Affari (FTSE Mib -0,04%, FTSE Italia All Share —%) ha chiuso in sostanziale parità (+0,1%) dopo una mattina debole; sotto i riflettori il titolo   Mediaset (+1,06%) che nonostante le prese di beneficio ha chiuso positivo dopo le richieste record sul bond da 375 milioni collocato giovedì. Sofferti i bancari, con Monte dei Paschi di Siena (-1,2%) a scontare l’ipotesi della cessione dell’intera partecipazione in capo alla Fondazione MPS (pari al 33,5% del capitale) ed i frazionali rialzi di Intesa Sanpaolo (+0,44%) e Unicredit (+0,18%); seduta pesante per le società del lusso, con Goldman Sachs a peggiorare il giudizio su Tod’s (-2,65%) e Luxottica (-2,56%); male anche Telecom Italia (-1,8%), nonostante gli analisti di Macquarie abbiano migliorato la valutazione sulla società ad “Outperform” (farà meglio del mercato).

Sul fronte del debito sovrano in leggero aumento lo spread, la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, che chiude a 234 BP (Basis point, punti base) per un tasso stabile al 4,19%; anche il differenziale tra il Bonos spagnolo (decennale) ed il Bund tedesco avente stessa scadenza è non ha subito variazioni confermandosi a 242 Bp, per un rendimento del titolo iberico del 4,25%.

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