Effetto globalizzazione: le riforme di Madrid affossano Milano

TRIESTE – Prima di andare ad analizzare le caratteristiche della nuova ottava che si apre oggi, ritorniamo per un attimo alla scorsa settimana ed ai record inanellati da Wall Street: l’indice Dow Jones ha consolidato il livello dei 16mila punti (toccato per la prima volta in chiusura di seduta lo scorso giovedì) registrando un progresso dello 0,7% di periodo, mentre lo Standard & Poor’s 500 ha chiuso per la prima volta sopra i 1.800 punti per un progresso nei sette giorni dello 0,4%.

Dopo quattro anni di continui rialzi i rischi di una bolla speculativa sono dietro l’angolo, con una volatilità implicita ai minimi storici ed un premio sulle opzioni molto basso, a significare che sul mercato non c’è paura; ciò nonostante il presidente “in pectore” della Fed, Janet Yellen, contraddice con forza questa tesi, appoggiandosi ad una stretta lettura dei fondamentali. Resta il fatto che, con gli acquisti di  titoli a leva ai massimi, basta un singolo elemento inatteso per determinare un’improvvisa liquidazione di posizioni ed alimentare il rischio di un crollo, come già accadde nel maggio 2010.

Settimana, quella appena trascorsa, positiva anche per Piazza Affari, dove il FTSE Mib, l’indice azionario che rappresenta il paniere delle 40 società italiane ed estere a maggior capitalizzazione, ha guadagnato lo 0,72%, portando il rialzo da inizio anno ad un rispettabile 15,7% che risulta però decisamente peggiore rispetto al trend della maggior parte degli altri mercati: il listino giapponese ad oggi si è apprezzato di circa il 48%, il Nasdaq (titoli tecnologici americani) del 32% ed il Dax tedesco del 21%, quarto anno positivo degli ultimi 5 (mentre Borsa Italiana ha complessivamente perso il 55% del suo valore negli ultimi 7 anni).

Con un’agenda macroeconomica nuovamente povera di spunti non resta che augurarsi che il rally delle Borse, reduci da sette settimane di chiusure positive, possa oggi continuare dopo la buona partenza dovuta all’accordo raggiunto a Ginevra sul nucleare iraniano. L’allentamento alle restrizioni e sanzioni in materia di petrolio, industria automobilistica, oro e metalli preziosi in cambio di una drastica limitazione dei progetti atomici ha avuto un impatto immediato sul prezzo del greggio, in forte calo a causa del possibile milione di barili al giorno che Teheran potrebbe ritornare ad immettere sul mercato.

Nonostante una congiuntura apparentemente perfetta, l’attuale stato dell’economia globale non è in realtà il migliore possibile, con sullo sfondo le tensioni dovute alle decisioni di politica monetaria da parte degli Stati Uniti: l’incertezza derivata dalla diffusione dei verbali dell’ultima riunione della Fed è stata interpretata come un bicchiere mezzo pieno, nella convinzione che la riduzione degli stimoli monetari prevista nei primi mesi del 2014 sarà graduale ed accompagnata per un periodo di tempo molto lungo da tassi bassi.

Seduta positiva per i mercati asiatici, dove l’indice MSCI della regione ha registrato un incremento dello 0,3% grazie alla debolezza dello yen: gli operatori sanno che la debolezza del cambio favorirà nel breve periodo gli utili societari e rafforzano così la loro esposizione sui titoli delle società maggiormente votate al commercio estero; in tal modo la Borsa di Tokyo (+1,54%) ha registrato l’ennesimo avvio di settimana al fulmicotone, raggiungendo i nuovi massimi da sei mesi e sfiorando il top da 5 anni e mezzo. Segno negativo, invece, per le Borse cinesi, con Shanghai a cedere lo 0,47% ed Hong Kong (-0,05%) sostanzialmente invariata. 

Avvio di settimana con gli indici in rialzo per le principali Borse europee, spinte dalle prospettive di maggior stabilità del mercato del petrolio all’indomani dell’accordo di Ginevra, in una seduta proseguita e chiusa con il segno più sull’onda lunga dei nuovi record segnati da Wall Street venerdì scorso: in rialzo Francoforte (+0,88%) e Parigi (+0,55%), più contenute Madrid (+0,12%) e Londra (+0,30%). 

A Milano, dove i riflettori sono puntati sulle aste dei titoli di Stato in calendario mercoledì e giovedì, Piazza Affari (FTSE Mib -0,20%, FTSE Italia All Share -0,15%) rimane fanalino di coda tra i principali listini del Vecchio Continente a seguito della debolezza delle banche, evidenziatasi proprio nel giorno dell’incontro con il governatore della BCE, Mario Draghi, per conoscere i criteri con cui saranno condotti gli stress test.

Pesante flessione per Monte dei Paschi di Siena (-7,52%) attribuita, dopo uno stop per eccesso di ribasso in mattinata, ai contrasti tra il management e la Fondazione MPS sulla tempistica dell’aumento di capitale che si discuterà domani in CdA; Banco Popolare (-4,19%) ed Intesa Sanpaolo (invariata) hanno invece subito una revisione sui prezzi obiettivo da parte di Société Générale, che ne ha invece confermato i rispettivi giudizi a “Sell” (vendere) ed “Hold” (mantenere); in controtendenza Banca Generali (+2,55%), in procinto di chiudere il 2013 con una raccolta netta superiore al livello ottenuto a fine ottobre, quando aveva già superato quota 2 miliardi. Tra le società a maggiore capitalizzazione spicca il calo di Fiat (-3,53%) dopo che il consiglio di amministrazione della controllata statunitense Chrysler ha ritenuto non fattibile il lancio e il completamento di un’offerta pubblica da parte di Chrysler prima della fine del 2013. 

In leggero aumento lo spread, la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, che ha chiuso la seduta a 236 BP (Basis point, punti base) per un tasso del 4,08%; invariato invece lo spread tra il Btp e il Bund tedesco con scadenza a due anni, confermatosi ai 110 Bp della chiusura di venerdì pari ad un rendimento poco sopra l’1,2%.

Il differenziale della Spagna nei confronti del Bund tedesco archivia invece la sessione a 243 punti base, col rendimento dei Bonos al 4,15%. 

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