BCE, tassi fermi e politica accomodante: la crisi non è finita

TRIESTE – Ottava di Borsa ricca di appuntamenti importanti quella cominciata nella giornata dell’Epifania e conclusasi oggi, con le banche centrali sotto ai riflettori: dalla pubblicazione delle minute del FOMC (Federal Open Market Committee, il board della Federal Reserve) all’aggiornamento odierno dei dati Usa sul mercato del lavoro, dalla riunione della Bank of England (BoE) a quella della BCE (Banca Centrale Europea), sono le attese create dalle politiche monetarie le vere protagoniste della settimana.

Dagli Stati Uniti all’Europa, dichiarazioni e delibere effettivamente adottate erano state in qualche modo già scontate dai mercati: dai verbali della Fed si è avuta conferma che il “tapering”, la progressiva riduzione degli stimoli monetari all’economia Usa, continuerà tutto l’anno per azzerare gli acquisti di bond entro dicembre, così come nella prima riunione dell’anno il board della BCE ha lasciato invariato allo 0,25% il costo del denaro, esattamente come la Banca Centrale d’Inghilterra ha mantenuto allo 0,5% (livello fissato dal marzo del 2009) il proprio saggio di riferimento.

Nella consueta conferenza stampa a commento delle decisioni di politica monetaria, il numero uno della BCE, Mario Draghi nell’affermare che «le prospettive di medio termine per l’inflazione sono peggiorate», lasciando così intendere che probabilmente andiamo incontro ad un lungo periodo di bassa inflazione, ha ribadito non soltanto che la politica resterà accomodante «finché necessario», ma che i tassi resteranno «ai livelli attuali, se non più bassi, per un periodo di tempo esteso».

Draghi ha inoltre sottolineato come i progressi dei mercati finanziari si stiano trasmettendo all’economia reale, così come i benefici del consolidamento fiscale, allontanando il rischio deflazione; ciò nonostante ha ritenuto necessario mettere in guardia dai facili entusiasmi: «Sarei molto cauto a parlare di fine crisi, restano ancora molti rischi».  

A confermare il lento risveglio del Vecchio Continente la risalita dell’indice di fiducia economica e di quello della  fiducia dei consumatori nella Zona Euro nel mese di dicembre, cui si associano i buoni dati macro in arrivo dalla Germania: nel mese di novembre la bilancia commerciale ha registrato un saldo positivo di 17,8 miliardi di euro, frutto di un aumento delle esportazioni (+0,3%) e di un contestuale calo delle importazioni (-1,1%), positivamente riflessosi in aumento del 2,1% su base mensile degli ordini all’industria, dato nettamente migliore delle attese degli analisti; cresciuta così dell’1,9% su base mensile anche la produzione industriale, non desta particolare sorpresa che proprio quest’oggi l’agenzia S&P abbia confermato ad “AAA” il rating del debito sovrano tedesco, stanti una solidità del bilancio ed un andamento dell’economia capaci di resistere alla grave crisi finanziaria.

Qualche segnale di miglioramento, seppur ben più contenuto, anche nei dati relativi al Bel Paese: cresce ancora il tasso di disoccupazione (12,7%) a novembre, in aumento sia in termini congiunturali (cioè rispetto al mese scorso) che tendenziali (cioè rispetto ai dodici mesi precedenti), al quale si affianca un rapporto deficit/PIL che nel terzo trimestre 2013 ha portato l’indebitamento netto della Pubblica Amministrazione al 3%, risultando superiore di 1,6 punti percentuali rispetto al corrispondente trimestre del 2012; infine l’Istat ha comunicato l’aumento del reddito disponibile delle famiglie consumatrici nel terzo trimestre del 2013: tenuto conto dell’inflazione, il potere di acquisto è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente ma è diminuito dello 0,8% rispetto al terzo trimestre del 2012, per una flessione complessiva dell’1,5% nei primi nove mesi dello scorso anno; la propensione al risparmio è stata invece pari al 9,8%, in aumento di 0,5 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 1,1 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo del 2012.

Ancora una seduta debole per i listini asiatici, a conclusione di una settimana senza grandi spunti: l’indice MSCI della regione ha infatti chiuso in negativo (-0,1%). Le speculazioni su di una probabile accelerazione del “tapering” da parte della Federal Reserve hanno frenato Tokyo (+0,2%) e contrastato i listini cinesi:  nonostante il rapporto della bilancia commerciale abbia evidenziato un aumento delle importazioni superiore alle attese (+7,3%), tale da frenare il surplus commerciale a 25,6 miliardi di dollari contro gli attesi 31, gli operatori continuano a pesare il negativo impatto che le nuove Ipo potranno avere sui titoli già quotati sul listino di Shanghai che ha chiuso frazionalmente in negativo; leggermente positiva Hong Kong (+0,26%).

Avvio di seduta in rialzo per le principali Borse europee, proseguita poi all’insegna della positività; grande attesa attorno alla comunicazione del dato sull’occupazione negli Usa che, secondo gli analisti, avrebbe dovuto registrare il più ampio progresso negli ultimi otto anni, quando invece si è rivelato deludente; ciò nondimeno gli investitori del Vecchio Continente hanno voluto vedere il lato positivo della notizia, con l’economia Usa in fase di rafforzamento ed il probabile prosieguo delle iniezioni di liquidità, consentendo a Londra (+0,73%) di collezionare il miglior rialzo, seguita da Parigi (+0,60%) e con Francoforte e Madrid alla pari tra loro (+0,55%).

A Piazza Affari (FTSE Mib +0,34%, FTSE Italia All Share +0,42%), nella settimana del delisting di Milano Assicurazioni e Premafin a seguito all’operazione di fusione con Unipol Assicurazioni e Fondiaria-SAI, osservata speciale Fiat (-0,59 %) dopo le dichiarazioni del numero uno, Sergio Marchionne, intervistato oggi da Repubblica: secondo il manager del Lingotto l’azienda potrebbe cambiare denominazione venendo quotata nel mercato finanziario più liquido, senza ricorso ad alcun aumento di capitale ma con la possibilità dell’emissione di un prestito convertendo per finanziare gli investimenti; quanto agli operai, questi dovrebbero tornare a pieno regime in Italia dopo l’operazione con Chrysler. 

Tra i titoli a maggior capitalizzazione occhi puntati anche su Mediaset (-0,63 %), reduce da una performance brillante in scia ai movimenti per la pay-tv che ha portato Equita Sim ad incrementare il prezzo obiettivo sul gruppo, alzando da “Reduce” (ridurre) a “Hold” (mantenere) il giudizio. Rialzo invece per Telecom Italia (+0,49%) dopo una valutazione di Tim Brasil calcolata tra i 18 e i 20 miliardi di euro, anche se la società ha più volte negato la volontà di cederne il controllo, considerandola una partecipazione strategica; in generale rialzo i petroliferi, con Eni (+0,75%) in progresso e Saipem (-0,32%) e Tenaris (+0,89%) a due velocità; Terna (-0,17%) ha terminato la giornata in calo dello anche se UBS ha inserito la società nella propria lista di titoli preferiti, apprezzando la natura del business ed il rendimento garantito dal dividendo.

Senza direzione i bancari, con Unicredit (-0,08%) in calo frazionale e lo scivolone di Intesa Sanpaolo (-1,7%); in rosso anche Monte dei Paschi di Siena (-1,68%), sebbene la performance peggiore spetti  alla Popolare di Milano (-2,28%).

Senza particolari scossoni il differenziale di rendimento tra il Btp decennale ed il Bund tedesco di pari scadenza, lo spread, che a fine seduta è però salito a 204 Bp (Basis point, punti base), con il rendimento del decennale del Tesoro al 3,90%; invariato invece lo spread tra il Btp e il Bund tedesco con scadenza a due anni, confermatosi agli 81 Bp della chiusura di ieri per un rendimento prossimo all’1%.

Infine il differenziale della Spagna nei confronti del Bund tedesco archivia la sessione odierna a 194 punti base, col rendimento dei Bonos al 3,8%.  

Restando in tema di obbligazioni, il Tesoro ha inaugurato oggi il 2014 con un collocamento di Bot annuali per 8,5 miliardi. La domanda è stata tutto sommato discreta, 12,35 miliardi di euro di titoli che hanno esaurito il plafond messo a disposizione dal ministero dell’Economia e delle Finanze con un rapporto di copertura (rapporto tra ammontare richiesto e quantitativo offerto) di 1,45, in calo rispetto all’1,63 dell’asta di metà dicembre, per un rendimento lordo pari allo 0,735%.

La Banca d’Italia ha infine comunicato l’ammontare dei titoli di Stato detenuti dagli istituti bancari italiani a novembre: 402,94 miliardi di euro, in leggero aumento rispetto ai 399,55 miliardi del mese precedente, il valore più alto in assoluto. 

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