Ripresa lenta e fragile: Europa contrastata, Milano inconsistente

TRIESTE –  Si conclude oggi un’ottava nel segno dell’incertezza, con i (pochi) dati macro in secondo piano rispetto agli appuntamenti politici, dalla riunione dell’Eurogruppo a quella dell’Ecofin, dalle decisioni di politica monetaria della Bank of Japan (BoJ) alla pubblicazione dei verbali della riunione di fine gennaio della Fed, alla riunione del G-20 dei ministri delle finanze e dei banchieri centrali.

 

Accantonando momentaneamente le preoccupazioni per la situazione da guerra civile che sta vivendo l’Ucraina, le cui violenze hanno spinto l’agenzia di rating Standard & Poor’s a declassare il paese al livello “CCC” («speculative grade»: vulnerabile, la solvibilità delle obbligazioni assunte dipende prevalentemente da condizioni economiche e finanziarie favorevoli), il primo dei temi che rappresentano la determinante degli spostamenti dei prezzi e dell’incremento di volatilità dei mercati è stato il mantenimento da parte della Bank of Japan delle politiche monetarie ultra espansive, basato sul giudizio che l’economia nipponica «sta continuando a riprendersi moderatamente». L’istituto centrale ha poi implementato alcune misure nell’ottica di ulteriore allentamento monetario; in particolare ha varato un’estensione del piano di prestiti speciali per un anno nell’intento di sostenere le attività produttive a forte crescita potenziale e quindi la ripresa economica, per quanto tali misure non comportino un sostanziale stravolgimento del Quantitative Easing già messo in campo.

Dal canto suo la Fed non è stata da meno con la diffusione dei verbali relativi all’ultimo meeting del FOMC (Federal Open Market Committee, il principale strumento per influenzare i mercati monetari e finanziari), tenutosi il 28 e il 29 gennaio: all’unanimità sulla prosecuzione del “tapering”, la progressiva riduzione dei piani di acquisto di asset sul mercato che si ridurrà sino ad annullarsi entro l’anno corrente, si è aggiunta l’dea, ventilata da una minoranza di membri in netta contrapposizione con il neo-Governatore Janet Yellen, di un rialzo dei tassi che potrebbe avvenire già prima del 2015, anno nel quale finora si è sempre collocata la paventata prospettiva di ritocco. Aspetto ben più interessante l’atteggiamento di Washington riguardo l’impatto che la crisi degli emergenti, il cui deterioramento si è avviato conseguentemente al cambio di rotta della Fed sul Quantitative Easing (QE), potrà avere sull’economia a stelle e strisce: pur affermando di monitorare attentamente la situazione, la Banca Centrale americana non è preoccupata.

La questione emerging markets è comunque nell’agenda del G20 che si è aperto oggi a Sydney, riunitosi per cercare una risposta più coesa e coordinata al problema della bassa crescita internazionale. «Riconosciamo che la politica monetaria accomodante nelle economie avanzate deve essere normalizzata, in linea con una crescita più forte», si legge in una bozza del comunicato finale riportata dall’agenzia Bloomberg ma, poiché i mercati sono ancora lontani da una crescita forte e bilanciata e la loro volatilità potrebbe avere un impatto negativo sullo sviluppo, la comunicazione continua con un richiamo a «sviluppare misure concrete per rafforzare significativamente la crescita globale».

Anche l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), istituzionalmente preposta alla risoluzione dei problemi comuni ed al coordinamento delle politiche locali ed internazionali dei Paesi membri, ha ricordato che la ripresa sarà lenta e fragile; da qui l’esortazione all’Italia, contenuta nel suo rapporto “Going for Growth”, a rimodulare la politica del lavoro «tutelando maggiormente il reddito dei lavoratori e meno il posto di lavoro in sé» e migliorando «la rete di supporto sociale» con riforme che consentano di «abbassare il cuneo fiscale e il costo minimo del lavoro».

Tema, quello del rinnovamento e della stabilità finanziaria, caro anche al presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, che ad inizio settimana ha spiegato che il commissario Olli Rehn ha accettato la sua proposta che prevede una maggiore flessibilità sul risanamento in cambio di riforme definite con la Commissione e realizzate prima che Bruxelles conceda più tempo; come dire: riforme in cambio di più tempo per risanare i bilanci. Interrogato al proposito sul Belpaese, ha aggiunto: «Non so che programmi abbia l’Italia, ma appena avrà un nuovo programma la Commissione lo valuterà».

Nel frattempo l’indice Zew sulla fiducia degli investitori tedeschi a febbraio è sceso a 55,7 punti dai 61,7 di gennaio, dato che ha sostanzialmente confermato le indicazioni arrivate dalle vendite al dettaglio e dalla produzione industriale di dicembre, rilasciati nelle scorse settimane, fortemente deludenti; in calo anche l’indice PMI manifatturiero (stima flash) mentre sale quello dei servizi, a conferma della fase di espansione del terziario tedesco. Rallenta a febbraio la manifattura anche in Francia, dove il settore, ai minimi degli ultimi nove mesi,  permane in contrazione, mentre il dato relativo all’Eurozona, in calo a 53 punti dai 54 del mese precedente, conferma comunque la fase di espansione del ciclo.

Infine l’Istat ha comunicato che a gennaio l’indice armonizzato dei prezzi al consumo in Italia è diminuito del 2,1% su base mensile e è cresciuto dello 0,6% su base annua, con un rallentamento di un decimo di punto percentuale rispetto a dicembre (+0,7%), confermando le stime preliminari.

Seduta positiva per i listini asiatici, nuovamente in salita dopo il negativo dato della produzione industriale in Cina, ai minimi degli ultimi sette mesi: il rallentamento, combinato con i timori per il settore del credito, preoccupa gli analisti che prevedono una crescita del PIL del 7,5% nel 2014, il livello minimo degli ultimi 24 anni; Shanghai ha ceduto così l’1,17%, mentre ad Hong Kong l’indice Hang Seng è salito dello 0,78%.

L’indice Nikkei di Tokyo ha guardato invece al rafforzamento del dollaro grazie al comparto manifatturiero che è cresciuto oltre le attese, dimostrando ancora una volta il miglioramento della prima economia del mondo; secondo gli analisti i dati americani manterranno un andamento variabile per tutto l’anno, alternando fasi di espansione a momenti di  contrazione, con la crescita degli utili societari a sostenere il trend rialzista dei mercati. Grazie al positivo contesto dell’area la Borsa di Tokyo (+2,88%) ha potuto chiudere oggi la prima settimana in rialzo del mese, aiutata anche dal deprezzamento dello yen.

Avvio in rialzo anche per le principali Borse europee, spronate dai segnali di rafforzamento dell’economia americana, la cui seduta è proseguita in maniera contrastata; a frenare la volatilità consentendo alla  maggior parte dei listini di chiudere positivamente la settimana la spinta arrivata da alcune operazioni straordinarie: Vodafone, ad esempio, potrebbe attirare l’attenzione di società interessate ad alcune sue controllate mentre Royal Bank of Scotland ha annunciato che uscirà dalle attività di investment banking più rischiose. Ad eccezione di Madrid (+0,09%) sostanzialmente invariata, in rialzo tutte le altre piazze europee: Londra +0,37%, Francoforte +0,4%, Parigi +0,59%.

Partenza piatta per Piazza Affari (FTSE Mib -0,3%, FTSE Italia All Share -0,23%), proseguita in una seduta altalenante sia a causa delle attese per il nuovo Governo che per l’andamento contrastato dei titoli bancari e del settore industriale. È prevalsa la cautela su Carige (+1,87%) in attesa che si risolva il braccio di ferro tra banca e fondazione (primo socio con il 46%) sui tempi  e sui dettagli dell’aumento di capitale, soffre Unicredit (-0,6%), alla quale gli esperti hanno peggiorato da “Outperform” (farà meglio del mercato) ad “Underperform” (farà peggio del mercato) il giudizio, così come Intesa Sanpaolo (-1,79%), confermata nel rating “Outperform”; segno più per  Monte dei Paschi di Siena (+0,39%) dopo che i vertici della compagnia francese AXA si sono dichiarati disponibili al prossimo aumento di capitale.

Andamento negativo per Tenaris (-3,87%) che ha risentito dei conti in calo del 2013, mentre Telecom Italia (+0,69%) è in rialzo sulla possibilità di una fusione tra Tim Brasil e l’operatore di telefonia fissa GVT, controllato dalla francese Vivendi; infine in evidenza Aeffe, all’indomani dell’attesa sfilata di Moschino, disegnata dal neo-direttore creativo Jeremy Scott, e di recupero Salini Impregilo, in attesa dell’intesa definitiva sugli extra costi da 1,6 miliardi tra l’Autorità del canale di Panama e il consorzio di imprese di cui fa parte anche il gruppo italiano.

Sul fronte del debito sovrano, il differenziale di rendimento tra il Btp decennale ed il Bund tedesco di pari scadenza chiude in lieve calo a 194 Bp (Basis point, punti base), con il tasso sul decennale del Tesoro ridottosi al 3,60% (3,64% ieri).

Lo spread tra titoli decennali spagnoli e tedeschi si porta a 188 Bp, con il tasso dei Bonos al 3,54%.

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