Tensioni geopolitiche e tapering non frenano l’Eurozona

TRIESTE – Le tensioni per la difficile situazione in Crimea hanno fortemente condizionato l’ultima ottava di Borsa, tanto che la scorsa settimana l’indice DJ Stoxx dei principali titoli europei è sceso del 4,4%, il peggior calo da gennaio 2014, mentre a Piazza Affari il FTSE Mib ha lasciato sul terreno l’1,39%, riducendo la performance da inizio anno al 7,27%.

Mentre gli Stati Uniti e l’Europa tuonano contro Mosca bollando come «illegale e illegittimo» il referendum e annunciando sanzioni già per domani, Vladimir Putin è diventato un’icona in Crimea, dove oltre un milione di filorussi (oltre il 93% della popolazione) si è detto favorevole all’adesione alla Russia. Il Governo di Kiev oggi perde quindi di fatto un pezzo del suo territorio in attesa che il prossimo 21 marzo la Duma, la camera bassa ed elettiva del Parlamento russo, cominci l’esame della legge per l’annessione di terre straniere e della firma della parte politica dell’accordo di associazione tra l’Ucraina e la UE; nel frattempo il ministro della Difesa Igor Teniukh ha annunciato una “tregua” in Crimea con Mosca fino a venerdì, con le unità militari ucraine non più bloccate nella penisola e senza che alcuna misura venga presa contro le loro infrastrutture e siti militari.

Washington, Bruxelles e tutte la cancellerie europee stanno criticando aspramente le mosse «pericolose e destabilizzanti» del Cremlino, con la Casa Bianca ad esortare la comunità internazionale ad intraprendere «passi concreti per imporre dei costi» a Mosca, primo passo di una strada che potrebbe portare Putin ad un progressivo isolamento. Poiché l’esito del referendum era già dato per scontato sui mercati, ora sono le reazioni da parte delle grandi potenze in campo a rivestire particolare importanza, come anticipato dalla chiusura in rosso di Wall Street lo scorso venerdì. 

In realtà la nuova ottava si è aperta con l’attenzione degli operatori già proiettata verso metà settimana, quando la conferenza stampa della governatrice Janet Yellen svelerà le decisioni di politica monetaria della Federal Reserve in materia di tassi e “tapering”, la progressiva diminuzione degli stimoli straordinari all’economia: si tratterebbe del terzo taglio, probabilmente ancora per 10 miliardi di dollari, che ridurrebbe il piano a 55 miliardi mensili, mentre minori stimoli dovrebbero ravvivare il dollaro, ai minimi contro euro da oltre due anni a questa parte.

Fronte macroeconomico osservato speciale anche nell’Eurozona, con le impietose rilevazioni Eurostat a sancire un’ulteriore rallentamento dell’inflazione: 0,7% il suo aumento a febbraio (-0,1% rispetto al mese precedente) che si confronta con il +1,8% del 2013, mentre nel Belpaese l’andamento dei prezzi registra un più contenuto +0,4%. Dati estremamente significativi per quanto riguarda le scelte della BCE (Banca Centrale Europea) in tema di politica monetaria ed operazioni straordinarie, soprattutto dopo che il governatore Mario Draghi ha fatto capire di non tollerare un euro così forte in un contesto di inflazione così bassa.

All’Eurotower torna quindi a prendere corpo l’ipotesi di un intervento della banca centrale sui mercati valutari, per indebolire la moneta comune e ridare fiato alle esportazioni dell’Eurozona, anche perché lo spettro della deflazione sta diventando sempre più minaccioso. I dati attuali, se scorporati dagli effetti degli aumenti fiscali, indicano che negli ultimi sette mesi 23 paesi su 28 hanno visto dinamiche dei prezzi negative: in Francia è da giugno che l’inflazione marcia al ritmo (annuo) del -1%, in Belgio ed Olanda è del -2 per cento, in Italia, Spagna e Portogallo arriva addirittura al -4%. Anche se all’interno della BCE l’acquisto di titoli pubblici viene duramente osteggiato da chi, come la Germania, lo considera un finanziamento monetario dei paesi in disavanzo, con i tassi d’interesse ormai vicini allo zero l’adozione del Quantitative Easing (massicci acquisti di titoli per aumentare la liquidità del sistema) in un prossimo futuro sembra quasi una scelta obbligata.

Per quanto concerne invece i mercati asiatici, gli indici della regione continuano nel loro andamento al ribasso a causa delle tensioni internazionali ed ai dubbi circa le prospettive di crescita della Cina. La turbolenza ucraina ha influenzato negativamente la Borsa di Tokyo (-0,35%), che ha sofferto del ribasso dei grandi gruppi esportatori nipponici, con l’eccezione degli acquisti tornati su Toyota (+0,22%). 

Hong Kong ha ceduto lo 0,25% a seguito dell’aumento delle banche d’affari che, dopo gli ultimi deludenti dati macro, hanno tagliato le stime di crescita del sistema produttivo cinese, mentre Shanghai è riuscita a guadagnare lo 0,96% sulla scia del deprezzamento dello yuan.

Avvio di settimana in rialzo per i listini del Vecchio Continente, proseguito in territorio positivo sotto la spinta di alcune operazioni di fusione ed acquisizione che hanno costretto gli operatori a mettere da parte le tensioni geopolitiche fra Ucraina e Russia per la Crimea per tornare a ragionare sui fondamentali delle aziende; l’apertura positiva di Wall Street e gli incoraggianti dati macro statunitensi hanno poi consentito l’allungo a fine seduta: Londra (+0,62%), Parigi (+1,32%), Francoforte (+1,37%) e Madrid (+1,66%).

Partenza di ottava decisamente positiva anche per Piazza Affari (FTSE Mib +2,52%, FTSE Italia All Share +2,37%), che registra la migliore performance di giornata.

Seduta decisamente brillante per i titoli del comparto bancario: ottima giornata per Unicredit (+5,52%) sulle ipotesi fatte dal Financial Times di una possibile quotazione della controllata Pioneer ad inizio del 2015, operazione che potrebbe portare nelle casse della banca una cifra compresa tra i 2 e i 3 miliardi di euro; risultati positivi anche per Popolare di Milano (+2,76%) e Monte dei Paschi di Siena (+3,41%), dopo i forti rialzi registrati la scorsa settimana.

Tra i titoli a maggior capitalizzazione Unipol SAI in guadagno (+2,78%) dopo l’accordo con Allianz per la cessione di un ramo d’azienda del valore di 1,1 miliardi di euro, mentre Generali (+1,38%) ha beneficiato di rumors che vorrebbero il gruppo elvetico Julius Baer interessato a rilevare le attività di BSI dal colosso triestino. RCS Mediagroup (+7,5%) balza in avanti in seguito al miglioramento delle stime sulla redditività per il biennio 2014/2015, mentre Eni (+1,34%) ha visto oggi riunirsi il consiglio di amministrazione per l’approvazione dei dati del 2013 e la definizione dell’ammontare del dividendo; incoraggiante performance infine anche per Telecom Italia, salita del 3,91%.

Sul fronte del debito sovrano, ulteriore lieve calo dello spread, il differenziale di rendimento tra il Btp decennale ed il Bund tedesco di pari scadenza, sceso a 181 Bp (Basis point, punti base) contro i 186 Bp di venerdì, per un tasso sul decennale italiano fissato al 3,37%.

Il rendimento del Bonos al 3,30%, ancora leggermente migliore di quello del Belpaese, è invece frutto di un  differenziale di 174 punti base tra titoli decennali iberici e tedeschi.

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