America ed Asia in crescita, stagnazione in Europa

TRIESTE – Le crescenti tensioni internazionali che la scorsa ottava hanno condizionato il prezzo del petrolio (foriero di rischi legati all’inflazione) ed il sentiment generale (con conseguente aumento dell’avversione al rischio), si sono maggiormente riflesse sui mercati internazionali, con il FTSE Mib a registrare a Piazza Affari una flessione dello 0,8% che ne ha ridotto il rialzo da inizio anno al 15,9%, che non sui debiti sovrani, con lo spread sui titoli di Stato italiani in rialzo ma pur sempre abbondantemente sotto il livello di guardia.

L’attesa per la riunione della Fed di metà settimana e per le decisioni ad essa conseguenti, confermatesi in una politica monetaria accomodante di lungo periodo, ha esercitato una sorta di effetto calmante sui listini che, rapidamente esauritosi, ha fatto comprendere come in realtà non sia cambiato nulla rispetto allo scorso maggio, rimandando a questa ottava (conclusiva del mese di giugno) possibili prese di profitto che potrebbero preludere all’innesco di meccanismi di protezione degli investimenti piuttosto che alla partenza di veri e propri movimenti strutturali ribassisti.

Si spiega così il lunedì in rosso del Vecchio Continente, conseguenza anche di indicatori a luci ed ombre sull’attività manifatturiera e dei servizi dell’Eurozona: secondo calo consecutivo e dati che deludono le attese per il PMI (Purchasing Managers Index) dei servizi e composito, con il  manifatturiero insufficiente pure in Germania; anche a livello europeo (stime flash) manifattura e servizi sono inferiori alle stime degli analisti, nonostante l’economia rimanga tecnicamente in fase di espansione. A questo proposito Mario Draghi, presidente della BCE (Banca Centrale Europea), così ha commentato  al quotidiano olandese De Telegraaf: «La ripresa è in corso da nove mesi ma è ancora debole, distribuita non uniformemente nell’area euro. Ed è fragile»; nondimeno «L’attività economica sta gradualmente, anche se piano, accelerando», anche se il livello di disoccupazione «è ancora molto alto».

Un altro elemento responsabile dell’avvio di ottava in salita e del mancato rimbalzo delle principali piazze dell’Eurozona è legato alla situazione dell’Argentina, che rischia un nuovo clamoroso default: dopo che la corte suprema Usa ha respinto il ricorso di Buenos Aires condannandola a pagare oltre 1,3 miliardi di dollari agli hedge fund che hanno rifiutato l’accordo nel 2001, notizia alla quale hanno risposto l’immediato aumento dello spread tra titoli di Stato argentini ed americani e lo scivolone (-6,6%) della Borsa, di fronte all’eventualità di pagare un debito “enorme” per le finanze pubbliche il Governo argentino ha comunicato ieri la disponibilità a trattare, chiedendo la sospensione della sentenza.

A confermare la crucialità del momento i dati del mese di giugno dell’indice IFO in Germania, che segnala il trend dello sviluppo economico: sceso a 109,7 punti dai 110,4 di maggio (dato rivisto) è risultato peggiore delle stime degli analisti, trascinando al ribasso anche il sottoindice relativo alle aspettative. Di fronte all’evidenza che nemmeno Berlino è più immune alla crisi, il Cancelliere tedesco Angela Merkel ha rivisto le proprie posizioni in materia di Fiscal Compact ed austerità dei bilanci, concedendo ai Governi in maggior difficoltà più tempo per risanare le proprie casse e per rientrare dal deficit, rivalutando gli investimenti produttivi proprio nel calcolo di quest’ultimo; una svolta definita “storica” dal Corriere della Sera, posto che la Merkel e la Germania sono sempre stati strenui fautori dell’austerity. Alla vigilia della presidenza italiana di turno dell’Unione queste parole sono un vero toccasana per Renzi, prossimo leader, rafforzando le speranze riguardo una fine dell’austerità ed una spinta allo sviluppo economico condivise anche di altri paesi che mal sopportano il rigore e la severità di Berlino.

La buona tenuta di Wall Street dopo i nuovi record di venerdì scorso ha spinto l’indice MSCI Asia (+0,2%), mentre la ripresa del dollaro ed il contestuale indebolimento dello yen hanno portato la Borsa di Tokyo (+0,13%) al livello più alto di chiusura da quattro mesi e mezzo; il mercato comunque ha preferito non prendere posizioni in attesa del discorso del premier Shinzo Abe sulle prossime mosse di politica economica. Stime positive anche per l’industria cinese, che mostra una crescita dell’attività manifatturiera nella prima economia emergente del mondo, facendo salire Hong Kong dello 0,4% e Shanghai dello 0,2%.

Apertura di contrattazioni in moderato progresso per le Borse di Eurolandia, in attesa della comunicazione dei dati sulla fiducia delle imprese in Germania; la frenata della prima economia del Vecchio Continente è stata colta come un segnale di rallentamento per l’intera regione, ma la ripresa di Wall Street ha permesso a molti listini di recuperare una giornata al di sotto delle previsioni: Madrid (-0,11%) e Londra (-0,2%) si sono abbandonate al segno meno, Parigi (+0,06%) ha chiuso pressoché invariata e Francoforte (+0,17%) in debole rialzo. 

Piazza Affari (FTSE Mib -0,25%, FTSE Italia All Share -0,32%) in territorio negativo nella seduta odierna, a pagare l’andamento pesante del settore bancario e, in particolare, di MPS e BPER (entrambe alle prese con l’aumento di capitale), quando invece le principali piazze europee si sono attestate attorno alla parità.  

Prevalenza di vendite sui bancari: Monte dei Paschi di Siena (-13,4%) ha subito un brutto scivolone così come Banca Carige (-7,49%), seguite alla distanza da Unicredit (-2,46%), che ha scontato la notizia della vendita di 32.200 azioni della banca da parte del proprio numero uno, Federico Ghizzoni, che ha incassato per l’operazione oltre 211mila euro. Tra i titoli a maggior capitalizzazione si è fermata la corsa di Finmeccanica (-0,72%); in evidenza Mediaset in attesa, domani, della decisione della Lega calcio sull’assegnazione dei diritti tv 2015-18; bene Atlantia (+1,49%) in scia alla notizia di ieri che il Governo francese rimborserà la società per l’Ecotassa.

Infine debutto negativo per Cerved (-1,96%) sul listino italiano, con il valore delle azioni ad attestarsi al prezzo minimo della forchetta (5-6,5 euro) definita dal management nonostante l’amministratore delegato dell’azienda, Gianandrea De Bernardis, abbia segnalato l’ingresso di alcuni investitori istituzionali esteri nel capitale della società.

Sul fronte del debito sovrano il Btp perde ancora qualcosa portandosi al 2,88% con uno spread sul Bund tedesco di 156 Bp (Basis point, punti base); rendimento dei Bonos spagnoli decennali anch’esso in frazionale salita al 2,69% con uno spread Bonos-Bund a 137 punti base.

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