Cartoline & Ritagli (6). Tripoli, bel suol d’amore…

Sai dove s’annida più florido il suol ?
Sai dove sorride più magico il sol ?
Sul mar che ci lega con l’Africa d’or,
la stella d’Italia ci addita un tesor.
Ci addita un tesor!

Tripoli, bel suol d’amore,

ti giunga dolce questa mia canzon!

Sventoli il tricolore

sulle tue torri al rombo del cannon!

……..

Testo di Giovanni Corvetto,   musica di Colombino Arona  1911

Sono passati cento anni, da quel 1911,  quando l’Italia diede inizio alla guerra italo-turca occupando la Cirenaica e la Tripolitania e sottraendola al dominio ottomano per imporre il proprio dominio. Sono passati cento anni da quel rombo del cannon cantato nella popolare – e demenziale –  canzonetta dedicata a Tripoli. Sono passati cento anni e in quei luoghi ci si sveglia ancora al rombo …dei missili.

Non fu propriamente fortunata l’avventura coloniale italiana in Libia. Per  battere  la resistenza senussita  sia durante l’età liberale che soprattutto durante il Fascismo con Badoglio prima e con Graziani poi,  si utilizzarono modalità militari e politiche durissime e crudeli arrivando, per battere i ribelli,  alla  deportazione di  intere popolazioni, fino alla  impiccagione nel 1932  dell’anziano capo della resistenza Omar al-Muktar:  la ribellione era stata stroncata ma era costata moltissime vite umane: probabilmente, secondo le stime più serie e accreditate, decine di migliaia, forse centomila!

Avendo stroncato la ribellione il Fascismo diede impulso alla sua politica di espansione, inviando molti coloni in quelle terre aride e dure: l’occupazione italiana durò fino al 1943 quando gli inglesi entrarono  a Tripoli. Tuttavia alcune migliaia di italiani rimasero in Libia fino alla  presa del potere nel 1969 da parte di Gheddafi che sostituì la vecchia monarchia senussa. Gheddafi li espulse tutti l’anno seguente confiscandone le proprietà. Dice Paolo Mieli: “E quando nel 1970 partirono gli ultimi italiani, il bilancio dei quasi sessant’anni di loro presenza in quella terra poteva vantare pochi punti al proprio attivo. Neanche quelli che hanno contrassegnato le esperienze coloniali negli altri Paesi del Terzo Mondo”.

Tra i pochi punti all’attivo della nostra presenza a Tripoli ci sono alcune significative testimonianze  dell’arte  e  dell’architettura di quella età coloniale, oggi messe a repentaglio, insieme alle ben  più importanti vite di molti uomini e donne, dagli sconvolgimenti della guerra civile in corso. L’architettura è l’immagine tangibile e concreta del potere e spesso è la prima vittima delle rivoluzioni.

L’architettura italiana in Libia  si è sviluppata soprattutto durante gli anni del Fascismo a partire già dagli anni Venti. Molti architetti italiani, di primo piano in quel periodo,progettarono e realizzarono  edifici e piani urbanistici in quella che il Regime arrivò a dichiarare non una colonia ma  addirittura una delle Regioni d’Italia, la quarta sponda nel  Mediterraneo.

I nomi sono quelli di Armando Brasini, autore a Roma della chiesa di Piazza Euclide e del Piano regolatore del  quartiere Flaminio, che a Tripoli progettò il Palazzo della Cassa di Risparmio, il Lungomare Volpi, il Monumento ai Caduti e alla Vittoria: opere che in realtà non aderiscono alle correnti culturali predominanti durante il fascismo – il Monumentalismo e il Razionalismo –  ma che rappresentano  una sorta di barocco espanso un po’  fuori dal tempo. E ancora Alessandro Limongelli, Alberto Alpago Novello e Ottavio Cabiati,  autori soprattutto di piani urbanistici.

Da ricordare è senz’altro Florestano Di Fausto autore sopratutto dello Uaddan di Tripoli, un complesso polifunzionale  oggi adibito ad albergo che comprendeva oltre all’albergo, un teatro e un casinò da gioco,  che allora campeggiava sul lungomare Volpi.

Tutte queste opere erano connotate  da alcune caratteristiche sempre presenti che rimandano  ad altre costruzioni realizzate in Italia – L’Eur a Roma, o i Municipi delle Nuove Città della Bonifica Pontina come Sabaudia, come Latina: le  lunghe teorie di archi e di  porticati immancabilmente bianchi fanno immediatamente pensare alla Metafisica e al clima culturale del  movimento artistico  italiano del Novecento.
Tripoli, intorno alla vecchia Medina araba, è una città dai tratti italiani sia per l’impianto urbano che per i singoli edifici che la compongono,  e persino in mille piccoli particolari artistici disseminati in tutta la città, come, ad esempio, la Fontana della Gazzella, sul Lungomare, divenuto il simbolo della città.

Molto a Tripoli è rimasto di quella stagione, anche se molto è stato distrutto. C’è da augurarsi che la auspicata primavera del Maghreb porti quelle popolazioni ad elaborare il passato e le memorie da esso lasciate e che possono  essere  conservate e valorizzate anche allo scopo di costruire una nuova  identità a partire dalla comprensione della storia.

La galleria fotografica riproduce una serie originale di cartoline degli anni ’50 relative a vedute di Tripoli stampate da una Azienda Italiana.

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