E adesso gli spagnoli tremano per il crac di Bankia

La quarta banca spagnola rischia di fallire. Il caso di Bankia è scoppiato clamorosamente in questi giorni, costringendo il governo di Mariano Rajoy a ipotizzare dapprima un intervento da 10-11 miliardi, poi addirittura da 23,5. E non è detto che la cifra sia sufficiente ad evitare il default dell’istituto di credito.

Il superliberista esponente del centro-destra, che ha prontamente adeguato il Paese alla ricetta imposta dai mercati e dalle istituzioni finanziarie, facilitando i licenziamenti e tagliando la spesa sociale, diventa keynesiano quando si tratta di salvare una banca, seguendo il collaudato schema della «privatizzazione dei profitti e nazionalizzazione delle perdite», appesantendo in questo modo il deficit annuale della Spagna, che già viaggia intorno all’8,5% del prodotto interno lordo.

D’altronde, il Presidente di Bankia, Josè Ignacio Goirigolzarri si è detto sicuro dell’intervento salvifico del Governo ma sarebbe davvero interessante scoprire perché la quarta banca spagnola si ritrova con un buco di bilancio così ingente. Goirigolzarri si è limitato ad imputare genericamente alla crisi economica e non ad una cattiva gestione la causa primaria del dissesto.

Il Fondo di aiuto pubblico al settore bancario, però, potrebbe non essere sufficiente, perché potrebbero essere necessari altri interventi per 60 miliardi di euro.La Commissione europea sta seguendo da vicino la situazione della banca spagnola. In particolar modo, si cominciano a nutrire dubbi sulla possibilità che a Spagna possa continuare in modo autonomo, senza richiedere l’aiuto del fondo salva-stati dell’Unione europea. Il rischio di un crac spagnolo è molto serio e, insieme a quello greco, potrebbe causare un effetto domino ai Paesi più indebitati, come l’Italia.

Secondo il «Wall Street Journal» soltanto l’adozione degli Eurobond, unitamente ad un’iniezione aggiuntiva di liquidità da parte della Banca centrale, potrebbe contribuire in modo determinante a limitare i danni della crisi. Su questo fronte, però,la Germania, insieme all’Olanda e all’Austria, non mostra di voler cedere al suo secco “no”.

Il «Financial Times» teme una corsa agli sportelli dei cittadini di alcuni Paesi membri dell’Unione, che scatenerebbe un panico distruttivo. Per scongiurare questa ipotesi, secondo il quotidiano finanziario inglese, sarebbe necessario approntare un sistema di unico di garanzia dei depositi.

L’attesa, anche da parte dei mercati, è ora per le raccomandazioni di mercoledì della Commissione europea sul rientro dal deficit e sugli aspetti strutturali della crisi. Da queste raccomandazioni sarà possibile capire se la politica economica europea cambierà il passo, perché quello di adesso è palesemente inadeguato.

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