Il caso dell’Ilva. Il nesso tra fabbrica, ambiente e città

di Luigi Agostini  e Nando Blanda

ROMA – Ilva come caso esemplare del dilemma ambiente/occupazione? Ilva come caso emblematico della subalternità operaia alla egemonia padronale?

L’attuale Ilva rappresenta un concentrato di questioni come forse nessuna altra grande fabbrica attualmente può rappresentare. Rappresenta l’ultimo prodotto della grande strategia di Oscar Senigallia, l’acciaio per l’industrializzazione del Paese; rappresenta, dal versante tecnologico, l’ultimo stabilimento a ciclo integrale, la siderurgia sull’acqua; rappresenta, dal punto di vista della strategia dello sviluppo, il più grande intervento per il decollo industriale del sud del paese; rappresenta anche, dal punto di vista politico, uno dei misfatti principali del secolo, la stagione delle privatizzazioni degli anni ‘90; rappresenta, dal punto di vista sindacale, un duplice processo: un ricambio quasi generale della forza-lavoro, e su tale ”prato verde”, l’instaurazione di relazioni di lavoro analoghe a quelle della prima fase della storia della industrializzazione. Una cesura nella storia contrattuale

E’ evaporata la cultura della produzione

Rappresenta infine, nella maniera più cruda e negativa, il rapporto tra questione urbano-ambientale e presenza industriale, in un tempo in cui la cultura della produzione è evaporata dappertutto, anche a sinistra. E per ultimo, in una città, Taranto, che ai suoi albori, con il grande governo di Archita, aveva spinto Platone, incuriosito sul sistema di governo della città, a uno dei suoi viaggi in Italia.
Le vicende di questi giorni possono aprire una riflessione sull’insieme di tali aspetti, ma per portare a risultati positivi tale riflessione ha bisogno di ripercorrere i punti salienti della storia sindacale e produttiva, a partire  dai suoi punti critici. La nostra convinzione generale è che per evitare il dilemma radicale ambiente/occupazione, di trovarsi come si diceva in altri tempi, in un momento storico topico, tra la spada e il muro, la riflessione debba concentrarsi, in primo luogo, sulla impostazione contrattuale del sindacato.
Il nesso (o la sua assenza) tra fabbrica-ambiente-città va creato nella impostazione contrattuale del sindacato. Tale strategia può produrre una cultura della produzione dentro e fuori della fabbrica, un nesso tra ambiente interno e ambiente esterno al posto di lavoro. Ma può anche ridursi a più salario e meno orario, come recitava uno slogan in voga negli anni ‘70: in tale caso si realizza l’abbandono da parte dei lavoratori e del sindacato, della tematica della produzione, cioè della organizzazione della produzione e del lavoro, ritenuta una tematica che appartiene unicamente all’impresa. E con ciò, anche l’abbandono della ispirazione unitaria: la FLM in definitiva, è stata costruita su tale pietra angolare.
Il momento storico topico, per l’Ilva di Taranto, è arrivato: la contraddizione lavoro-ambiente ha assunto un carattere esplosivo. A Taranto si parla persino di emergenza sanitaria.  La ragione di fondo va ricondotta senz’altro a tre fattori della storia recente:c risi finanziaria dell’Italsider, privatizzazione del siderurgico, vendita (meglio svendita) a un privato, completamente digiuno della cultura necessaria a dirigere una macchina complessa come un centro siderurgico integrale.

Un drastico cambiamento delle relazioni sindacali

La gestione Riva, all’insegna del massimo sfruttamento dell’esistente, ha imposto anche un drastico cambiamento dei termini delle relazioni sindacali: le precedenti relazioni, che faticosamente si erano sviluppate attorno al nucleo tematico della organizzazione del lavoro – nel doppio versante di salute/sicurezza e qualificazione/professionalizzazione del lavoro – sono state espunte dal tavolo del confronto. La cultura sindacale della organizzazione del lavoro, complice anche un profondo ricambio della forza-lavoro del siderurgico, facilitata anche dalla vicenda amianto e dai pensionamenti anticipati, è stata soppiantata da rapporti sindacali da padrone delle ferriere.
Il carattere esplosivo della contraddizione lavoro/ambiente sembra mettere in discussione – oggi – il futuro del siderurgico. Il futuro del siderurgico rimanda però alla profondità delle ragioni che portarono alla nascita del siderurgico stesso: le ragioni della fine rinviano  sempre alle ragioni dell’ inizio.

Attuali le ragioni storiche della nascita del siderurgico

Le ragioni storiche della nascita del siderurgico sono tutte attuali, dalla presenza industriale al Sud, all’acciaio per l’industrializzazione. Se mai ancora più valide ed attuali nella attuale crisi e negli strumenti reali per fronteggiarla.
Rendere compatibile il rapporto lavoro/ambiente significa però, nella situazione che si è venuta determinando, un intervento ambientale di grandi proporzioni, e quindi un investimento di grandi risorse. Molto al di là – a quanto sembra – della portata dei cannoni dell’azienda. Un massiccio intervento pubblico. Quindi della collettività nazionale.
Sorge quindi spontanea una domanda: come conciliare la natura di tale intervento con la gestione puramente privata del siderurgico? La risposta non può essere che una: solo se il pubblico diventa stratega della politica industriale del settore, in un quadro europeo e con una ispirazione meridionalistica. Strategia pubblica in cui possono rientrare anche una presenza pubblica nella proprietà, fuori da ogni logica di assistenzialismo e di liberismo, e un ruolo delle organizzazioni sindacali come parte sostanziale del punto di vista autonomo dei produttori più diretti. L’ultimo aspetto può diventare il terreno privilegiato per combattere il rischio di subalternità operaia alla egemonia del padronato,se i lavoratori/ produttori ne saranno capaci.  Come si vede, si potrebbe dire del pubblico quello che diceva il Poeta:

L’ombra  sua torna ch’era dipartita….

Ma soggetto privilegiato, in questa vicenda, deve diventarlo la parte migliore della comunità tarantina se, riscoprendo la sapienza politica dell’agorà dei suoi albori, saprà superare la attuale guerra distruttiva di tutti contro tutti; che, come tutti dovrebbero sapere, rappresenta il modo migliore per assolvere i veri colpevoli.

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