Italia a rischio crisi sociale. E Grillo non muove dito per evitarla

La situazione politica è in stallo. Grillo continua a dire no a qualsiasi governo, tecnico o politico.

Non credo che sia una posizione che potrà durare a lungo. Grillo nei suoi interventi denuncia che presto si arriverà a una situazione in cui non si potranno più pagare stipendi e pensioni. Come politico non dovrebbe limitarsi ad affermare queste cose, dovrebbe anche preoccuparsi di evitare che ciò accada, andando così incontro alle richieste di maggior sicurezza ed equità sociale dei milioni di cittadini che lo hanno votato. Non si può far politica avendo attenzione soltanto agli interessi del proprio partito. A maggior ragione in un momento come questo di gravissima crisi economica e sociale, in cui sono in discussione i destini del nostro paese e dell’Europa.

I dati che vengono periodicamente sfornati dall’Istat e dai vari uffici studi parlano di un’Italia gravemente malata, in cui si fa sempre più alto il rischio di una crisi sociale. La disoccupazione in costante aumento, la ricchezza prodotta in costante diminuzione (con la conseguente riduzione delle risorse disponibili) e la mancanza di concrete prospettive di ripresa rischiano di creare una miscela esplosiva.

Le proposte di governo avanzate dal Pd 

L’incertezza politica non fa che peggiorare le cose. In questa situazione penso sia  urgente varare, come ha proposto il Partito Democratico, un programma di governo essenziale in grado di affrontare l’emergenza economica e di dare risposta – attraverso la riforma della legge elettorale, un’autentica legge sul conflitto di interessi e il taglio ai costi della politica – alle esigenze di cambiamento sul piano politico e istituzionale. La scorsa settimana la direzione del Pd ha conferito a Bersani il mandato di costituire un governo sulla base di otto punti programmatici. Se non si vuol cadere nel precipizio occorre un atto di responsabilità che vada oltre gli interessi di bottega di ogni singolo schieramento.

Occorre dare una scossa all’economia

Dare una scossa all’economia con poche e mirate misure e dire un no netto alla sola politica dell’austerità è ciò che si deve fare per evitare il disastro e ridare al paese prospettive di crescita e nuova fiducia. In quest’ottica, se la situazione politica dovesse consentire un’azione mirata, ma profonda, sarebbero quattro i temi su cui sarebbe necessario intervenire: disoccupazione, precarietà, crescita, redditi.

La prima misura necessaria riguarda la riduzione del cuneo fiscale – e quindi del costo del lavoro – per favorire l’assunzione di giovani, di over 45 rimasti senza impiego e di lavoratori in mobilità, riducendo in questo modo anche la precarietà.

Un secondo pacchetto di misure essenziali dovrebbe andare a favore di coloro che sono rimasti senza reddito: persone che a causa della riforma delle pensioni del governo Monti si sono ritrovate senza alcuna entrata; lavoratori, dipendenti di piccole e grandi aziende in difficoltà, che hanno consumato o stanno consumando la loro dote di ammortizzatori sociali; artigiani, commercianti, piccoli imprenditori, società cooperative e professionisti che sono stati costretti a chiudere la propria attività per mancanza di liquidità pur avendo lavoro.

Urgente sbloccare il patto di stabilità

Sbloccare il patto di stabilità per gli investimenti degli enti locali, varare un programma per il pagamento graduale dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle aziende fornitrici e prevedere per le imprese il pagamento dell’Iva solo nel momento in cui vengono saldate le fatture per le prestazioni eseguite sarebbe, oltre che un atto di giustizia, un modo per ridare fiato all’economia.

Come un modo per ridare fiato all’economia favorendo la ripresa dei consumi sarebbe intervenire sui redditi da salario e pensioni, favorendo il rinnovo dei contratti di lavoro e abolendo il blocco delle indicizzazioni che grava sulle pensioni tre volte superiori il minimo.

Se l’obiettivo delle forze politiche sarà quello di perseguire il bene comune, questi contenuti proposti dal Partito democratico (o almeno una parte di essi) potrebbero costituire una base programmatica per ridare stabilità al paese. 

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