La sindrome dell’oratorio. Come ci si scanna per essere più vicini al parroco Grillo

ROMA – Non proviamo alcuna soddisfazione e ancor meno sorpresa nell’assistere al progressivo dissolversi del “fenomeno” M5S. Oggi l’assemblea congiunta dei deputati e dei senatori deciderà sull’espulsione della senatrice Adele Gambaro, come richiesto da Bepp Grillo.

Questo dissolversi lo avevamo previsto in tempi non sospetti. Proviamo eventualmente fastidio per i toni piagnucolanti e vittimisti che vengono usati in particolare da Grillo e dai suoi fedelissimi. Un atteggiamento, quello degli illuminati e dei guru, che se non si parlasse di una forza politica che ha raccolto il 25 % dei voti alle elezioni nazionali definirei patetico e grottesco. Ma visto che quel risultato c’è stato e 8 milioni e passa di italiani li hanno votati (anche se poi in molti ci hanno velocemente ripensato alle ultime amministrative) quello che sta avvenendo dentro e attorno al M5S ci riguarda e ci costringe alla massima attenzione.
La forma è sostanza. Nella vita e in politica. E la forma e la sostanza valgono per tutti, M5S compreso. Si può affannare quanto vuole il supporter Andrea Scanzi (l’unico che riesce a essere paragonabile a Capezzone in casa M5S) su Il Fatto, ma la questione non è occultabile e non è affatto marginale. Il megascazzo, come lo chiama Scanzi, che sta mettendo in scena da mesi il M5S (se non da anni ovvero dai tempi di Tavolazzi) non è roba da poco. Il bisogno di un nemico interno, di ossessionante controllo, di tribunali del popolo, di cercare infiltrati e traditori è l’unico coagulante indentitario del movimento inventato dal duo Grillo Casaleggio. Non ci sono idee comuni (dimostrazione lo scontro non ancora abbastanza analizzato sulla questione dell’Ilva di Taranto), non c’è un progetto di società e di modello democratico, non c’è un’elaborazione collettiva e ideale. C’è solo l’identità salvifica del leader a giustificare ogni cosa. Grillo incarna la verità e il bene e il verbo. Solo lui. E per essere più vicini al leader è necessario operare ossessivamente e con metodi da paranoici stalinisti per escludere e eliminare ogni rivale. La potremmo chiamare “sindrome da oratorio”. La guerra fra chirichetti per essere più vicini al parroco. È questa continua caccia al traditore e all’infiltrato che tiene in piedi il movimento. Tutto il resto sono chiacchere. Il movimento si tiene in piedi su questo, e Grillo e Casaleggio lo sanno perfettamente e infatti hanno costruito il primo partito/setta della storia repubblicana fondato sulla fedeltà acritica e la delazione fra gli adepti. Basta riguardare la storia di tutte le epurazioni messe in atto negli anni (dai primi MeetUp a oggi) e tutto diventa evidente.
Scanzi e Travaglio parlano di 20 disegni di legge presentati e di altri in preparazione da parte dei cittadini a cinque stelle. Vorrei vedere che non ci fossero almeno quelli, con 160 e passa parlamentari 20 proposte di legge sono una roba ridicola. Poi andiamo a l’inesigibilità di B. Dicono che il M5S è stata l’unica forza politica a presentare una mozione sull’argomento. È falso. Il problema dell’ineleggibilità di B venne presentato per la prima volta nel ’94. Ma fu respinto dal parlamento. La memoria a quanto pare si dissolve quando si parla degli amici. Poi si rivendica l’adesione alla mozione del Pd per tornare al mattarellum. Adesione, non presentazione. L’atto formale l’ha fatto il parlamentare del Pd Giachetti (ripetiamo, del Pd) che da anni combatte su questo tema. Direte, non c’è differenza fra presentazione e adesione. E no, se ti sei fatto eleggere e quello della legge elettorale è stato uno dei punti centrali della tua campagna elettorale la differenza c’è ed è enorme. Stessa cosa vale per l’opposizione messa in piedi con Sel sul tentativo da parte della maggioranza di aggirare l’articolo 138 della Costituzione. Una cosa fatta con Sel e dopo una certosina opera di costruzione e avvio di dialogo messa in atto (fra la differenza generale degli stellati) dal partito del super nemico Vendola e vista (prima che producesse quel risultato) quasi come un atto di lesa maestà dal leader tuonante. Anche su questo la memoria dei due censori/ incensori si è inceppata.
Paradossalmente con questo non diciamo che la squadra di parlamentari M5S sia composta da incompetenti. Pensiamo tutt’altro. I parlamentari grillini sono impossibilitati dall’operare non dalla propria inesperienza, ma dalla forma settaria del movimento. L’enormità delle energie spese nella caccia ai presunti traditori e infiltrati e nell’intollerabile piagnisteo del “nessuno ci caga” non è un’invenzione della stampa nazionale. È l’unica cosa che il M5S comunica all’esterno e all’interno del movimento. Ogni giorno (ogni santissimo giorno) ci si alterna fra accuse di “aggressioni” e richieste quotidiane di dichiarare la propria fedeltà assoluta a Grillo e Casaleggio. Questo si comunica e questo si fa. E l’azione politica e soprattutto parlamentare diventano un optional. Come puoi fare il parlamentare seriamente se il tuo vicino di banco prepara dossier su di te? Come puoi dibattere con i tuoi colleghi di gruppo se tuoi collaboratori imposti dal leader e dalla srl del suo “vice” passano il tempo a pedinarti, filmarti, appuntarsi ogni tuo sospiro e espressione? Come puoi operare seriamente e serenamente se ogni tuo dubbio o idea non può essere espresso o discusso rischiando di trovarti in un minuto sotto processo dalla folla manovrata dal leader e dal suo vice?

E perfino un’eventuale scissione si può leggere in questo modo, attraverso la “sindrome da oratorio”. Perfino i dissidenti non riescono a concentrarsi su cosa vogliono o su come reagiranno gli elettori e attivisti. È tutto letto a diretto sul leader. Lui benedice o espelle, lui accarezza o bastona, anche se se fuori. Soprattutto se sei fuori. E se questa non è una setta cosa altro è?
Un piccolo appunto, poi, è obbligatorio. Scanzi e Travaglio dovrebbero avere il pudore di evitare di giudicare le altre pur criticabili testate giornalistiche quando paramano di Grillo e M5S. Ogni volta che lo fanno sembrano cadere nello stesso gioco che denunciano. Per buon gusto sarebbe il caso, prima di indicare il difetto altrui, di fare un piccolo sforzo di trasparenza chiarendo per una buona volta quale sia il peso diretto e indiretto di ChiareLettere e della Casaleggio associati nella proprietà e nella linea editoriale de Il Fatto. Ma come nel caso del M5S quando si fanno domande su proprietà e linea politica e editoriale scatta automaticamente il meccanismo di autodifesa usuale della peggiore Italia: l’attacco furibondo.

Un’ultimissima cosa. La denuncia generica e finora risultata campata in aria sulla presunta compravendita dei parlamentari M5S avanzata dal neo capogruppo alla Camera Ruccardo Nuti. Prima che ricevesse l’incarico avevamo visto una sua breve intervista su La7 in cui, molto aggressivamente, rispondeva non alle domande della giornalista ma lanciava non troppo sottintesi “messaggi” all’intervistatrice. L’atteggiamento di Nuti ci aveva particolarmente colpito. Soprattutto sul piano del linguaggio (torna la forma come sostanza). Ci sembrava di rivedere le scostanti non risposte di giovani parlamentari (o consiglieri o candidati( di qualche anno fa e di ben altre forze politiche. “Lo dice lei”, “Me lo dica lei”, etc etc (andatevela a cercare è un pezzo di Piazza Pulita rintracciabile sul sito de La7). Disagio e poi sospesi il giudizio. Poi due giorni fa (a scazzo in corso) Nuti si è lanciato a denunciare la compravendita dei parlamentari accusando ovviamente i suoi colleghi meno fedeli alla linea (altalenante) del leader. Senza fare nomi, ovviamente. Ne di chi stava tramando l’operazione ne di chi la stava accettando nelle fila M5S. A chi gli ha chiesto “fuori i nomi” lui ha risposto “ora li faccio”, poi ha ribadito che li avrebbe fatti, poi ha ripetuto che li stava facendo, poi ha giurato che da lì a un minuto li avrebbe pubblicati e poi… Niente! Questi nomi non sono ancora usciti.
Vai a vedere che certa antica scuola politica (siciliana e non solo) ha ancora degli allievi.

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