La decrescita felice contro i rifiuti di Roma

ROMA – Bisognerebbe leggere il libro la “Decrescita Felice” di Maurizio Pallante per convenire con l’autore sull’inutilità delle tante cose che compriamo e che poi inevitabilmente diventano merce inservibile, da buttare.Trattasi di “monnezza”, ovvero quei sacchetti riempiti e maleodoranti da cui disfarsi il prima possibile e in qualunque modo.

Non è un caso se Malagrotta nel giro di pochi anni è diventata la più grande discarica a cielo aperto d’Europa con i suoi 240 ettari, riempiti  365 giorni all’anno da  5000 tonnellate di rifiuti e 330 tonnellate di fanghi e scarti.
E a forza dell'”usa e getta” di milioni di cittadini le buche si sono riempite sempre più fino ad esaurire lo spazio a disposizione. Nel frattempo la tanto agognata raccolta differenziata non è mai partita capillarmente a Roma rimanendo, nonostante le tante promesse, un sogno nel cassetto per i cittadini, un problema da rimandare per le varie amministrazioni che si sono succedute negli ultimi anni. Adesso, però, i nodi sono arrivati inevitabilmente al pettine e una soluzione saggia andrebbe trovata il prima possibile, senza ignorare la cosiddetta voce dal basso come recitano molti slogan politici. Oggi in campo ci sono i nuovi protagonisti e i vecchi risolutori finali, che in attesa di infondere una coscienza sull’uso e sul riuso dei rifiuti, stanno tentando di trovare una soluzione tecnica che metta tutti d’accordo. Operazione difficilissima, visto come stanno le cose.
Sul sito della Falcognana al 15mo chilometro dell’Ardeatina, individuato dal commissario straordinario Goffredo Sottile come il prosieguo temporaneo di Malagrotta, le cose si sono infatti messe di traverso subito. Ne sono successe di cose dopo quel 25 luglio, giorno in cui  i cittadini dell’agro romano scoprirono che a breve si sarebbe realizzato una seconda discarica proprio a casa loro. Da quel dì si è scatenato l’inferno  sotto l’ombra del Colosseo.
Alcuni politici hanno gridato allo scandalo, chi in maniera legittima, chi per ripulire la propria immagine, chi per semplice opportunismo, i rappresentanti del Divino Amore hanno minacciato  di  incatenarsi sull’Ardeatina con tanto di gonfalone della Vergine Maria e i cittadini consci della loro ragione hanno dichiarato resistenza ad oltranza. Decreti salva ambiente, rapporti oscuri e mai pubblicati, cartine topografiche idrogeologiche sono servite ben poco a dimostrare il pregio del territorio, nuova terra di frontiera di una discarica che scandalizza.

E poi manifestazioni, assemblee, presidi alla discarica, sit-in fino al “famigerato” corteo del primo agosto, sfociato in concomitanza con l’inaugurazione dell’isola pedonale ai Fori Imperiali, durante il quale si è detto di tutto e di più. Tralasciamo le tante dichiarazioni che si sono succedute, che sanno di uno scontro politico anacronistico visto che destra e sinistra governano assieme il paese.

Tuttavia non è passato  molto tempo che, oltre alle deboli valutazioni di Sottile sulla scelta del sito della Falcognana, almeno per chi ha letto la relazione, si sono aggiunti altri nodi al pettine: le indagini in corso  nei confronti della società Ecofer che già tratta i rifiuti “fluff” e che dovrebbe con assegnazione diretta realizzare e gestire anche la nuova discarica. Due fiduciarie e nessun nome è quanto si  cela al momento dietro a questa inquietante macchina dei rifiuti, che guarda caso fa muovere milioni di euro. E non ultimo l’esposto del Coordinamento no discarica e inceneritori Municipio IX che potrebbe provocare l’apertura di un’inchiesta da parte della procura della repubblica.

Viene da chiedersi come si è potuti arrivare a questo. E’ pur vero che in Italia i problemi si tramandano sempre da amministrazione ad amministrazione, ognuna delle quali finito il mandato lascia la patate bollente in mano ai successori, ma è possibile che emerga un qualunquismo così evidente? E così non solo il problema  rimane, ma addirittuta peggiora.
Chissà che la vicenda Falcognana insegni. Di certo ha alimentato nei cittadini che ci abitano una maggiore consapevolezza sui rifiuti e sui consumi e, forse, questi problemi tecnici, porteranno un motivo in più per acquisire maggiore conoscenza e saggezza a chi ha potere decisionale su questa contorta vicenda.
Altro che effetto Nimby, qui ci vorrebbe solo un bagno di coscienza anche sui consumi, che sono in pole positione nella filiera dei rifiuti. Insomma, non resta che sperare che qualcosa di simile alla decrescita felice diventi un modello di vita da adottare dalle amministrazioni e da insegnare ai cittadini a partire dalle scuole. Differenziata inclusa.

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