I periti, un problema per tutta l’organizzazione giudiziaria

ROMA – Che qualità devono avere i consulenti tecnici? Rispondo con quanto ci ha detto il magistrato Bartolemeo Quatraro, presidente di sezione civile e responsabile consulenti tecnici al tribunale di Milano, a Milano n occasione del nostro 3° Convegno Nazionale: “…possono ottenere l’iscrizione nell’albo dei consulenti tecnici, coloro che sono forniti di speciale competenza tecnica in una determinata materia”.

Ed ancora: “per ottenere l’iscrizione nell’albo in oggetto non è sufficiente la normale competenza tecnica che deriva dal possesso del diploma o dalla laurea o dal positivo esercizio, anche prolungato nel tempo, dell’attività tecnica, ma sono necessari elementi documentari, idonei a provare che il richiedente ha conseguito speciale, cioè non comune, competenza tecnica nella o nelle materie per le quali chiede l’iscrizione. In quanto la speciale competenza tecnica è voluta dal legislatore per consentire al giudice di poter fidare su di essa ed utilizzare la stessa nell’espletamento delle delicate e complesse funzioni istruttorie”. 

Si richiedono condizioni professionali elevate

 

E poi ancora “…che con tale aggettivazione richiede al tempo stesso che le condizioni professionali raggiunte siano veramente “elevate”, “profonde” particolarmente “collaudate” sul campo ragguardevolmente “consistenti” ed è naturale che solo un esercizio temporalmente assai rilevante della professione possa averle fatte con una lunga esperienza conseguire e maturare”. Cioè dice: “non basta essere docenti universitario, non basta essere assistenti o ricercatori ci vuole qualcosa di più concreto, cioè di qualcosa che si è acquisito sul campo”. Tutto ovviamente in piena sintonia con il nostro pensiero. Vediamo, però, tutta questa scienza come è messa in pratica “sul campo”. Vediamola con una testimonianza di un altro notevolissimo magistrato, Dott. Antonio Cappiello, presidente di sezione penale all’epoca dell’intervento al nostro 1° Convegno Nazionale: “…Purtroppo, invece devo dire, molti colleghi indicano il perito sulla base di segnalazioni, su un fatto del tutto casuale, il primo che capita. Vi cito solo un fatto effettivamente capitato ad una persona che conosco. Il marito di questa persona era affetto da un cancro al cervello. C’era una causa in corso con l’assicurazione. Doveva essere effettuata una perizia neurologica, fu nominato perito un urologo! Ma vi rendete conto, per me è una questione… Per fortuna si riuscì a nominare, in seguito, un vero medico legale e la questione prese tutt’altro aspetto. Ma vi rendete conto di che cosa significa una cosa del genere?”.Questo è quanto accade! Per questo continuiamo a batterci per un miglioramento delle nostre condizioni per non dover rivivere, a proposito della speciale competenza, ciò che accadde a Roma dove durante un convegno trovammo un perito iscritto al Tribunale di Roma in 26 categorie. Pico della Mirandola non era nessuno al confronto.

 

 

Il Collegio dei periti ,punto di coesione fra tutti i professionisti

Uno degli intenti del nostro Collegio, nato nel 1991, è stato quello di costituire un punto di coesione fra tutti i professionisti che, abitualmente, svolgono anche l’attività di consulente tecnico nelle aule giudiziarie. Abbiamo creduto di poter cementare una categoria, che, invece, si è sempre sentita suddivisa in varie tipologie professionali e merceologiche. Una categoria i cui componenti hanno sempre voluto affermare le proprie differenze e mai le proprie affinità. In essa è convogliato un gran numero di professionisti che, come molti ci ripetono, qui hanno riversato alcuni dei diversi problemi e delle possibili deficienze della primaria attività professionale, non ultimo il riscontro economico. Per contro, prendiamo atto del fatto che, se divisi, poco o nulla riusciremo ad ottenere e che l’adeguamento dei nostri onorari, pur se legittimo, non è il nostro unico scopo. La nostra funzione, di collaboratori del magistrato, partecipa all’affermazione ed alla correttezza dell’atto giuridico, a garanzia di una sempre migliore giustizia per il cittadino.

Il problema della formazione della prova

Da questo punto di vista, ricopriamo un ruolo importante, come ci ricorda sempre l’Avvocato e Senatore Guido Calvi, del quale desidero citarvi parte del suo discorso,ancora oggi attuale,in una tavola rotonda del lontano 1996: “…Torno ancora una volta a riflettere su quelli che sono i problemi della vostra categoria, ma soprattutto ancora una volta, ripeto, quelli che sono i nostri problemi quotidiani, di avvocati, di magistrati e di periti, perché credo che il problema non possa essere visto soltanto come un momento specifico della vostra categoria, che certamente ha problemi straordinariamente seri dal punto di vista dell’organizzazione, della selezione, della formazione di un albo, che mi sembra sempre più indispensabile, al fine di evitare quel clima, ormai d’anarchia, che via via e, sempre più, continua a regnare nel nostro mondo. Invece di trovare delle linee di condotta tali per cui la vostra professionalità, il vostro rigore, i vostri meriti trovino poi riscontro sul piano professionale e, naturalmente, anche sul piano economico, pari a quelle che certamente meritate. …Voi non siete un mondo estraneo al processo, voi siete una parte sostanziale, legata in modo indissolubile alla formazione del convincimento del giudice, al momento della formazione della prova voi siete un momento essenziale e, come tale, non potete sfuggire al problema che investe in questo momento il nostro processo. Penso soprattutto al processo penale. Il vero problema serio che investe il nostro processo è, appunto, quello della formazione della prova”.

Quando le aule dei tribunali si trasformano in teatrini comici

Essendo importanti dobbiamo essere sempre più preparati, sempre più professionali ed assumerci le responsabilità del nostro ruolo. Per questo, in fondo, siamo chiamati e, per questo, in fondo, siamo pagati. Responsabilità e professionalità, parole magiche e troppe volte disattese. L’appiattimento di alcune relazioni tecniche di parte a quelle del CTU, a volte, fa il paio solo con quelle che si arrampicano su specchi inesistenti. La consulenza tecnica di parte, infatti, se deve sempre contribuire al diritto alla difesa, non può arrivare a relazioni che trasformano le aule dei tribunali da dispensatrici di giustizia a teatrini comici. Queste relazioni non fanno altro che contribuire a creare l’abitudine, comunque criticabile, di non considerare per nulla o quasi, salvo eccezioni, la perizia di parte. Riprendendo il discorso sulla strada fatta e sulle nostre convinzioni, debbo ribadire l’obiettivo di affermare che l’attività peritale, pur essendo denominatore comune di tutte le categorie, ha, comunque, una sua specificità e delle peculiarità, forse non difficili da apprendere, quali un’attenta conoscenza di alcune parti dei codici, una naturale tendenza alla gestione delle parti ed una corretta professionalità per un giusto rapporto con il magistrato. Agire secondo scienza e coscienza è l’imperativo che guida ogni intervento professionale: quando i fattori in gioco sono la libertà ed il buon nome del cittadino è indispensabile affermare lealmente le proprie convinzioni senza alcun compromesso! 

 

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