Amministrative Francia. La sconfitta della sinistra timida

 

ROMA – Vince la destra di Marine Le Pen, vince la destra nazionalista e anti-europeista, vincono la rabbia e lo sconforto, vince la paura del futuro e l’astio nei confronti di un’Europa che oggettivamente, finora, ha fatto di tutto per farsi odiare dai cittadini.

Se questo primo turno delle Amministrative francesi doveva inviare un messaggio all’Unione Europea, indubbiamente ha raggiunto l’obiettivo; come ha raggiunto l’obiettivo di segnalare al presidente Hollande tutto lo scontento di un popolo che lo aveva votato, due anni fa, con la speranza di liberarsi del gaullismo degenerato e del rigorismo filo-merkeliano di Sarkozy (memorabile l’appello elettorale della Cancelliera in favore di Sarkò durante la campagna per le Presidenziali) e si trova oggi a fare i conti con un Presidente che di misure di sinistra ne ha varate davvero poche, il cui ministro dell’Interno non perde occasione per vellicare la pancia dell’elettorato con un’insulsa durezza repressiva nei confronti degli immigrati e il cui atteggiamento all’indirizzo del potente alleato tedesco è rimasto, più o meno, identico a quello adottato dal predecessore.

La destra recita la parte della destra

In poche parole, siamo sempre lì: alla destra che recita a meraviglia la parte della destra e alla sinistra che non dimostra lo stesso coraggio nel recitare la parte che dovrebbe appartenere alla sinistra; alle misure di austerità che esasperano gli animi e minano il concetto stesso di convivenza civile; alla devastazione del tessuto sociale a causa dell’incertezza e del terrore di scivolare verso la povertà; al lavoro che manca; allo spread che sale; al fenomeno dell’immigrazione cui l’Europa si ostina a rifiutarsi di offrire una risposta comunitaria e alla pericolosa avanzata di quelle forze, quali per l’appunto il Front National della Le Pen, più abili e sconsiderate delle altre nel promuovere una propaganda nazionalista, deleteria ma efficacissima, in grado di far breccia in una società oramai priva di ideologie, modelli, punti di riferimento, alla quale non resta che la paura e il risentimento, le elezioni utilizzate come sfogo e come ammonimento, senza un progetto, senza un orizzonte, senza una sola idea concreta per governare ma con un sovrappiù di astio da riversare soprattutto nei confronti di quelle forze di sinistra che hanno, oggettivamente, tradito la propria stessa ragione di esistere.

 

Un messaggio in vista delle Europee

 

Se volevamo un messaggio in vista delle Europee, dunque, eccoci serviti: per le forze progressiste saranno ovunque una catastrofe, in Francia di più perché, se c’è un popolo che non ha mai accettato il concetto di sudditanza, questi sono proprio i francesi.

L’attenzione della collettività ora è rivolta al secondo turno di domenica prossima a Parigi perché solo una vittoria di Anne Hidalgo potrebbe consentire ai socialisti di salvare, quanto meno, la faccia e proseguire lungo il percorso di buon governo avviato da Delanoë. Al contrario, in caso di vittoria della candidata dell’UMP, Nathalie Kosciusko-Morizet, con il suo thatcherismo gentile in salsa transalpina, il presidente Hollande, la cui immagine è già stata fortemente minata da alcune discutibili vicende personali, andrebbe incontro al disastro definitivo, spianando la strada allo scalpitante ministro Valls (come dicevamo, in campagna elettorale permanente effettiva ormai da mesi) ma, soprattutto, a quella destra razzista e xenofoba che potrebbe far piombare la Francia in uno scenario devastante da Repubblica di Vichy. E, naturalmente, questo degrado morale, culturale, economico e, di conseguenza, politico non potrebbe che fare scuola e diffondersi in tutti quei paesi europei, in particolare sulla sponda del Mediterraneo, stremati dalla crisi e alle prese con una precarietà esistenziale e dei conti pubblici assai più disastrati di quelli transalpini. 

Le premesse per una Europa a trazione nera

 

Le premesse per un’Europa a trazione nera, insomma, ci sono tutte, la base sociale per il ritorno di un totalitarismo in forme meno eclatanti ma non meno violente di quello che distrusse l’Europa a cavallo tra le due guerre si è oramai costituita da tempo, le forze populiste avanzano sulle macerie altrui e non devono nemmeno sforzarsi troppo sul piano propagandistico perché basta loro scattare una fotografia del decadimento generale per tirare le reti e raccogliere tutta la disillusione e il disincanto di popoli che si considerano senza avvenire.

Sarebbe bene che ne tenesse conto anche il nostro esuberante Presidente del Consiglio, il quale non perde invece occasione per attaccare i corpi intermedi e la società civile, non rendendosi evidentemente conto che è solo grazie a loro se in Italia non abbiamo ancora una forza populista che propone il ritorno al fez e all’orbace fra gli applausi scroscianti della folla.

 

 

 

 

 

 

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