Alitalia Etihad. Quali garanzie offre l’Italia?

 

ROMA – Oggi ancora una volta alcuni giornali parlano di un presunto piano industriale che vedrebbe il lancio della ex compagnia di bandiera, qualora l’accordo con Etihad andasse in porto. Nuove rotte, nuove destinazioni e un pesante taglio del personale. Qualcuno azzarda addirittura la cifra di 2.700 dipendenti. Resta il fatto che l’agognato piano industriale non è di pubblico dominio ed è palese l’approssimazione delle potenziali “talpe”  che cercano di carpire utili informazioni per arrivare primi sulla notizia. 

Ieri il ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi ha addirittura lanciato una sorta di ultimatum per arrivare ad una conclusione della trattativa che sembra non conoscere la parola “fine”. Ma il nocciolo della questione rimane sempre lo stesso, ovvero per quale motivo Etihad dovrebbe investire nel Bel Paese se non esistono delle garanzie a livello governativo? Parliamo di 500 milioni di euro da investire in un Paese che, proprio in tema di trasporto aereo, non ha mai avuto le idee molto chiare, ha fatto investimenti sbagliati e non ha mai avuto una proiezione sulle strategie efficaci da perseguire.

Insomma, diciamola tutta, se esistessero delle regole certe e definite, fatte rispettare e soprattutto ci fosse un piano nazionale realistico sotto il profilo normativo ed economico, le cose potrebbero andare diversamente, perché tutto sarebbe chiaro fin dall’inizio.   Anche l’idea ipotizzata di una good e una bad company sembra rivelarsi  inattuabile, anche perché da un punto di vista normativo e procedurale non sarebbe così semplice. Costituire, infatti,  un veicolo societario – come avvenne nel 2008 – in cui far confluire gli asset,  suddividendoli poi in due tronconi, ovvero una parte “buona”  e una  “cattiva” non sembra essere ipotizzabile. 

LAlitalia c’è, i sindacati pure, ora mancano le garanzie che chiede la compagnia emiratina. E il governo quali garanzie offre?

 

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