Alitalia. Il costo dell’incertezza

 

ROMA – Maurizio Lupi, lancia l’ultimatum “O si trova un accordo sugli esuberi o per Alitalia ci sarà “il baratro”  Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, l’ha dichiarato riferendosi all’opposizione dei sindacati agli oltre 2000 esuberi generati dalla futura alleanza tra Alitalia e Etihad. Un annuncio pesante che fa tremare soprattutto i lavoratori.

Nelle riunioni tecniche tra azienda e organizzazioni sindacali è stata effettuata una prima  disanima degli esuberi divisi per categorie e settori le 2.251 persone ritenute in esubero strutturale, suddivise in 149 piloti, 420 Assistenti di Volo e 1682 dipendenti di terra, interessano tutte le qualifiche dei naviganti mentre gli altri attraversano tutti i settori, operativi e non. Tuttavia non si è ancora entrati in tutti i dettagli e soprattutto Alitalia ha respinto la possibilità di gestire il personale con strumenti difensivi come la solidarietà o la cassa integrazione a rotazione già attivi e che permetterebbero di tenere tutti i lavoratori dentro il perimetro aziendale.  Al contrario sono state confermate le modalità richieste da Etihad che prevedono il licenziamento di questi dipendenti a la conseguente collocazione in mobilità, in quanto questo personale è ritenuto non  ricompreso nel piano previsto fino a tutto il 2018.

Il dato chiaro è che questi esuberi sono strutturali e cioè generati dalla messa a terra di quindici aeroplani di medio raggio, l’espansione di cui si parla sarebbe rappresentata dal rientro di sette aeroplani di lungo raggio, il primo a partire dal 2015.  Questo piano, oltre a creare esuberi di personale, diminuisce nell’immediato la disponibilità di passeggeri trasportati che rischiano di essere fagocitati dalle già presenti low cost con cui Alitalia è in concorrenza. 

Nell’ultimo anno (secondo i dati Enac) l’ex compagnia di bandiera ha perso 1,4 milione di passeggeri a quota 23,9 milioni riducendo il vantaggio su Ryanair a poco più di un incollatura (23 milioni). Senza un’inversione del trend alle fine del 2014 ci potrebbe essere lo storico sorpasso. In crescita anche Easyjet che ha trasportato 12,4 milioni di persone (11,5 milioni l’anno prima): in sostanza degli 1,4 milioni di passeggeri persi da Alitalia, 1,2 milioni se li sono divisi Ryanair e Easyjet. 

La situazione sta assumendo i contorni di un film già vissuto con gli ultimatum quotidiani che pesano soprattutto sulla vita dei dipendenti, già provati dalla gravosa ristrutturazione del 2008 che ha visto il licenziamento di diecimila lavoratori. 

Sono proprio i numeri degli esuberi, che sommati a quelli del 2008 e al resto del settore in piena crisi occupazionale a rappresentare un’emergenza sociale che in quello che è considerato il polo industriale più importante del centro sud rischia davvero di trascinare nel baratro l’intero settore. In questo dramma personale e collettivo ancora una volta si stanno colpevolizzando i lavoratori, accusati di guadagnare troppo, come se avere un lavoro sia una colpa o a cinquant’anni ci si possa permettere di restare disoccupati, soprattutto in un paese in cui la disoccupazione ha toccato livelli di guardia e i lavoratori sono messi costantemente uno contro l’altro.

La storia del 2008 dovrebbe aver insegnato che la crisi del trasporto aereo è di sistema, l’aver permesso a compagnie low cost come Ryan Air di dettare le condizioni dentro i principali aeroporti italiani, declassandoli ed indebolendone la tenuta stessa, appare come una politica suicida, in nome del libero mercato.  La storia del 2008 dovrebbe anche aver insegnato che la ricetta del “miglior materiale umano a minor costo” non ha rilanciato la compagnia dei capitani coraggiosi, al contrario, l’Alitalia snellita dai debiti e dai dipendenti, negli ultimi cinque anni, ha perso più di quanto perdesse la vecchia compagnia di bandiera con il doppio dei dipendenti.  

In un mercato che prevede il raddoppio di passeggeri in 10 anni è un ossimoro parlare di licenziamenti, ma senza l’intervento del governo ed un riordino complessivo del settore che garantisca regole e occupazione il pericolo evidente è il collasso dell’intero comparto. Nel trasporto aereo, il 6° mercato mondiale, c’è posto per tutti, basta volerlo e utilizzare gli strumenti disponibili per recuperare una disoccupazione traumatica. Crediamo che al governo spetti questo compito. Il paese non può certo permettersi altri disoccupati cronici, basti pensare che il fallimento della più grande compagnia aerea tricolore è costato ai contribuenti, tra spese dirette e indirette, circa 6,5 miliardi. I costi complessivi degli ammortizzatori sociali dovrebbero essere investiti nelle aziende come accade in alcuni paesi europei ad esempio in Francia dove addirittura si prevedono multe alle aziende che non rispettano i piani per l’occupazione (caso Alstom- General Elettric).

Quella della Compagnia di bandiera è una storia, fatta di bad company e good company  di  salvataggi di banche e distruzioni di migliaia di posti di lavoro.  La storia di una gloriosa azienda, che erano e sono le persone che ne portano l’immagine nel mondo. 

Oggi bisogna avere il coraggio di ripartire da quella storia facendo esattamente l’opposto di sei anni fa.

 

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