PD, Partito della nazione o Partito neosocialista?

ROMA – La piazza del 25 ottobre, tra le tante cose ,ha reso visibile anche all’ultimo militante una questione di primaria grandezza: la Cgil è senza  un interlocutore politico.

 Interrogarsi  su tale questione diventa oggi dirimente ,non solo per una ragione storica– Sindacato Confederale e Sinistra politica ,nella storia italiana hanno sempre convissuto come gemelli siamesi , seppure in reciproca dialettica,(solo in Italia infatti esiste la forma/sindacato confederale) ma  per una ragione soprattutto politica :nelle situazioni tranquille vale la “guerra di posizione” ,ma nelle Crisi ,per dirla con Gramsci, si passa dalla “guerra di posizione ”,alla “guerra di movimento ”,e quindi  la questione Partito acquista  una importanza determinante.

  il  Sindacato ,ancorchè  Confederale non basta mai, ma specialmente nelle crisi.

A proposito di Partito,-tralasciando per un momento le ragioni per cui la CGIL si trova senza un interlocutore politico – l’analisi va concentrata particolarmente sul Partito Democratico, l’unica entità politica peraltro che ancora si autodefinisce Partito.

 Un illustre osservatore  definisce il Partito Democratico  un Partito di Centro ,che guarda a Destra, ma con una forte componente di Sinistra .

 Un Partito che ha aderito al Partito socialista europeo e insieme un partito ,il cui segretario rappresenta la speranza ,l’oggetto del desiderio, neanche nascosto ,della Destra e del Padronato.

Un Partito ,la cui contraddittorietà-comunque la si voglia definire- balza agli occhi(un partito che si richiama a valori socialisti non avrebbe mai  proposto di cancellare l’articolo 18) ,e su cui è necessario aprire il discorso, proprio partendo dal fatto che il PD è l’unica entità politica, nel campo del centrosinistra, a definirsi Partito.

  il discorso non può che iniziare da un punto di  interesse primario: l’adesione del PD al partito socialista  europeo ,approdo certamente non alla terra promessa , ma primo embrione di un possibile partito socialista continentale ,dimensione sempre più  indispensabile per qualsiasi discorso politico alla altezza del tempo della globalizzazione.

Una  analisi sull’attuale stato del Partito democratico dunque non può che partire da una valutazione del cosiddetto “renzismo”.

Sinteticamente, Il renzismo, senza dubbio, rappresenta il compimento-superamento ,per dirla con Hegel, del partito lanciato al Lingotto, ma anche la sua rivelazione. 

Rivelazione non solo di quel tanto di renzismo  più o meno  comune a tutti i fondatori del PD, ma anche del  vero tallone d’Achille del Partito del Lingotto: un Partito “leggero”, dalla identità sfumata, ,un vascello adatto a navigare in acque tranquille, tarato soprattutto su tematiche  politiche “sovrastrutturali “(assetti istituzionali ,diritti civili, etica e costi  della politica ecc-il volume  la Casta ha venduto quasi un milione di copie-),mentre nell’Occidente esplodeva la  Grande Krisi, cioè la più grande crisi strutturale e sistemica della storia del Capitalismo ,un vero e proprio movimento tellurico destinato a riconfigurare in profondità lo spazio geopolitico del mondo-

 Un Modello di Partito quindi che già al Lingotto inciampa subito su un macroscopico  errore di previsione ,l’irruzione della crisi ,  e che e’ quindi facilmente portato a rimuovere l’analisi sulle  cause strutturali della crisi stessa, i suoi caratteri, la sua dinamica e la sua portata di lungo periodo .Condannato  ad un mantra :cioè ” invocare ” ma inutilmente il ritornello della  la crescita  ,inutilmente proprio  perché non si sono afferrate  le ragioni strutturali della crisi.

 Da qui deriva probabilmente ancora oggi l’andamento quasi schizofrenico del confronto politico anche  al suo interno , che al massimo “accenna” alla questione della crisi  ,ma è incapace di rimodellare in un unico discorso   la questione della Crisi e la questione  del Partito ,cioè dello strumento più adatto, per definizione principe, con cui si affronta il mare tempestoso della crisi.

 l’incapacità di  tenere insieme, le ragioni della Struttura e le ragioni della Sovrastruttura, produce un effetto micidiale in cui la risultante, cioè la scelta  politica ,viene ridotta a pura tattica ,o se non  peggio, a gioco di posizionamenti .

 Senza una piena comprensione delle ragioni strutturali della crisi, è impossibile infatti delineare  una via di superamento della crisi stessa. 

Un Modello di Partito, che nella sua carta fondativa , lo Statuto, pone al primo posto-caso unico nella storia delle organizzazioni politiche  , la figura dell’elettore ,e ,al secondo posto, la figura dell’iscritto, dichiarando cosi, persino in termini di principio, la sua natura di semplice aggregazione elettorale, con l’assunzione delle primarie a regola aurea .

Configurando cosi ’un edificio la cui pietra angolare  è l’elettore , e non l’iscritto e tanto meno il militante.

 Un modello di partito che salta cosi la domanda più semplice ma fondamentale: perché  ’una persona dovrebbe iscriversi ad un Partito se i suoi diritti-poteri sono uguali a quelli di chi non è iscritto?

L’adesione al Partito socialista europeo rappresenta  sicuramente l’atto politico più importante e più ricco di implicazioni di M.Renzi.

 Tagliando, finalmente, il nodo di Gordio  della piena  appartenenza  alla  familia  socialista , Renzi  ha portato a compimento, almeno apparentemente, con tale atto, la prima questione per una forza politica, cioè la questione della sua identità.

Il risultato  straordinario delle elezioni europee ,senza dimenticare che in termini di voti assoluti  Il PD di Renzi  stà molto al di sotto del  Pd di Veltroni ,   colloca il  Pd oggi-basta guardare le foto di familia-  tra le principali forze del Partito socialista europeo.

L’adesione al Partito Socialista Europeo, però, se non si vuole ridurre l’atto, ad una pura furbizia sul terreno del posizionamento politico ,più che evocare la formula Partito della Nazione, che evoca a sua volta facilmente l’altra formula del Partito Pigliatutto ,una specie di Partito-Stato  di O.Kirchheimer  ,oppure la formula del Partito Riformista o del Partito del cambiamento ,che non significano  sostanzialmente  nulla,(il mondo cambia già per conto suo)dovrebbe portare a concentrare  la riflessione  sulla questione PD come Partito Neosocialista. Così lo nomina, tra l’altro ,in un recente intervento su Repubblica  S.Gabriel, segretario generale della SPD.  

Le implicazioni  allora da trarre  dalla  adesione al PSE ,assunta come scelta fondamentale, andrebbero  messe a fuoco con organicità, diventare il centro della riflessione e del confronto interno al PD e all’intera Sinistra  ,dentro un contesto, come l’attuale, di grande problematicità e prevedibilmente di lunga durata. 

 Due si rivelerebbero le questioni di fondo , – quale programma e quale forma partito ,su cui concentrare la riflessione e la azione politica. Ciò dovrebbe valere particolarmente per la minoranza interna, ma non solo.

 Diversamente ,la stessa azione della minoranza/e viene facilmente  esposta alla accusa, di semplice azione di disturbo della marcia renziana, e quindi confinata alla insignificanza.

Il contesto  è infatti segnato da una parte dalla esplosione della grande Crisi, e dall’altro dalle contraddizioni,- da più parti ritenute persino insormontabili, specie dopo l’allargamento all’Est- interne al processo  stesso di integrazione europea.

Cosa  significa oggi un Partito neosocialista e non genericamente di sinistra?

Dalla adesione al Partito socialista europeo ne discendono-si diceva-  due questioni da mettere al centro della riflessione e della  azione politica : il Programma ,e la Forma-Partito.

Il Programma, che non può che essere fondato principalmente sul tema lavoro-lavoratori e non  ridursi semplicemente  a  povertà-poveri come ci ricorda la splendida antologia dedicata alla storia della Prima Internazionale, edita recentemente da Donzelli.

La Forma-Partito ,che non può che fondarsi prioritariamente sul potere e responsabilità  dell’Iscritto. Se l’iscritto viene  declassato a puro elettore, scompare il militante .Ma Senza il militante , l’organizzazione si dissolve. E nella palude della dissoluzione della  Organizzazione, diceva una antica maestra come Rosa  Luxembourg , prosperano solo le rane. Ma  con le rane non si affrontano le situazioni innescate dalla grande crisi ,ma si precipita nel sottomondo .Roma docet

Solo un  Partito  neosocialista  può affrontare il discorso della  Grande Crisi, perche ’,è bene ricordarlo viviamo nel tempo della economia politica del capitalismo finanziario e non nel tempo dell’economia politica dei focolarini  di Chiara Lubisch. 

E  la grande crisi prodotta dal capitalismo finanziario riporta in vita, riattualizza ,seppure in forma inedita, il grande pensiero della sinistra socialista: Lavoratori di tutto il mondo unitevi ,e non solo poveri di tutto il mondo unitevi.

Un contributo di grande sostanza a tale riflessione può essere quello che proviene dal  cosidetto  Streeck-Habermas  Debatte, come  viene chiamato in analogia allo storico Bernstein Debatte che vide gli interventi dei massimi dirigenti del Movimento socialista del Tempo-su cosa può significare il socialismo oggi.

Il confronto che ha impegnato  due  figure preminenti della cultura politica  tedesca ,J.Habermas  e Wolfang Streeck,  può essere sommamente utile  ,anche in Italia , anche a Sinistra, per uscire da una lunga fase, dominata dal pensiero debole, il pensiero dei post (postcapitalismo,  postsocialismo,  post di tutti gli ismi immaginabili ecc.),prefisso-escamotage  di  tanti” pensatori” che per il loro incerto procedere hanno sempre bisogno di un bastone di sostegno.

Nella prospettiva immediata ,la collocazione nella familia socialista    configura per il Pd una vero vantaggio strategico ,se colto fino in fondo : la rivendicazione del superamento delle politiche di austerità-vero snodo delle politiche europee- può essere sollevata  non tanto e soltanto  in nome dei semplici  interessi  nazionali-( l’Italia contro la Germania)- o dei paesi più deboli contro i paesi più forti(i mediterranei contro i nordici)ma  poggiare su una impostazione ,pur in gradi diversi, condivisa in primo luogo da tutta la familia socialista europea .

Il vantaggio strategico ,in secondo luogo, non è di poco conto. Il vantaggio  può diventare egemonia: se gestito con sapienza ,consente non solo di evitare il classico melò italiano della “voce grossa ”,dei “pugni sul tavolo”, della immancabile filippica contro i “ burocrati di  Bruxelles”, ma di sviluppare -all’interno del richiamato contesto-una offensiva politica pensata e organizzata sull’asse destra-sinistra, su un asse cioè che punta a tenere insieme la affermazione di  una linea di neokeynesismo europeo ed un progressivo passaggio dalla democrazia nazionale alla democrazia europea.

In una prospettiva di lunga durata ,  l’integrazione politica europea rappresenta l’unica prospettiva per riequilibrare il rapporto impazzito tra politica e mercato ,tra democrazia politica e capitalismo(Habermas al seminario della SPD a Posdam),cioè tra i bisogni delle Persone e le attese di profitto del Capitale .

Una impresa politica di tali dimensioni però può essere affrontata solo se si mette  al centro la riformulazione-riconfigurazione di altri due temi che qui mi limito solo a nominare :la questione della Eguaglianza oggi, della Eguaglianza come valore fondante ,e la questione della Forma-Partito ,di una forza socialista alla scala del Continente.  

T.Piketty nel suo grande affresco sul capitalismo contemporaneo parla di un ritorno della diseguaglianza  al livello di quello della Francia pre-1789,prima cioè della rivoluzione francese.

Viene da chiedersi: a cosa serve un  partito neosocialista se non a contrastare l’approfondirsi della diseguaglianza, idea-forza della rivoluzione conservatrice? Come allora riformulare l’idea-forza della eguaglianza,  visto  che l’eguaglianza delle opportunità, concezione  dominante a sinistra in tutti questi anni-vi ricordate i meriti e i bisogni di Martelli a Rimini?- non è riuscita a contrastare-contenere l’offensiva antiegualitaria ,come dice giustamente P.Rosanvallon, della destra  della rivoluzione conservatrice? 

La questione della forma-partito non può non porsi che come  grande questione democratica ,specie alla luce della esperienza concreta e nefasta della esplosione delle più varie forme di partiti personali. 

Partiti ridotti a Compagnie di Ventura

Viene da chiedersi :  tra tante riforme istituzionali , visto che la pietra angolare dell’intero edificio istituzionale è costituito dal Partito politico, a quando una legge(come sosteneva Don Sturzo fin dal 1959)  che regoli il  democratico funzionamento del Partito politico stesso ?

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