Legge di stabilità. Sanità pubblica condannata all’asfissia progressiva

ROMA – Dopo i giochi di parole e i balletti di cifre, la legge di stabilità ha fissato in 111 miliardi il finanziamento della sanità per il 2016. Il punto di partenza è diventato anche il punto di arrivo.

Cosi il Governo smentisce se stesso, le Regioni ed il Parlamento al quale lo scorso anno ha chiesto la fiducia nell’approvare la legge di stabilità che recepiva il Patto della Salute stabilendo ben altre cifre. Sul tappeto rimangono solo la riduzione di 2,3 miliardi del Fondo Sanitario Nazionale  a partire dal 2015, decisa dal decreto enti locali ed il taglio di 20 milioni di prestazioni ambulatoriali per i cittadini con l’immancabile corollario di sanzioni per i Medici in nome dell’appropriatezza clinica. Che il Ministro della Salute scopre anche nelle medicine alternative che, come ognun sa, sono quanto di più appropriato esista in sanità, alimentando la crescita della spesa privata.

Il Governo con un colpo solo spiazza il Presidente Chiamparino, che annunciava a luglio l’intransigenza delle regioni “sull’impegno di portare il FSN a 113 miliardi” ed il Ministro Lorenzin che, a settembre, annunciava che “nel 2016 abbiamo 3 miliardi in più per il fondo sanitario”, ed oggi impegna quel poco che ha avuto scordando precari e contratti come se i LEA, vecchi o nuovi, si garantissero senza personale.Il guaio è che così si condanna la sanità pubblica ad una asfissia progressiva che sottrae spazio ai diritti dei cittadini e a quelli di chi, con il proprio lavoro, tiene in piedi il sistema sanitario. Finita la liturgia di patti che simulano la certezza e la crescita del finanziamento, l’Italia rimane il paese dell’OCSE con la più bassa spesa sanitaria procapite, infranta anche la soglia, non solo psicologica, del 7% del PIL che costituisce la linea di faglia tra i sistemi sanitari dell’Europa occidentale e quelli dell’Europa orientale.

Se la legge di stabilità 2016 è quella della fiducia nell’Italia, evidentemente ne è esclusa la salute dei cittadini. Ed anche il pubblico impiego cui, dopo 6 anni di blocco contrattuale che ha inchiodato le retribuzioni al 2010, e la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, finalmente vanno i famosi 80 euro, ma lordi e su base annuale. Medici, dirigenti sanitari e veterinari dipendenti da fattore produttivo diventano fattore improduttivo, degno al massimo di una paghetta. Uno schiaffo anche alla Corte Costituzionale la cui sentenza viene rispettata solo nella forma.

La sanità è un vero conto corrente in cui il Governo versa risorse virtuali, tanto per indulgere all’autocelebrazione e vedere l’effetto che fa, pronto a ritirarle per fare altro. In queste condizioni la morte del Servizio Sanitario Pubblico e Nazionale è annunciata e non per effetto collaterale. Bisognerà vedere cosa ne pensano i cittadini ed i Medici, che da oggi avranno motivi in più per continuare la loro mobilitazione e le preannunciate iniziative sindacali.

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