E cosa c'è di più americano, di più in linea con l'idea della Nazione dei sogni, del Paese in cui tutto è possibile, della riscossa garantita a tutti, della speranza che pervade ogni esperienza della vita e del bene che, alla fine, trionfa sempre sul male dell'epopea disneyana? Cosa c'è di più americano di questa grande favola che è stata una delle ragioni dell'ascesa e del consolidamento del mito a stelle e strisce ma, al tempo stesso, anche del suo declino nei primi tre lustri del nuovo secolo, quando la bolla nella quale il Paese si era crogiolato per decenni è esplosa all'improvviso, in seguito alla mattanza dell'11 settembre?
Walt Disney: un costruttore e un realizzatore di sogni, dai suoi personaggi alla sua idea di dar vita a un parco divertimenti, come se avvertisse costantemente il bisogno di regalare bellezza, di costruire una realtà parallela strettamente intrecciata con quella effettiva, come se volesse proiettare l'America verso un futuro diverso e migliore o, semplicemente, più spensierato, più felice, in grado di lasciarsi alle spalle ogni amarezza.
Nascono così i personaggi di Topolino, Minnie, Paperino, le animazioni di "Fantasia" e degli altri film di successo di questo ineguagliabile inventore di speranze, capace con "Topolino", sbarcato in Italia nell'immediato dopoguerra, di regalare un sorriso e qualche attimo di gioia a bambini che all'epoca avevano poco altro per immaginare il domani.
Walt Disney è stato l'emblema dell'America di prima della guerra e, ancor più, dei due decenni successivi al conflitto mondiale: prima opponendosi, di fatto, al torpore, al grigiore e all'arretratezza di una Nazione stretta fra il proibizionismo dei ruggenti anni Venti e la devastante crisi dei primi anni Trenta e poi contribuendo a creare il modello della Nazione egemone, al punto che le sue creazioni vennero utilizzate in più occasioni per esportare, nel bene e nel male, il paradigma dell'"American way of life".
Al pari di Frank Capra, al quale non a caso molti studiosi dei fenomeni di costume lo accomunano, Disney è stato il cantore dei buoni sentimenti, delle sensazioni positive, delle emozioni e delle buone azioni, destinate a prevalere e a rendere migliore la società mel suo insieme.
Ci ha lasciato a soli sessantacinque anni, il 15 dicembre del '66, quando ormai lo stile di vita americano era entrato nell'immaginario collettivo dell'intero Occidente e nessuno osava più metterlo in discussione.
Per questo, ribadisco che senza una personalità come quella di Disney l'America come la conosciamo oggi non esisterebbe: da un lato, specie per loro, sarebbe stato un bene, in quanto non si sarebbero mai illusi di essere più grandi di quanto realmente siano e di poter regnare incontrastati, imponendo a tutti le proprie scelte senza mai scendere a patti con nessuno; dall'altro, sarebbe stata una tragedia perché saremmo senz'altro più poveri, meno innamorati di un'idea ingenua e romantica del nostro destino che è anche la molla ottimistica che ci consente di farci forza e andare avanti nei momenti difficili.